Il ritorno dello Zen Master

Solo a Hollywood poteva accadere: va in scena il film Jackson – Kobe parte 2

E' ufficiale: Phil Jackson torna ad allenare i Los Angeles Lakers. Non si sa ancora per quanti anni abbia firmato, si parla di una cifra tra i 7 ed i 10 milioni di dollari a stagioni.
Dopo le sue dimissioni dodici mesi fa, dopo la cessione di Shaq, dopo il suo libro in cui lanciava accuse al vetriolo contro Kobe Bryant, immaginare un ritorno di Jackson sul pino dei Lakers privi di Shaq e totalmente nelle mani di Bryant era letteralmente impossibile.

Ma mese dopo mese questa voce ha iniziato a circolare, e da assurda ipotesi è diventata realtà , era solo una questione di giorni, visto che negli ultimi due mesi, coach Zen aveva più volte fatto trapelare che la panchina dei Lakers era in cima alla sua lista, seguita (forse") da quella dei New York Knicks.

Non è stata una questione di soldi, o meglio, non sono stati i soldi del suocero Jerry Buss il principale motivo, visto che i Knicks secondo alcune voci avevano messo oltre 10 milioni di dollari a stagione per quattro anni sul tavolo di Jackson.
Ma i Knicks non sono stati mai in corsa realmente, sempre dietro ai Lakers, e forse, come qualche giornalista della Grande Mela ha scritto, sono stati usati dal mago dei mind games come leva per aumentare l'ingaggio ma soprattutto come pressione sulla franchigia californiana.

Cosa può aver spinto il coach 60enne a tornare sul luogo del delitto? Non c'è un motivo, forse una serie di motivi: i rapporti con i Buss, la voglia di dimostrare di essere un grande coach e non soltanto un coach vincente con Jordan, Pippen, Shaq e Kobe in squadra, lo stimolo di poter vincere quel decimo anello che ne farebbe il coach più vincente della storia, i soldi naturalmente.

Di Phil Jackson si può dire di tutto, arrogante, antipatico, buon allenatore ma principalmente fortunato (non siamo assolutamente d'accordo, i Bulls del 1994 senza Jordan erano una gran bella squadra), uomo che sa cogliere l'attimo fuggente quindi grande opportunista (come se fosse un difetto), ma di sicuro non si può dire che sia uno stupido, tutt'altro!

Ritornando ai Lakers sa benissimo che una situazione migliore non poteva esserci, e che la bilancia tra fattori negativi e positivi pende nettamente da quest'ultima parte. Certo, mette in gioco la faccia dopo ciò che ha scritto nel suo libro, ma solo gli stolti non cambiano idea, certo mette in gioco la sua credibilità  di vincente assoluto prendendo in mano una squadra finita in Lotteria, ma stiamo parlando dei Lakers la squadra più importante del pianeta NBA, una delle più gloriose dell'intero sport mondiale, non certo dei Clippers o degli attuali Hawks!

Decidendo di tornare ai Lakers ha messo in preventivo che una situazione migliore di così non potrebbe esserci per lui: una squadra alla deriva, un'organizzazione inesistente, un team che negli ultimi 12 mesi è stato totalmente nelle mani e nelle decisioni di Bryant, una franchigia semplicemente alla deriva. Una squadra tutt'altro da buttare, che per vincere 34 gare si è davvero impegnata perché quando hai Kobe, Odom e un Caron Butler nel motore non puoi non lottare per un posto nei playoff.

Torna in un team in cui nell'ultimo anno tutto l'impianto di gioco era dettato dall'all alone di Kobe Bryant con gli altri quattro a guardare e ad aspettare uno scarico, torna in una squadra che con una guida tecnica come si deve, ma soprattutto con pieni poteri, automaticamente è in grado di viaggiare a 42, 43, 44 vittorie, usando Odom come si deve e non come un Dennis Scott qualunque, una squadra che con lui sul pino giocherà  da squadra, giocherà  a basket e non a uno contro tutti con i coach impotenti perché il giocatore franchigia è colui che pesa più di tutti all'interno dell'organizzazione, sia tecnica che societaria.

