Hamilton festeggia Hunter, eroe di Gara 4!
E ora siamo pari. I Pistons hanno vinto (o, per meglio dire, stravinto) anche gara 2 ed ora hanno completamente rimesso in piedi una serie che sembrava già chiusa dopo due gare. La cosa particolare è che le quattro partite, da dividere in coppie con caratteristiche simili, non sono mai state equilibrate e che la squadra di casa abbia sempre conquistato la vittoria.
I Pistons sono stati bravi a reagire e, come dice Chauncey Billups ("Abbiamo inziato a giocare come dobbiamo. Ora siamo una squadra molto diversa rispetto a quella di gara 1 e 2") a cambiare completamente registro senza farsi mettere KO dall'incredibile inzio della serie da parte degli Spurs.
I motivi di questo ribaltone sono molteplici, anche se Brown, scherzando, ha individuato la sua ricetta: "Come ci si può spiegare questo cambiamento così netto? La squadra è ben allenata"; ma, al di là delle battute, lo stesso coach di Detroit, a fine partita, aveva ben poche parole per descrivere la prestazione della sua squadra, se non l'aggettivo "phenomenal" utilizzato più e più volte, nel corso della conferenza stampa, per descrivere il livello di gioco della sua squadra.
Alla fine la serie, anche se in modo particolare (le partite finiscono sempre con un abbondante vantaggio per la squadra vincitrice), sta confermando l'equilibrio pronosticato alla vigilia anche se in realtà chi guarda la serie dall'esterno preferirebbe di sicuro vedere delle partite molto più tirate e che si decidano all'ultimo tro.
Tornando più specificatamente a gara 4, la partita è stata sicuramente molto interessante dal punto di vista tattico, essendo la definitiva dimostrazione del fatto che i Pistons possano vincere contro San Antonio.
Nell'analisi dell'ultimo match partiamo da quella che ha rappresentato la chiave fondamentale, vale a dire il contributo incredibile fornito dalla panchina (o per meglio dire da due uomini McDyess e Hunter) che in teoria dovrebbe essere il punto debole dei campioni in carica.
Dice sta giocando una finale incredibile, essendo una presenza non solo inattacco, dove le sue mani gli permettono di mettere a segno dei giri e tiri in sospensione poetici (13 punti con 6/11 dal campo in 19' di gioco), ma anche in difesa dove, grazie al contributo dei Wallace, è riuscito, nelle gare di Detroit, a limitare Duncan, impresa estremamente complessa. Antonio, a fine gara, ha comprensibilemtne raccolto i complimenti del suo allenatore: "Contro una squadra come gli Spurs hai bisogno di un giocatore come McDyess, che non rappresenta solo un'ozione offensiva uscendo dalla panchina, ma è anche un'arma difensiva grazie alla sua velocità e al suo atletismo".
L'altro, se non il principale, protagonista della serata è Lindsay Hunter (17! punti in 22' con soli tre errori sulle dieci conclusioni tentate), che, dopo essere stato fondamentale nella serie con Miami per marcare Dwayne Wade, si sta confermando in questa finale, dove la sua abilià nel pressare la palla è fondamentale per i Pistons per mettere in crisi i portatori di palla avversari che, soprattutto con Udrih, sono abbastanza inesperti e soffrono la pressione. Hunter ha una spiegazione semplice sia per la sua prova che per quella dei Pistons: "Siamo andati bene, anche perché quando difendiamo e in attacco distribuiamo i palloni, allora abbiamo serie possibilità di vincere. Coach Brown mi aveva detto che dovevo usare la mia velocità per mettere in difficoltà le guardie avversarie, ed è proprio quello che ho fatto".
La grande prova di Hunter ci porta diretti verso il tema della partita e che in generale segna un trend ben preciso all'interno della serie, vale a dire la necessità dei Pistons di alzare il livello di intensità e la velocità del gioco per battere gli avversari. A questo proposito, nelle gare di Detorit, la squadra di casa ha aumentato esponenzialmente la sua difesa che ora non concede più tiri facili agli avvesrai e si chiude benissimo in area per cercare di limitare le penetrazioni degli avversari, in particolare di Ginobili e Parker, coprendo i cosidetti boxes & elbows, vale a dire le tacche e i gomiti.
