Safe picks or what?

Channing Frye: finalmente un sette piedi in casa Knicks

Niente smookescreen, niente pretattica: le previsioni che davano per scontata la scelta di Channing Frye con il pick numero otto si sono avverate. Il General Manager Isaiah Thomas, pertanto, ha chiamato il centro di Arizona con la sua scelta più alta, lasciando ad altri gli intriganti liceali Andrew Bynum e Gerald Green.

Frye alza finalmente il quintetto dei Knicks ma, per stessa ammissione di Zeke, a livello NBA potrebbe non essere un centro vero, quindi dovrebbe oscillare anche nella posizione di ala forte. Il nuovo knickerbocker pare aver dimostrato già  tutto nei suoi quattro anni al college, ossia che non può diventare più di un discreto Tony Battie, tanto per fare un nome. Apertura alare notevole, buon stoppatore, ma negli scouting report accanto al suo nome la parola soft è troppo sovente presente.

Il suo primo datore di lavoro, Thomas naturalmente, non è però d'accordo: “Di Channing abbiamo solo grattato la superficie del suo talento: può tirare, stoppare, passare, andare a rimbalzo e difendere. Stoppa come Marcus Camby e possiede un range di tiro ed un tocco alla Rasheed Wallace. In più, sa tirare i liberi con l'80%. Può davvero diventare un giocatore speciale”. Le statistiche al college non erano entusiasmanti per uno con il suo fisico e si teme dunque che al piano superiore scendano drasticamente.

Nonostante le parole del GM, infatti, Frye non è certo quel diamante nascosto che poteva essere un Bynum, quindi sarebbe stata una scelta più adatta all'inserimento in una squadra già  pronta ad essere una contender che non in una in ricostruzione dove senza rischi non ti muovi più di tanto.

In ordine di chiamata, è poi arrivato Nate Robinson alla 21, pick inserito nello scambio Quentin Richardson-Kurt Thomas, finalizzatosi nella notte del draft dopo i problemi contrattuali palesati dai Knicks per la mancanza di una clausola sugli infortuni nel contratto di Q-Rich. Risolta la magagna, ai Suns è andata in cambio la scelta 54.

Robinson è un playmaker di circa 175 centimetri (se non qualcosa meno) ma che salta come un grillo ed è forse il più veloce play del draft. Ha un'atletismo fuori dalla norma ed una forza fisica non comune, tanto che al college giocava pure cornerback nel programma del football americano. Spesso presente negli highlights collegiali, soprattutto per alley-hoop e schiacciate che ricordano il giovane Allen Iverson. Difensivamente gioca in prevalenza sulle linee di passaggio grazie alla velocità  delle sue mani, ma ovviamente soffre se portato in post dal suo diretto avversario.

Molti però non lo considerano un regista puro (e i suoi assists in carriera, pochini, lo confermano) e questo potrebbe essere un problema non di poco conto in una squadra che ha già  parecchi uomini che pretendono la palla in mano per inventare.

Presumibilmente, comunque, dovrà  giocare al massimo una decina di minuti a gara come cambio di Stephon Marbury, a meno che non sia in preventivo la partenza di uno tra Jamal Crawford e lo stesso Marbury. “Se fosse stato più alto, Nate sarebbe finito nettamente al primo giro, forse come prima o seconda scelta assoluta. Sa schiacciare di destro e di sinistro e pure rovesciato, nonostante l'altezza. Mi ricorda Spudd Webb contro cui ho giocato parecchie volte. Per noi sarà  quello che, all'occorrenza, cambierà  la velocità  del nostro attacco. Il Garden lo amerà  da subito”. Thomas, pure qui, è andato sulla difensiva, dato che con i "se" ed i "ma" non si va lontano: parafrasando quello che si legge nei forum: "Se Sweetney fosse 2.10, sarebbe un all-star"" e via di questo passo.

Quello che pero va forse rimarcato è che gli interrogativi non sono tanto sul talento di Robinson, ma sul suo effettivo utilizzo: usare una scelta da primo giro per un giocatore che giocherà  non più di una manciata di minuti a sera se dovrà  fare da cambio a Starbury? Se davvero tutte gli esterni newyokesi resteranno al loro posto, ci sarà  un sovraffollamento non di poco conto e questo pick sarebbe praticamente stato gettato al vento. Un onesto back up si può infatti trovare sul mercato senza troppe pretese, se intanto non si vuole valorizzare Robinson facendolo giocare così poco.

Con l'ultima scelta a disposizione, tra i fischi del Garden che volevano il prodotto locale Chris Taft, ecco chiamato David Lee, ala forte dalla Florida. Nei vari profili in giro per la rete viene descritto come un grande atleta (vincitore della gara delle schiacciate al McDonald's All American High School Basketball Game del 2001) con buoni movimenti in post, rapido di piedi, ambidestro ma prevalentemente mancino. In difesa fa acqua, ma è un grande lavoratore e proprio quest'ultimo aspetto l'ha fatto preferire a "Lazy" Taft. “E' un ottimo atleta ed ha un etica lavorativa di primo livello. Giocando nei Gators, contro i migliori, ha sviluppato un grande spirito competitivo”.

Per la prima volta in carriera pare dunque che Thomas non abbia scelto in base al talento ma che si sia affidato, se non a dei safe-picks, a scelte dettate dalle manchevolezze del roster. Ora, da qui è facile accusarlo di non aver rischiato su Bynum, Green o, a fine primo giro, su Taft o sull'altro liceale Blatche, però non abbiamo visto nulla di questi sessanta ragazzi scelti, quindi come avere la presunzione di giudicare l'operato altrui?

