Big Ben è stato il trascinatore dei Pistons in gara 3
"Dee-troit Basket-ball"!. Questa è la frase più gettonata per John Mason, speaker del Palace di Auburn Hills, per caricare la folla e non solo. Sì perché anche in campo i giocatori hanno fatto di tutto per mettere in pratica il loro classico stile di gioco duro, fatto di difesa e rimbalzi.
Tutti, io compresa (per quello che vale), si aspettavano una reazione dai Pistons e la reazione c'è stata, capitanata da un Ben Wallace che ha dimostrato ancora una volta di essere l'anima della squadra, entrando in campo con una carica impressionante che ha influenzato i 22.076 del Palace e tutti i compagni. Big Ben, nel solo primo quarto, ha mollato cinque stoppate (una anche a sua maestà Tim Duncan) preso rimbalzi e, cosa più sorprendente per lui che non è certo conosciuto per il suo talento offensivo, ha anche segnato (15 punti alla fine con 7/10 dal campo) con continuità .
Il resto dei Pistons si è dunque lasciato trascinare dall'aggressività del numero tre ed ha iniziato la gara fortissimo, con una difesa super intensa che non si era neanche intravista nella due gare in Texas. I Pistons sembravano una squadra diversa da quella che aveva giocato le prime due partite della serie, molto più decisi e concreti.
Come ci si aspettava ha reagito da campione Rip Hamilton, annullato (12/36 dal campo e solo 27 punti nelle due partite) a San Antonio da Bruce Bowen e in generale dalla difesa degli avversari. Hamilton è invece riuscito a girare l'inerzia della sua serie, sfruttando al meglio i blocchi dei compagni contro i quali Bowen si è più volte schiantato. Lo stesso Larry Brown aveva molto insistito con i suoi giocatori sull' importanza di portare dei buoni blocchi: "Ne abbiamo parlato io e Joe (Dumars). Per aiutare un po' Rip dovevamo portare i blocchi in modo leggermente diverso. Ora Richard sta capendo che quando esce dai blocchi, deve tirare in ritmo. Non deve preoccuparsi di dov'è Bowen né di ottenere il fallo, deve semplicemente giocare".
Alla fine della gara Hamilton era chiaramente soddisfatto ("Sono sceso in campo per divertirmi. Ciò che volevo fare era correre e sfruttare la mia velocità e, quando ero libero, tirare") ed ha ricevuto complimenti sia dallo staff tecnico che da i compagni, come ad esempio Prince: "Ovviamente, quando Rip riesce a metter dei tiri crea delle opportunità anche per noi. Anche se Bowen è un grande difensore, bisogna continuare ad attaccarlo e ad andare verso il canestro. Noi abbiamo bisogno che Rip giochi bene in attacco per avere una chance".
Un altro che ha reagito alla grande alla deludente gara 2 è stato Chauncey Billups, che, per lunghi momenti, è riuscito finalmente a sfruttare la propria superiorità fisica sui Parker e Udrih della situazione, riuscendo a portarli in post basso o comunque a sfruttare la sua maggiore fisicità per penetrare. Alla fine aveva sullo score 20 punti (lui e Hamilton hanno combinato per 44 punti, 17 nel secondo tempo) ed ha avuto soprattutto il grande merito di essere l'unico Pistons ad avere mira da tre punti.
Il tiro da oltre l'arco (che permetterebbe di allargare ulteriormente la difesa di San Antonio, concedendo più spazio al lavoro sui blocchi di Hamilton e alle iniziative dei lunghi) sta diventando un problema per Detroit, come dimostrato dal fatto che la tripla di Billups del 44-42 era solo la seconda della serie per i Pistons, che non segnavano dalla lunga distanza dal nono minuto del primo quarto di gara 1.
Se è vero che Billups ha dato un contributo fondamentale in attacco, non bisogna scordarsi che anche il suo rivale ha avuto un grande serata offensiva. Tony Parker ha segnato 21 punti con il 50% al tiro e, per lunghi tratti, ha dato l'impressione di poter entrare nella difesa di Detroit a creare scompiglio come, quando e quanto voleva. Billups ha sofferto la velocità del francesino che è riuscito a sfruttare pienamente la sua rapidità e la sua abilità di concludere in area, dimensione alla quale ha aggiunto, almeno l'altra sera, la precisione nel tiro in sospensione.
