Il bivio di Kobe

Meno uno contro tutti (e contro Shaq stavolta…) la via per diventare un Campione

27 punti, 6 rimbalzi e 6 assist a gara sono numeri da MVP, senza discussione. Sono numeri che non ammettono discussione. Ma se questi numeri nascono in un contesto perdente, allora il discorso cambia totalmente.

Kobe Bryant è uno dei migliori giocatori del pianeta, personalmente lo riteniamo ancora il miglior esterno in circolazione, inutile spiegare il perché, nove anni nell'NBA lo hanno già  fatto.

In questa stagione però il numero 8 dei Lakers ha prodotto un basket a dire poco discutibile: grandi numeri personali, grandi prodezze individuali, ma pochi successi di squadra, poco, per non dire nulla, miglioramento dei compagni.
Certo, ci sono anche delle attenuanti come gli infortuni o una guida tecnica sul pino non proprio all'altezza della situazione, ma sono alibi che reggono sino ad un certo punto.

Se i Lakers maledicono i guai fisici di Divac, George o dello stesso Bryant, cosa dovrebbero fare allora i Jazz o i Pacers per fare due nomi? Rudy T non è stato in grado di dare una direzione tecnica (cosa prevedibile vista la sua passata carriera da motivatore più che da stratega) ma è folle credere che sul suo arrivo non abbia avuto un peso determinante l'ok di Kobe.
Una stagione fallimentare per i gialloviola, una stagione da dimenticare al più presto, in cui si salvano soltanto i numeri personali di Bryant.

I suoi numeri quest'anno, sono numeri alla Francis o alla Marbury (per citare due giocatori sempre al centro delle polemiche), né più né meno. Sono cifre superiori è vero, ma sono numeri perdenti allo stesso modo. I suoi numeri quest'anno hanno un peso specifico nullo o quasi, sono numeri che non hanno dato alla sua squadra quello per cui si scende in campo sino a prova contraria:la vittoria!

Kobe quest'anno è stato il profeta dell' All Alone di Marburyana memoria, l'estremo opposto di ciò che un Campione dev'essere: un leader dentro e fuori dal campo, un giocatore che rende anche i "cadaveri" con cui gioca meglio di quello che sono realmente, in grado di portare il proprio team oltre i propri limiti strutturali. Questo è ciò che Bryant non è stato nella sua prima stagione in cui aveva in mano le chiavi della squadra, in cui era chiamato ad essere un leader, un Campione.

L'addio a Shaq e coach Jackson che i Lakers hanno deciso in estate, cavalcando giustamente i desideri di Bryant, vista la carta di identità , non solo ha sancito la fine di una Dinastia che avrebbe potuto dominare ancora qualche anno (molto probabilmente con un GM semplicemente normale oggi il Combo sarebbe ancora intatto…) ma ha riposto l'intero destino dei prossimi anni della franchigia nelle capacità  ma soprattutto nella testa del ragazzo di Philadelphia.

Scelta sbagliata? Troppo presto per dirlo, un anno di all alone ci può stare, ma è chiaro che il futuro della parte nobile della Los Angeles a spicchi, dipenderà  prima che dai polpastrelli dal carattere e dalla testa Kobe.
La prossima annata sarà  la decima della sua carriera, i primi nove anni di Bryant nella NBA sono stati eccezionali, ha dimostrato di essere uno dei migliori giocatori della sua epoca, dietro soltanto a Shaq, Duncan e Garnett (ok, tre titoli a zero, ma permetteteci di valutare un Campione non soltanto con gli anelli che ha al dito).

Le polemiche sul suo conto ci sono sempre state (e lasciamo perdere i paragoni con Sua Maestà ), anche quando era in cima al mondo: meglio di un McGrady o soltanto più fortunato a giocare con MDE? Meglio di un Kidd o soltanto più fortunato ad essere finito a Los Angeles con quello grosso di fianco piuttosto che ai Nets con Kenyon Martin? Sarebbe mai stato in grado di portare in Finale una squadra solo discreta ad essere gentili come fece Iverson con i suoi Sixers nel 2001?

Domande a cui ognuno può rispondere come vuole, dando le spiegazioni che ritiene più opportune, ma le risposte definitive non ci saranno mai, o forse sarà  il resto della sua carriera a dirci qualcosa sui suoi primi nove anni NBA con tre anelli al dito.

Kobe Bryant ha in mano non solo il destino dei Lakers, ma il proprio futuro, il proprio passato e di conseguenza il posto che occuperà  nella storia di questo sport.Sta a lui dimostrare di essere uno dei più forti di sempre, sta a lui spazzare via i dubbi sul suo effettivo valore. Michael Jordan sino al 1990 fu considerato un giocatore eccezionale ma non in grado di far fare alla propria squadra il salto verso l'eccellenza assoluta: da lì in poi mise la freccia, spazzò via tutti i discorsi sul suo egoismo e diventò semplicemente il migliore di sempre.

Oggi Kobe si ritrova nella stessa situazione: i numeri ci sono, le capacità  di segnare 40, 50 o 60 punti nessuno le mette in discussione, ma ora deve diventare il giocatore in grado di spostare gli equilibri, in grado di far fare ai suoi compagni il salto di qualità  indipendentemente dal loro valore reale. Soltanto così giustificherà  la scelta di scaricare Shaq da parte dei Lakers, soltanto così spazzerà  via i dubbi sui suoi tre anelli vinti (dubbi non sulla sua importanza, ma sul fatto che con quell'O'Neal anche il miglior Vince Carter ad esempio avrebbe degli anelli al dito).

Non serviranno anelli a ripetizione (anche se a L.A. se lo augurano) servirà  un Kobe Bryant leader, un Kobe Bryant in grado di portare una squadra come quella di quest'anno ai play off con un ruolo da mina vagante, un Kobe Bryant che a prescindere da chi avrà  intorno riconsegni i Lakers alla loro nobiltà , senza che ci sia bisogno di accampare scuse sulla sfortuna, sul coach e sui compagni non all'altezza. Deve diventare un Campione, deve diventare un giocatore capace di migliorare qualsiasi bipede che gli gioca di fianco come soltanto i grandissimi sanno fare.

La storia dell'NBA è piena di giocatori che numeri alla mano sono indiscutibili ma che a fine stagione archiviano un'annata fatta più di sconfitte che di vittorie ed il refrain che si ascolta dai loro ammiratori è sempre il solito: i compagni non sono all'altezza!

Un Campione dev'essere invece in grado di rendere chiunque gli giochi di fianco un giocatore migliore, un giocatore speciale, è questa la grande sfida che il numero 8 ha dinnanzi a se, non quella di viaggiare a 40 punti di media o di segnare 90 punti.

Kobe dovrà  tracciare una linea netta sui suoi primi 9 anni nelle Lega, e mettere la freccia sui suoi contemporanei come fece Jordan: potranno arrivare altri anelli come no (sono troppe le variabili incontrollabili per giudicare un giocatore in base agli anelli vinti) ma se sarà  un Campione come può essere, allora i Lakers torneranno nell'elite a prescindere dai rinforzi che la dirigenza gli metterà  a disposizione, e lui si ritaglierà  un posto tra la Storia di questa gioco.

Se invece continuerà  col suo personale All Alone, con la sua guerra personale contro un nemico solo a lui conosciuto, allora per la Los Angeles gialloviola solo un miracolo (come l'arrivo di un Garnett ad esempio) potrà  farli tornare ad essere una conteder, con buona pace dei vari partiti pro o contro numero 8, che non avranno mai una risposta definitiva sul Campione Kobe Bryant.

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