Certo, istintivamente la sensazione è che, come dicevamo all'inizio, scelte meno conservatrici e più azzardate sarebbero da preferirsi per un team che non ha bisogno soltanto di qualche innesto di giocatori già  pronti per fare il salto definitivo verso l'eccellenza, ma Thomas il giorno successivo al draft, incalzato dai giornalisti, ha precisato che Frye lo avrebbe scelto solo dopo Andrew Bogut, anteponendolo pure al quotatissimo Marvin Williams; come terzo lungo, poi, avrebbe preso Bynum. Perfezionata la trade con Phoenix, ha provato infatti a dirottare le sue due chiamate (la 30 e la 21) ai Lakers in cambio della 10 proprio per selezionare Bynum, ma i lacustri hanno risposto picche. E qui si aprono altre discussioni: veramente Frye è questo fenomeno o Zeke si sta cercando di salvare la faccia almeno a parole?

Ricordiamo che Frye, mentre praticamente tutte le potenziali scelte facevano work out in giro per gli Stati Uniti, se ne stava buono a casa, forte di una presunta promessa fattagli da Thomas dopo un provino segreto risalente ad almeno un paio di mesi prima della notte del draft. Anche qui, tutti si aspettavano un bluff, sospettando tra l'altro che il ragazzo avesse paura di confrontarsi con altri per non perdere quotazioni, ed invece tutto era vero, Zeke voleva lui da molto tempo: possibile che uno scopritore di talento come l'ex-Piston abbia preso una topica così pazzesca?

Il roster ora è comunque meglio bilanciato rispetto al recente passato. Certo, andrà  snellito, vista la sovrabbondanza di power forward sottodimensionate e l'incognita sul ritiro o il taglio di Allan Houston, ma il general manager si ritiene per ora soddisfatto: “Il mio obiettivo per l'estate è quello di aggiungere due sette piedi. Ora uno lo abbiamo (ovviamente Frye, ndr) e ci serve un altro stoppatore ed un po' più di pericolosità  in mezzo. Poi saremo un team decente. I nuovi quattro giocatori (compreso Richardson) sono il tipo di ragazzi con cui avrei amato giocare. Hanno un QI cestistico notevole. Siamo ancora nel processo di ricostruzione ma sento che questi giocatori ci porteranno ad un futuro scintillante”.

Di primo acchito, New York si sta trasformando in una squadra da corsa, che farà  del contropiede e del run&gun la sua filosofia e potrebbero presto essere etichettati come i Suns dell'est. Giovani e atletici come Thomas aveva promesso in tempi non sospetti. Marbury, Crawford e Robinson a spingere il contropiede; Ariza, Frye e Lee a riempire le corsie laterali in transizione; Richardson appostato fuori dall'arco a raccogliere gli eventuali scarichi. Rispetto ai dinosauri dell'era Layden, c'è effettivamente stato un salto di qualità  e questo a Zeke va almeno riconosciuto.

Sul fronte mercato Thomas ha finalmente ammesso i nomi degli obiettivi principali: nell'ordine, Kwame Brown, Stromile Swift e Dan Gadzuric. Dalla lista abbiamo escluso Zydrunas Ilgauskas che sarebbe tra i papabili ma il nuovo GM di Cleveland lo ha in pratica tolto dal mercato ed i suoi passati problemi ai piedi stavano comunque facendo desistere i Knicks.

Brown ha ufficialmente rotto con i Wizards, ma la franchigia della Capitale è pur sempre restia a perdere una prima scelta assoluta senza avere nulla in cambio. Come restricted free agent, i Maghi potranno pareggiare qualsiasi offerta che sulla sponda Knicks può essere solo l'eccezione salariale. Più probabile una sign-and-trade, magari con Michael Sweetney, tra l'altro prodotto locale in quel di Washington e che ha appena rifiutato di partecipare alle summer leagues.

Per Swift le cose sono molto più complicate, perché ha più pretendenti in fila davanti alla porta di casa ma soprattutto perché un "firma-e-scambia" con Jerry West sarà  di difficile attuazione, non avendo New York degli assets interessanti per Mr. Logo. Il giocatore è stato visto nella Grande Mela in compagnia di Zeke davanti ad una bistecca, ma il suo è una specie di tour promozionale per sondare le varie franchigie interessate.

Di Gadzuric non si sa ancora nulla perché ci si sta per il momento occupando delle prime due priorità , ma nella lista è appunto in terza posizione.

Il lavoro sul mercato sarà  duro e complicato, come sempre in casa Knicks viste le ristrettezze del salary cap. I due contrattoni in scadenza di Penny Hardaway e Tim Thomas sono lì alla finestra, pronti per essere usati, ma nessuno, neppure tra i più fantasiosi giornalisti newyorkesi, li ha tirati per ora in ballo per abbozzare scenari futuri. Segno che per ora si ci muoverà  o con l'eccezione o con assets tecnici, come successo per Richardson o nell'ipotesi-Brown. Potrebbero invece tornare utili più in là , addirittura a febbraio, quando qualche franchigia delusa dall'andazzo della nuova stagione potrebbe decidere di smobilitare cedendo pezzi da novanta.

Chiudiamo con il toto-allenatore. Sulla panchina è ancora seduto Herb Williams. La corsa su Larry Brown è ancora aperta, ma l'allenatore sta tuttora valutando se ritirarsi o continuare. Come prima opzione, però, pare esserci quella di restare sul pino dei Pistons. Quasi sfumato Brown, pertanto, in questi giorni Nate McMillan sta vagliando le sue possibilità  future ma sembra che non abbia neppure preso in considerazione i Knicks. Più probabile che resti a Seattle o che si sposti a Portland. Cosa rimane? Nulla, come al solito tanti nomi e poi alla fine non arriva nessuno.

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