se ne va anche bobby, uno dei reduci del 2002.
Se n'è andato anche Bobby Jackson. La cosa non fa nemmeno tanto notizia: oramai solo Mike Bibby e Peja Stojakovich "sopravvivono" alla stagione 2002 e la demolizione di quel gruppo è ormai in stato avanzato.
Dicevamo di Bobby Jackson, l'uomo passato alla storia per la previsione poco felice, "hanno paura perché sanno di non poterci fermare" formulata alla fine di una delle tante gare decise da una tripla di Horry: doveva rimanere, la società , leggasi Geoff Petrie, aveva sbandierato l'intenzione di trattenerlo. Invece è diventato merce di scambio per Bonzi Wells, assieme a Greg Ostertag.
La decisione ci sta: un giocatore di 32 anni così pesantemente condizionato negli ultimi anni da infortuni traumatici è un fardello. Specie se ha tutta quella rilevanza in spogliatoio. La dichiarazione di uscita del giocatore, a questo proposito, è emblematica: "E' dura per me e la mia famiglia. Un professionista però dev'essere preparato a questo tipo di cose."
"La vera sfida - ha dichiarato il massimo responsabile delle cose cestistiche in casa Kings - è mantenere competitivo un club che sta cambiando."
L'operazione è la più difficile che ci sia nella Nba di oggi: ricostruire una squadra di massimo livello senza condannarsi a perdere per qualche anno. La maledizione, tanto per non far nomi, di squadre come Los Angeles, New York e Boston.
Il fatto è che i pezzi della casa sono venuti giù ad uno ad uno: Divac, Christie, Webber. Quello che si è provato a rimettere in piedi rimane piuttosto incerto: Cuttino Mobley ha scelto i soldi dei Clippers. Porta con se gli improperi dei tifosi più accaniti ma non verrà rimpianto più di tanto.
Nel suo ruolo la franchigia ha scelto Francisco Garcia, ragazzo talentuoso, offensivamente dotato, cresciuto alla scuola di Rick Pitino, poi ha deciso di far arrivare Bonzi Wells. Da qui nascono due considerazioni: l'ex Portland è all'ultimo anno di un contratto che l'anno prossimo gli porterà 8 milioni di dollari.
L'intenzione di Petrie è quella di sfruttare l'annata di un giocatore che, a 28 anni, deve "sbattersi" per ottenere l'accordo che lo traghetterà oltre la trentina. Non sappiamo però se l'accordo sarà offerto da Sacramento, oppure se la dirigenza pensa, a priori, di liberare spazio salariale.
Per questo non si può parlare di scelta a medio termine: "Conosco personalmente Bonzi - dice Petrie - e garantisco per lui." Perché ricordiamo che l'ex Memphis in Oregon era il compagno preferito di Rasheed Wallace per le sue marachelle. Il talento del giocatore non è in discussione: i suoi 10.4 punti a partita in meno di 22 minuti nell'ultima stagione ci parlano di un potenziale notevole.
Da verificare però la necessità di inserire nel sistema dei Kings un altro giocatore strettamente votato all'attacco. Anche perché questo riduce lo spazio per Maurice Evans: i]"Non metto in dubbio - ha dichiarato da San Antonio l'ex Benetton - le capacità di Petrie. Credo però d'aver dimostrato cosa posso dare." Ad esempio 13 punti in 33 minuti nell'ultima gara di playoffs contro Seattle. E tanta energia sparsa per tutta la stagione.
"A questo punto - ha ribadito Roger Montgomery, dirigente del giocatore - mi pare evidente che non ci sia un vero ruolo per Maurice in questa squadra."
Questa situazione è paradigmatica di una squadra che per la ricostruzione per ora ha fatto scelte "indecise". Sappiamo che Bibby e Miller sono pietre angolari; allo stesso modo Stojakovich ha deluso chi pensava che senza Webber sarebbe stato il protagonista assoluto. Ma cederlo è difficile. Nello spot di ala grande è stato cercato a lungo Nenè. Però ci avevano raccontato che Kenny Thomas e Brian Skinner davano grande flessibilità .
Il tutto prima di cozzare contro la front line dei Sonics; nemmeno gli Spurs. Il destino di Darius Songaila rimane sospeso anche se dice di voler rimanere e la franchigia sostiene di volerlo tenere. Tutta quest'incertezza si ripercuote su una squadra che è già nel limbo: dal giorno della cessione di Chris Webber il record dei Kings staziona sul 50%.
Medio, mediocre? Non sappiamo. Di certo pericoloso e non sufficiente, in una logica da Western Conference, per fare i playoffs. Ammesso che questo sia il vero obiettivo di un mercato fra i più piccoli della Nba, poco attraente per i giocatori, discusso a più riprese dalla stesso David Stern.
Sei anni fa Chris Webber dichiarò apertamente di non voler andare nel nord della California; fu zittito dal padre. Ma Sacramento era una delle squadre tradizionalmente deboli della Pacific Division.
Ultimo fattore, da non trascurare, quello del coach; i fans storcono il naso ogni volta che sentono parlare di Rick Adelman. L'ex Portland sa un po' di vecchio, non ha una gestualità accattivante. Ha messo però in piedi il sistema offensivo più bello degli ultimi anni.
Il suo posto in squadra è saldo, nella misura in cui è saldo il ruolo di Geoff Petrie, per via della connection che lega i due a Pete Carril. I più attenti avranno notato come, nel momento in cui la proprietà ha deciso di fare un tentativo per approdare a Phil Jackson, si è mosso Jerry Reynolds.
Non Petrie. Fra i tre c'è un legame che va oltre il basket che rende, con buona pace di Aileen Voisin, difficile un licenziamento del coach.
Più facile si cambi direzione in toto; ovviamente non quest'anno. Non sappiamo se sia la soluzione migliore; un'alternativa non c'è. Azzardiamo che Bibby apprezzerebbe un cambio. Ma il volere dei giocatori può essere secondario come insegna la vicenda Webber.
L'importante è che dal 1° agosto la società batta un colpo; i fans aspettano, la Western Conference chiama.