La rivoluzione nell’Arizona

Raja Bell: una faccia nuova, dopo tante partenze…

E' una serata di inizio Giugno, calda, molto calda in Arizona. Siamo a Phoenix, più precisamente all'interno dell'America West Arena, la casa dei Phoenix Suns, che sono la squadra più rappresentativa di tutto lo stato.

Ti guardi intorno e vedi gente in lacrime, disperata, emozionata, incredula, poi ti giri, guardi il tabellone luminoso e vedi che la squadra di casa ha perso: capisci il motivo di cotanta tristezza.

Ha vinto la squadra ospite, che si dovrebbe chiamare San Antonio Spurs. Fai un giro per le tribune, ormai semi-deserte, e chiedi se per caso quella era una partita importante, finchè qualcuno ti risponde che quella era gara-5 delle finali di Conference della NBA, e i Suns erano appena stati eliminati.

Ora, due mesi dopo, siamo sicuri che i tifosi di Phoenix, analizzando a freddo la stagione e smaltita la delusione post-sconfitta, promuoverebbero a pieni voti quest'annata appena trascorsa: un'annata straordinaria, soprattutto se si considera quella ancora prima, costellata di successi, con una regular season degna dei Bulls di PJ (62-20 il record), con il titolo della Pacific Division vinto e quello dell'intero Ovest sfiorato.

Sicuramente una stagione inattesa a questi livelli, ma altrettanto sicuramente entusiasmante, spumeggiante e mai noiosa. Un attacco favoloso, il migliore della Lega, che da solo è riuscito a mascherare le carenze della difesa, quasi ultima della Lega, e a riempire l'Arena di Phoenix, tradizionalmente vuota.

Una vera e propria rinascita sportiva, dunque, che ha alle sue basi lo straordinario lavoro di coach Mike D'Antoni e la sublime maestria con cui Steve Nash dirige la squadra, tanto da sembrare più un direttore d'orchestra che un playmaker.

Una rinascita che potrebbe trovare il suo apice nella conquista del titolo, il che non è fantascienza, e rendere così il giusto tributo a D'Antoni, ancora con le dita prive di anelli; magari già  quest'anno, sempre che vengano apportati degli aggiustamenti difensivi, assolutamente necessari, senza però intaccare il rendimento del reparto offensivo.

Infatti, oggi giorno, come San Antonio e Detroit ci insegnano, è più importante avere una buona difesa che un buon attacco, cioè è meglio subire un punto in meno degli avversari che farne uno in più: perchè come Shaq ci dice:” Gli attacchi fanno vendere i biglietti, ma le difese fanno vincere le partite”.

Le novità  che si preannunciano per la prossima stagione non sono molte, ma alcune sono di notevole importanza, vedi l'ultimo caso Johnson, a cui è scaduto il contratto, diventando così un free agent, e che non ha voluto rifirmare con i Suns, preferendo l'offerta fattagli dagli Atlanta Hawks(5 anni per 70$ milioni), anche se la dirigenza della sua ormai vecchia squadra era disposta a pareggiarla.

Tuttavia, Phoenix, ha voluto almeno ricavarci qualcosa, da questa vicenda, ed è riuscita a far firmare un nuovo contratto al giocatore, per poi scambiarlo prorio con Atlanta, in cambio di Boris Diaw, due future prime scelte e sembrerebbe anche 5$ milioni. Non sono chiari i motivi per cui Johnson ha preferito una delle peggiori franchigie della NBA ad una delle migliori ed in piena corsa per il titolo.

E' comunque un duro colpo da incassare per la squadra, che perde così il suo migliore sesto uomo, il quale negli ultimi PO ha giocato molto poco a causa di una frattura allo zigomo, rimediata nella serie, poi vinta 4-2, contro Dallas, e che lo ha tenuto fuori per quasi tutta la finale di Conference con gli Spurs.

In questi giorni scade anche il contratto di Bo Outlaw, Walter Mc Carty e Paul Shirley, ma non è chiaro se la società  voglia o meno rifirmarli.

L'altra grande novità  è l'importante partenza di Quentin Richardson, andato a rinforzare il roster di New York, in cambio di Kurt Thomas, per cui i Knicks hanno preteso anche i diritti dell'appena draftato Nate Robinson, ma più avanti esamineremo attentamente i pro e i contro di questa trade.

Nell'ultimo periodo c'è stato anche il cambio della guardia al vertice della società , dove la famiglia Colangelo ha ufficialmente lasciato la proprietà  a Robert Sarver, ma c'è motivo per pensare che, tuttavia, i precedenti proprietari abbiano ancora peso sulle decisioni, e per questo non ci saranno cambiamenti effettivi.

Il roster rimane, comunque, di altissimo livello e, cosa ancora più importante, ha un'età  media molto bassa, il che potrà  permettere allo staff tecnico di lavorare in tutta tranquillità , senza quella fastidiosa pressione dovuta all'occorrenza di dover conseguire degli obiettivi nell'immediato, e che molte volte ha avuto effetto negativo.

