Ritorno sulla terra per Manu: il suo contributo in gara4 dovrà esser diverso
In questa lega che negli ultimi anni ha sgretolato gran parte delle certezze con le quali eravamo cresciuti, dai centri che giocano vicino al canestro, alle difese rigorosamente individuali, passando per i ruoli da comprimari per i giocatori FIBA, San Antonio ci viene incontro: quando i nero-argento giocano la terza partita di una serie in trasferta, partendo in vantaggio 2-0, perdono.
Come tutte le regole, ha la sua eccezione sotto forma del 1999, l'anno dell'asterisco e del primo titolo: gara3 delle finali della Western Conference fu vinta al Rose Garden di Portland, grazie a una delle prime storiche "piazzate" del Rasheed Wallace versione "Oregon" e ai Trailblazers al minimo di punti segnati nei playoffs. E nella semifinale di Conference i texani passegiarono al Forum di Inglewwod contro i Los Angeles Lakers allenati da Kurt Rambis.
Nel 2003 gli Spurs si presentarono sopra 2-0 allo Staples Center; i Lakers vinsero quella gara e arrivarono ad un tiro di Horry nel finale di gara5 dal ribaltamento della serie. L'anno successivo stessa situazione, gara3 ai Los Angeles Lakers e serie per i californiani, grazie al "miracolo" di Derek Fisher. La Abc si aggrappa a questo particolare per sperare in una serie lunga. Quest'anno San Antonio ha puntualmente perso gara3 alla Key Arena di Seattle; il network americano firmerebbe per un'altra serie decisa a gara6 con un tiro di Duncan. Detroit ha vinto gara3 96-79. Il sospetto che i ragazzi di Popovich abbiano giocato col solito atteggiamento compiacente "da gara3" viene.
Anche se sono crollati alla distanza, dopo esser stati praticamente pari, se non davanti, a 2' dalla fine del terzo perioodo: "Abbiamo perso un paio di palloni consecutivi - ha spiegato Manu Ginobili - in quel frangente: Detroit ha segnato canestri facili, preso inerzia e non s'è più fermata." Il giocatore argentino è una delle chiavi di lettura di sconfitta: solo 6 tiri per 7 punti e 6 palle perse generate perlopiù dall'accresciuta pressione della difesa avversaria. Che spesso lo ha costretto a saltare senza avere un'idea precisa di cosa fare in volo.
Se a questo aggiungiamo la brutta serata di Duncan possiamo capire tutto. "I lunghi di Detroit - ha spiegato P.J. Carlesimo, assistente di Popovich - hanno impedito a Tim di ricevere la palla nelle sue posizioni preferite" Risultato 5 su 15 dal campo "Ben Wallace ha fatto un grande lavoro", ha detto il caraibico con la solita faccia.
"Abbiamo mosso poco il pallone - ha detto Greg Popovich - e di conseguenza la difesa dei Pistons. Spesso siamo andati da Duncan senza pazienza, chiedendogli di risolvere una situazione difficile con una giocata individuale". Non l'uovo di colombo perché muovere la palla è più difficile se la difesa avversaria non è quella di gara2. E comunque una ricaduta negli storici vizi offensivi della squadra.
Il dato è questo: se l'attacco si muove, e con esso la palla, la forza pura dei campioni in carica incide meno. Gli Spurs hanno sofferto, più che le scelte difensive di Brown, la maggiore aggressività dei giocatori. Su due lati del campo. Si è parlato delle decisione difensiva di Popovich di lasciare i suoi esterni "soli" contro Hamilton e Billups. Stavolta la scelta è apparsa meno azzeccata. Non fosse altro per i 44 punti col 50% dal campo confezionato dalla coppia. La solita tentazione di cercare di leggere le partite attraverso il risultato.
Dice il saggio Robert Horry: "Tutto quello che c'era sulla nostra lavagna prima della partita lo abbiamo fatto male." Una considerazione che tradisce l'emotività per quanto avvenuto sul campo, ma anche la delusione per lo scadimento del livello di gioco dei suoi. Nel frattempo la Abc ci spera. Da quando la finale ha la formula 2-3-2 solo una squadra è riuscita a vincere le tre partite in casa centrali: i Detroit Pistons l'anno scorso.
Sarà bene prendere provvedimenti. Difficilmente però rivedremo gli stessi Spurs in gara4. La gara nemesi è alle spalle.