Ha delle garanzie, su questo non ci piove, avrà  pieni poteri decisionali, non solo sul piano prettamente tecnico-tattico, ma anche e soprattutto sul piano strategico. E' noto il suo pessimo rapporto con Mitch Kupchack, e questo suo ritorno significa che la posizione dell'attuale GM diventa debole, molto debole, ed ogni decisione su eventuali trade o scelte al Draft passerà  soprattutto per lui, con Kupchak che dovrà  soltanto eseguire (e visto come quest'ultimo ha lavorato negli ultimi anni una grande fortuna per i gialloviola) sempre che resti.

Master Zen torna sul luogo del delitto con una buona squadra che ha sottoperformato alla grande rispetto al reale valore, torna in una franchigia alla deriva in cui il GM che non ha mai sopportato è in un ruolo a dir poco traballante, torna in un team in cui l'uomo franchigia è uscito massacrato dalla faida con lo stesso Jackson e con Shaq, perdendo popolarità  ma soprattutto potere decisionale all'interno dell'organizzazione; torna in una società  in cui il suo ruolo sarà  totale, come non è mai stato nella sua carriera.

Sà  che già  adesso ha una buona squadra bisognosa solo di qualche ritocco per veleggiare in area playoff senza patemi d'animo, sperando di ottenere qualche altro giocatore importante per tornare a giocarsi l'anello in tempi brevi; sà  che Odom è perfetto per il triangolo di coach Winter e sà  che Bryant è un puledro di razza come pochi a cui le briglie sciolte non vanno lasciate totalmente.
E oggi, a differenza, che in passato, ha il coltello dalla parte del manico per tenere quelle briglie ben salde in mano.

Il rapporto con Bryant a nostro avviso, se non è già  stato ricucito del tutto nelle ultime settimane, e già  a buon punto per una riappacificazione totale, almeno pubblicamente (difficile che andranno in vacanza assieme come con Longley o sull'Harley come con Rodman); la pessima annata della squadra ha indebolito inevitabilmente l'importanza del giocatore, non a livello di equilibrio in campo perché è chiaro che sarà  lui la pietra angolare della rinascita dei Lakers, quanto a livello decisionale: Kobe dovrà  seguire ciò che dice il coach, potrà  dare la sua opinione su eventuali scambi o su eventuali decisioni tattiche, ma la sua parola non sarà  vincolante e soprattutto non sarà  l'ultima, come d'altronde dev'essere in qualsiasi società  come si deve.

Quella spetterà  a Jackson che da persona intelligente qual è, difficilmente approfitterà  dei nuovi equilibri per togliersi qualche sassolino dalla scarpa col ragazzo, conoscendone il carattere orgoglioso e spigoloso: ha accettato la scommessa di riuscire a creare un rapporto positivo e vincente con Bryant, e ci proverà  con tutte le sue forze, sapendo di non aver nulla da perdere, a differenza di Kobe, e se questa volta le cose non dovessero funzionare, sarebbe la fine della storia tra il numero 8 e i Lakers.

Una cosa è certa: dopo un anno davvero difficile Mister Jerry Buss ha ripreso in mano la situazione, o meglio, ha capito che l'eredità  di Jerry West era stata affidata ad un uomo semplicemente incapace di occupare un ruolo così importante per qualsiasi franchigia,figuriamoci per i Lakers, e prima che potesse succedere qualche altro terremoto, ha dato al "fidanzato" della figlia il timone del comando. Ed è questa la miglior notizia per i tifosi dei Lacustri, il resto si vedrà , toccherà  all'intelligenza degli ex contendenti far tornare la L.A. nobile nel posto che gli compete, sulla carta c'è tutto, basta sotterrare l'ascia di guerra.

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