Isaiah Thomas: è tutto nelle sue mani
L'estate newyorkese sarà calda, molto calda. Non stiamo parlando di qualche vortice di alta pressione che stazionerà sulla città e che nell'immaginario cinematografico di film come "C'era una volta in America" o "Sleepers" ci fa pensare ad un'afa insopportabile ed a bambini che giocano con gli idranti posti per strada, ma di basket, quello professionistico (distinzione d'obbligo quando si parla di New York).
Isaiah Thomas si trova ad un bivio: mettere il primo passo sul gradino della scala verso la gloria, o affondare come tanti, troppi prima di lui, inghiottiti dalla Grande Mela.
Anno zero, appunto: perché? Innanzitutto, perché erano anni che i Knickerbockers non si trovavano tra le mani contratti di un certo peso in scadenza. Tim Thomas e Penny Hardaway sono entrati nel loro ultimo anno di garantito e chiamano a sé quasi 30 milioni di dollari. Escludendo che si possa attenderne la conclusione, visto che New York è abbondantemente sopra il salary cap e 30 milioni in meno non farebbero la differenza, si presume siano merce alquanto appetibile per chi vuole rimettere in pari il proprio bilancio.
Poi il draft: pick numero 8 e numero 30, con un general manager che in passato ha massimizzato questo aspetto. Le chiamate di Tracy McGrady ed Al Harrington in altre vite manageriali parlano da sole, così come quella di Trevor Ariza l'anno passato con la scelta 42.
Seppure l'ottavo pick possa sembrare balordo, né carne né pesce, troppo basso per trovare il fuoriclasse ma troppo alto per cercare il crack senza essere poi accusati di averlo gettato via in caso di fallimento, questo draft 2005 pare essere molto profondo e c'è un cauto ottimismo in proposito.
Inutile tentare previsioni sui nomi dei collegiali o liceali che verranno scelti dai Knicks, è ancora troppo presto. Una cosa però pare certa: Thomas, come in passato, sceglierà in base al talento, non affidandosi dunque a safe pick e neppure guardando alle manchevolezze del roster. Tecnicamente, tuttavia, mancano centimetri sotto canestro ed uno swingman che possa uscire dalla panchina o addirittura essere titolare in ala piccola.
Gli unici ruoli davvero coperti sono per ora gli esterni, ma non senza patemi d'animo. Stephon Marbury e Jamal Crawford non hanno ancora dimostrato di poter coesistere al cento per cento, tanto che si è provato spesso a mischiare le carte, facendo portare palla all'ex-Bull, ma i risultati sono stati altalenanti.
Si è pure pensato di trasformare Marbury in una shooting guard sottodimensionata alla Iverson a tempo pieno, ma pure qui si ci è fermati agli esperimenti. Come altrove, però, occorrono pure in questo ambito delle certezze, non si può assolutamente arrivare al training camp con ancora questi dubbi appresso.
Qui, però, entra in scena la scelta del futuro allenatore. Dopo i tanti nomi circolati, sulla panchina siede ancora Herb Williams, quello che doveva essere il traghettatore della squadra dal licenziamento di Lenny Wilkens (la sua assunzione è, ad oggi, l'unico vero errore di Zeke) fino alla fine della stagione. Invece l'ex cambio di Patrick Ewing è ancora al suo posto, mentre tutti i papabili si stanno pian piano accasando altrove.
Provando una scrematura delle tante voci riportate dalla stampa newyorkese a tal proposito, sembrerebbe che l'unico davvero cercato e voluto da Thomas sia Phil Jackson, ma ad oggi niente fa sperare in una felice conclusione della trattativa, tanto più che il titolarissimo coach sta filtrando, oltre che con Jeannie Buss, con il padre di lei per un clamoroso ritorno ai Lakers.
L'allenatore, oltre all'ovvia intrinseca importanza, ne ha ancora di più riguardo proprio al discorso precedente, ossia sul reparto piccoli. Ipotizzando: a Jackson ed il suo triangolo, come si adatterebbero Steph e JC? Oppure servirebbe una guardia con più centimetri, magari sacrificando lo stesso Crawford? Domande irrisolte, eppure mancano pochi giorni al draft e francamente ci pare assurdo che si possano piazzare nuovi giocatori in roster senza le indicazioni del loro futuro allenatore. Si correrà o si giocherà a metà campo? Serve uno specialista difensivo piuttosto che un lungo atipico?
L'immobilismo di Zeke ha scatenato ovviamente un'infinità di chiacchere (lo sport più amato sotto la Statua della Libertà , altro che basket, ndr).
In particolare, è ritornato il grande classico che cita: "il GM si fa la squadra scegliendo tutto lui, poi alla prima striscia negativa licenzia Williams e gli subentra in panchina". Personalmente, restiamo ad una sua vecchia dichiarazione in cui riteneva impossibile svolgere contemporaneamente le due cariche in una città come New York. Fallire un'altra volta, dopo Indianapolis, lo affosserebbe in maniera definitiva e Thomas ci pare troppo sveglio per rischiare così tanto.
Ci sarebbe poi l'eccezione salariale e pure qui i nomi si sono sprecati. Vista la rottura con la propria franchigia, uno dei più verosimili sarebbe quello di Kwame Brown. Zeke ha l'uomo giusto nel suo staff per investire sul vecchio pupillo di Michael Jordan: Mark Aguirre, colui che ha sgrezzato Jermaine O'Neal. Fisicamente i due si somigliano molto e Brown non deve in ogni modo per forza diventare il nuovo O'Neal, ma già arrivarci vicino sarebbe un successo. Quindi perché non tentare?
La sensazione è che, se ci saranno gli spazi per la manovra, si proverà a portarla a termine. D'altronde Aguirre sta già lavorando da qualche mese sul diciannovenne Jackie Butler, un altro "alla Jermaine" pescato nella CBA: un "coraggio" che in casa Knickerbockers mancava da secoli.
Impossibile aggiungere altro, "nel futuro non c'è certezza" citava un noto poeta e nella Grande Mela questo detto è elevato alla millesima potenza.
Può e potrà essere tutto ed il contrario di tutto: magari Thomas ha l'asso nella manica e lo calerà nel momento che lui riterrà più opportuno; oppure davvero non sa che fare. O, ancora, alla vigilia del draft, può essere capace di impachettare contratti in scadenza e picks sfoderando un colpo "alla Marbury". Il personaggio, fin da giocatore, lo conosciamo ed è davvero capace di tutto, ma la sua intelligenza è fuori discussione, non è un ingenuo né tanto meno uno stupido, per intenderci.
In mezzo a tanta incertezza, quel che appare chiaro è che basta sbagliare una mossa e si resta al palo, perché non capiterà di nuovo, a New York, di avere contratti in scadenza o una scelta da lotteria.
Zeke dovrà muoversi con i piedi di piombo, evitando movimenti tanto per smuovere l'ambiente e le scelte dovranno essere accurate, lungimiranti, ma soprattutto decise e portate avanti con convinzione, così da dare credibilità all'ambiente. La pazienza ed il credito dei newyorkesi nei suoi confronti si sta esaurendo ed alla prima mossa falsa la piazza chiederà la sua testa.