L'attacco degli Spurs ha quindi perso una delle sue dimensioni e, se consideriamo anche le due prove opache di Horry, che, con il suo tiro dalla lunga distanza potrebbe costringere la difesa a delle scelte rischiose, riusciamo a capire come sia possibile che, dopo le prime due gare scoppiettanti, la squadra di coach Pop abbia a dir poco rallentato il ritmo.
Oltretutto la perdita di sicurezza offensiva degli Spurs ha provocato degli effetti a catena, come dimostrano anche le statistiche, in particolare quelle che riguardano le palle perse (18 per San Anotnio e solo 4!! per Detroit) e i punti in contropiede, dove la squadra di casa ha segnato ben 12 punti in più degli avversari (22-10).
La grande difesa di Detroit ha permesso di limitare i giocatori più importanti di San Antonio come Duncan, che per segnare i suoi 16 punti ha avuto bisogno di ben 17 tiri, e Ginobili che, dopo le prime due gare nelle quali aveva segnato rispettivamente 26 e 27 punti, è irriconoscibile da quando si è trasfertio nel Michigan e, nella quarta partita, ha chiuso con 12 punti ma senza il solito impatto soprattutto nel momento inziale della partita, quando si è limitato a tirare da oltre l'arco.
I Pistons non possono che essere soddisfatti del loro lavoro di squadra in difesa e lo stesso Popovich, richiesto di un parere sulle prove opache del suo numero venti argentino, si è limitato ad un laconico"Manu non è infortunato. Semplicemente loro hanno fatto un gran lavoro su di lui. Non so che altro dire".
Emblematico della grande prestazione difensiva della squadra di casa è un'azione svoltasi nel terzo periodo, dove i Pistons sono riusciti a bloccare un'iniziativa di Duncan grazie alla marcatura uno contro uno di Ben Wallace, al quale è venuto in aiuto il suo omonimo Sheed; quest'ultimo ha recuperato il pallone e, in seguito, scatenato il contropiede.
Le buone notizie, per i Pistons, non sono certo finite qui e limitate all'aspetto difensivo della gara anche perché, se così fosse, sarebbe difficile spiegare come Detroit sia riuscita a segnare ben 102 punti contro gli Spurs, ricordando la statistica secondo la quale, prima di gara tre, San Antonio non aveva mai subito più di novanta punti nelle sue tredici gare di Finale mentre, nelle unltime due, ha dovuto incassarne rispettiamente 96 e 102.
La fase offeniva di Detroit ha beneficiato della sua qualità principale che testimonia l'unione del gruppo dei Pistons, vale a dire la capacità di dividersi il pallone e le conclusioni disponibili in modo relativamente equo e senza egoismi (tutto il quitetto base era già andato a segno dopo i primi dodici minuti di gioco). Il bilanciamento ottenuto dai Pistons i gara 4 è superiore a quello della gara precedente perché, nonostante il passaggio a vuoto di Hamilton, hanno finalmente dato dei segni di vita Prince e Rasheed Wallace che hanno dunqeu sostenuto i soliti Ben Wallace e Billups.
Prince ha aggiunto, ad una abilità difensiva che difficilmente viene a mancare, una ritrovata intraprendenza offensiva (13 punti con 6/14 dal campo) ed è stato portagonista dell'highlit più bello della serata, una schiacciata a due mani dopo avere battuto sulla linea di fondo Ginobili.
Per qunanto riguarda Sheed il suo impatto sulla gara ( per le statistiche sono 13 punti e 8 rimbalzi) è stato molto superiore rispetto a quanto non lascino intendere i numeri, visto che l'ex Tar Heel di North Carolina ha contribuito in maniera decisiva in difesa, aiutando i piccoli lontano dal canestro, marcando Duncan uomo contro uomo o aiutando in area.
In vista della quinta partita, che Detroit vuole vincere per poi provare a tornare all'Alamo per chiudere i conti una volta insinuato una serie di dubbi nelle menti degli avversari, sarà fondamentale per Detroit tenere il più alto possibile il livello di tensione agonistica, avere una difesa forte e con molti aiuti per forzare palle perse e correre. Detta così sembra semplice, vediamo se riusciranno a realizzarla di nuovo.
Dopo gara 4 le due squadre hanno a diposizione tre giorni di relativo riposo prima di gara cinque, che si giochera domenica notte e che sarà la prima di una mini-serie di tre partite che assegnerà il titolo. Perché, come ben riassunto da Mitch Albom, columnist del Detroit Free Press, "Mancano tre partite. Servono due vittorie. Una sola squadra sopravvive".