Ma la gara dei Pistons è svoltata definitivamente grazie a due uomini molto meno reclamizzati come McDyess e Hunter. Per un'abbondante metà del match, infatti, gli Spurs pur avendo poco o nulla da Ginobili, sono rimasti sempre a contatto, con i Pistons che sembravano poter piazzare il parziale decisivo da un momento all'altro ma che venivano sempre recuperati dagli avversari. E' in questa situazione che sono entrati in gioco i due giocatori sopra citati.
McDyess, dopo tre operazioni in tre anni, ha ormai chiaramente trovato la sua dimensione all'interno di questi Pistons dove non gli viene chiesto di essere l'uomo di punta ma di dare un contributo importante dalla panchina. Antonio, dopo aver pagato lo scotto dell'emozione in gara 1, ha giocato veramente bene la seconda e soprattutto la terza partita, dove era nel quintetto che ha realizzato il parziale decisivo grazie anche alla sua presenza su due lati del campo, in attacco con i suoi bellissimi tiri dalla media e qualche conclusione di astuzia sotto canestro (6/9 dal campo per 12 punti) e sotto i tabelloni (9 rimbalzi catturati).
Probabilmente, però, l'uomo che ha cambiato la sfida è proprio quello più inatteso, vale a dire Lindsay Hunter. Mai come in questo caso le statistiche, che dicono 21 minuti con 1/6 al tiro e 1 rimbalzo, non raccontano la verità . Hunter ha infatti cambiato la gara con la sua abilità nel pressing a tutto campo sul portatore di palla avversario che ha mandato in confusione Parker e soprattutto Udrih, annullato dalla gara, permettendo ai suoi di recuperare palloni su palloni per correre in contropiede.
La chiave della gara è rappresentata dalla capacità dei Pistons di velocizzare il gioco e di non rimanere sempre a metà campo, facendo in questo modo il gioco degli Spurs. In gara 3 Detroit ha a lungo costretto gli avversari ad inseguirli per il campo ed a questo punto anche degli errori banali assumono un'importanza diversa e possono essere più facilmente metabolizzati. Anche nel quarto capitolo della serie la squadra del Michigan dovrà cercare di andare in contropiede (20-6 i punti in transizione in gara 3) per non fare schierare la difesa avversaria e trovare punti facili. Tra l'altro in gara 3 i Pistons hanno realizzato una sorta d'impresa nel senso che, nelle tredici partite di Finale giocate dagli Spurs, la squadra di coach Popovich non aveva mai subito novanta punti come invece è accaduto l'altra notte al Palace.
Un'altra chiave della gara è sicuramente rappresentata dalla superiorità dei Pistons in area (44-26 i punti in vernice) e a rimbalzo (44-37 il computo delle carambole), anche se probabilmente la svolta è stata la difesa, che è salita notevolmente di tono ed è diventata più aggressiva, riuscendo a limitare Duncan e Ginobili che avevano distrutto i Pistons nelle prime due gare.
Prsonalmente credo che sia limitato sostenere che le difficoltà di Ginobili e Duncan siano dovute esclusivamente ad una loro giornata storta, senza concedere alcun merito alla difesa di casa, e mi sembra ancora più limitato dire che i Pistons hanno vinto faticando con gli Spurs nonostante gli altri non fossero al massimo e quelli del Michigan avessero, al contrario, dato il 101%.
E' infatti innegabile che nella vittoria di mercoledì notte ci siano sia dei meriti della squadra del Michigan che dei demeriti degli avversari (ma non è poi la stessa cosa che è successa a San Antonio a parti invertite?) ma, allo stesso tempo, non bisogna scordarsi che Detroit non ha ancora mai avuto nella serie i veri Prince e Rasheed Wallace che, anche in gara 3, hanno giocato sotto la media. Nella serie stanno viaggiando rispettivamente a 8.7 e 8.3 punti di partita, circa sei in meno delle loro medie in stagione regolare, ma soprattutto non hanno avuto il solito impatto che va al di là dei numeri, la difesa per Prince e l'impatto tecnico ed emotivo che Sheed ha sui suoi compagni.
In conclusione, secondo me, non è vero che i Pistons non possono giocare meglio di così ma possono invece migliorare ulteriormente avendo riacquistato fiducia nel proprio gioco, messo in crisi nelle due gare disputate a San Antonio. Stanotte, alle tre italiane, giocheranno per pareggiare i conti.