Un'immagine dalla nuova pubblicità Nike con Kobe Bryant
Una firma da 45 milioni di dollari. Kobe Bryant torna a far parlare di sé, rinnovando l'accordo che era stato firmato con la Nike, la più famosa azienda del mondo di articoli sportivi, qualche mese prima che lo stesso cestista americano venisse arrestato per l'accusa di stupro nel luglio del 2003.
Dopo quel giorno, tutto era stato bloccato (compresi i soldi), ma ora, il rinnovo del legame tra la casa del baffo e il giocatore dei Los Angeles Lakers, è il primo segnale che conferma come, la popolarità del ragazzo di Philadelphia, stia tornando ai livelli di una volta.
Dopo le accuse, dopo un processo neanche cominciato (e che probabilmente proseguirà in sede civile), dopo tutte le invettive rivolte da Shaquille O'Neal, Gary Payton, Karl Malone e Phil Jackson, dopo una stagione fallimentare con i Lakers, finalmente una buona notizia per il figlio di Joe “Jellybean” Bryant.
Soprattutto perché gli sponsor tornano ad interessarsi di chi, dopo il 30 giugno 2003, era stato completamente abbandonato per l'accusa di stupro ricevuta.
La pubblicità , aldilà di tutte le considerazioni, è accattivante. Difficile non ammetterlo. Su uno sfondo nero Kobe Bryant è sulla destra, il volto ben in evidenza in primo piano e di profilo. Dalla parte opposta, tutta una serie di scritte, poste in verticale, che l'occhio tende a captare velocemente: "Ha fallito", "Niente playoffs", "Egoista", "Non è un leader", "Inallenabile", "Testardo", "Prima donna", "È finito", "Non è un giocatore di squadra", "Non vincerà più un anello", etc.
Sotto ognuna di queste scritte, che altro non sono, se non le principali accuse che i "kobe-haters" (coloro che odiano Bryant) fanno al giocatore dei Lakers, ci sono le varie risposte che il 26enne americano ha per tali accuse: l'allenamento e l'impegno nel proprio lavoro. La pubblicità apparirà ufficialmente, per la prima volta, sul numero di Sport Illustrated di luglio.
La famosa azienda americana ha motivato così l'accordo con l'atleta più controverso degli ultimi anni: "La Nike concorda con la gran parte degli osservatori che Kobe è tra i migliori giocatori dell'Nba. La dedizione al lavoro e la costanza negli allenamenti, sono stati elementi decisivi per la nostra scelta e ne abbiamo fatto il marchio della nostra campagna. Bryant è un modello per chiunque voglia intraprendere questo sport", ha affermato Rodney Knox, addetto alle relazioni esterne della Nike. Una scelta però che non ha lasciato tutti soddisfatti e a cui in molti hanno storto il naso.
Una scelta coraggiosa dunque, che inevitabilmente divide l'opinione pubblica, mettendo sul piede di guerra gran parte delle associazioni che difendono i diritti delle donne: "Le multinazionali come la Nike – ha affermato Cynthia Stone dell'associazione contro gli stupri del Colorado – giocano un ruolo decisivo nel creare modelli di vita per milioni di giovani atleti: sarebbe molto meglio se i testimonial fossero, oltre che grandi atleti, anche famosi per la loro condotta etica".
Il ritorno al mondo della pubblicità per Kobe Bryant è in ogni caso un successo mediatico, oltre che personale. Soprattutto se si considera quali aziende gli avevano voltato le spalle. Le prime erano state la McDonanld's e la Nutella che, subito dopo l'accusa di stupro, avevano rescisso i loro accordi con il cestista americano. Una scelta inevitabile per tali compagnie, che del rapporto con le fasce d'età più giovani, fanno uno dei pilastri delle loro campagne commerciali.
Da quel momento era cominciato un vero calvario per Bryant: una stagione a metà fra il parquet e le aule processuali, i litigi con Shaq (Kobe lo accusò di pagare milioni di dollari le sue svariate amanti, comprando il loro silenzio), i silenzi con Phil Jackson, una finale Nba con i Pistons modello fantasma (a parte la fiammata di gara due con il tiro allo scadere che diede l'unico punto ai Lakers) e un'estate infuocata all'ombra di una "sbarra". Poi, nel settembre 2004, la fine di un incubo, con il ritiro delle accuse a suo carico.
L'immagine però era stata colpita. Un segnale chiaro veniva dalle magliette vendute: prima delle accuse, la "jersey" di Kobe era la più acquistata. Ai dati dello scorso settembre, giorno della caduta delle accuse, la divisa giallo-viola con l'8 sul petto era in decima posizione. Un crollo.
Ora, dopo una stagione fallimentare, dopo aver mancato clamorosamente i playoffs, per Kobe c'è la grande occasione: ricostruire un'immagine vincente fuori dal campo, dimostrare di essere vincente sul parquet senza Shaq e, soprattutto, dimostrare di essere un leader che migliora i compagni di squadra. Paradosso dei paradossi cercherà di farlo insieme a Phil Jackson, in una storia che assomiglia poco a quella del "figliol prodigo" e nella quale il dio denaro, ancora una volta (30 milioni di dollari per Jackson in tre anni), l'ha fatta da padrone.
Eppure, come recita nei suoi spot il famoso network americano TNT, a Los Angeles il dramma sembra essere un vero e proprio dogma.