Un piccolo problema, anzi neanche tanto piccolo, è rappresenato dalla mancanza di un play di ricambio degno di Steve Nash, il vero cuore della squadra. E' incredibiile la differenza statistica tra quando c'è lui in campo e quando invece è fuori: le medie realizzative dei compagni crollano, comprese quelle di Amare Stoudamire, straordinario ventiduenne dalle potenzialità  che sconfinano nell'immaginabile, per non parlare degli assist e della fluidità  di gioco, che non è assolutamante la stessa.

E' naturale quindi, che quando il play canadese non è disponibile, la squadra al 90% va incontro ad un K.O., ma occorre capirne bene i motivi.

Probabilmente, Nash, da ai compagni una sicurezza non indifferente, che Eisley non è in grado di fornire a sua volta, oltre che naturalmente al divario tecnico; ma per il bene di loro stessi, i Suns, devono trovare una buona soluzione al problema, ammesso che ce ne sia una, poichè non è ammissibile che una squadra del calibro e delle ambizioni di Phoenix, possa dipendere solo da un giocatore (basti pensare che quando Nash a Gennaio è dovuto star fuori per un infortunio la squadra ha perso 7 partite di fila!).

Cosa potrebbe succedere se il playmaker si dovesse infortunare alle porte dei PO? Questo è senz'altro il problema più urgente da risolvere in casa Suns, se davvero si vuole arrivare a qualcosa di importante, ma siamo certi che la società  sappia sopperire anche a questa peroblematica.

Dicevamo, prima, della trade tra Phoenix e New York, che ha portato “Q” ai Knicks insieme a Nate Robinson in cambio di Thomas; una trade difficile da decifrare in prospettiva futura, dal momento che i Suns come i Sonics, hanno gran parte del loro potenziale riposto nel tiro da tre punti, e la scorsa stagione avevano trovato in Richardson uno dei massimi esponenti, ma evidentemente la dirigenza si è trovata di fronte a delle scelte, e le ha effettuate come meglio credeva.

A mio avviso la franchigia ha deciso di prendere uno come Thomas per dar più peso alla fase difensiva, visto che la sua specialità  è proprio difendere e catturare rimbalzi, sacrificando in piccola parte la sua forza dal perimetro .

E' una scelta alquanto rischiosa, ma allo stesso tempo giusta, poichè come si è visto negli ultimi PO la squadra soffre terribilmente le avversarie abili a difendersi e che hanno l'obiettivo di mantenere il punteggio basso, vedi Pistons e Spurs, non potendo applicare il tipo di gioco predicato dal proprio coach, basato sulla velocità  e sui punteggi altissimi.

Quindi, alla fine, è da considerarsi una scelta azzeccata, almeno sulla carta.

Altro uomo in partenza dovrebbe essere Jake Voskhul, diretto a Charlotte, anche se a dir la verità  questa era una cessione dettata dal bisogno di creare spazio nel salary cap per la rifirma di Johnson, ma visti gli ultimi sviluppi è probabile che non ce ne sia più necessita; ciò non toglie che il centro potrebbe in ogni caso cambiare maglia, e non per forza andare in North Carolina.

Per quanto concerne il capitolo ultimo draft, bè qui c'è ben poco da dire: avenano selezionato Robinson e Gortat, ma entrambi sono stati girati, il primo a N.Y. ed il secondo ad Orlando, mentre in Arizona è arrivato Thompson, proprio tramite i Knicks.

I Phoenix Suns, come dimostrato nella passata stagione, sono una perfetta fusione tra esperienza e giovinezza, la prima impersonificata da D'Antoni e la seconda naturalmente dai giocatori(eccetto Nash, sopra i trenta), che sono vogliosi di mettersi in mostra e di far bene.

Mike è uno dei migliori coach in circolazione, forte di un bagaglio tecnico, quasi esclusivamente made in Italy, sia da giocatore e sia da allenatore; infatti ha passato i migliori anni della sua vita nel nostro paese, togliendo si anche diverse soddisfazioni sull'asse Milano-Treviso, come per esempio lo scudetto con la Benetton nel 2002, quando poteva allenare gente come Nikoloz Tskitishivili e Bostjan Nachbar.

In NBA, invece, prima dell'esperienza a Phoenix è stato head coach a Denver nella stagione 1998/99, conclusa con un record di 14-36, e scout per i San Antonio Spurs sempre nel 1999, ma sicuramente non provando le gioie che invece ha vissuto in Italia.

Potrebbe essere il giusto timoniere per il veliero Suns, adatto a riportare la franchigia sul tetto del mondo, ma prima deve riuscire ad affondare la corazzata Spurs, obiettivo che quest'anno ha miseramente fallito (2-7 è il record dei Suns questa stagione contro San Antonio), ma a cui l'anno prossimo porteranno ancora un'altro attacco, ancora più deciso. I Soli sono tornati a splendere in Arizona.

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