Quanti anni avrà ancora nelle gambe Iverson per riprovare l'assalto al titolo?
Terzo quarto di Gara 5 tra Detroit Pistons e Philadelphia 76ers al Palace di Auburn Hills, i Pistons sono avanti 3 a 1 nella serie, ma i Sixers stanno vendendo cara la pelle, sono punto a punto. Ad ogni canestro dei Pistons, la panchina della Motown scatta in piedi entusiasta, mentre ad ogni canestro dei Sixers la panchina dell' Amore Fraterno non si muove, neanche applaude.
I giocatori in panchina, durante le partite che contano, spesso sono il barometro dell' atmosfera che si respira nello spogliatoio, sono l' indice del grado di convinzione e di fiducia nei propri mezzi e nei propri compagni.
I panchinari dei Phoenix Suns ad esempio, ad ogni azione offensiva e difensiva dei propri colleghi sul parquet, scattano in piedi prodighi di incitamenti e di incoraggiamenti, Jake Voshkul, Bo Outlaw, Leandro Barbosa, sono delle fiere ed oneste bombe di adrenalina sempre pronte ad urlare una parola positiva in direzione di Nash e compagni. Loro ci credono, i Sixers non ci hanno creduto fino in fondo, se non in due o tre componenti del roster, e sono stati meritatamente eliminati.
Fuori al primo turno sconfitti per 4 a 1 dai campioni in carica dei Detroit Pistons, la post-season dei Sixers ha consegnato agli annali la ennesima strepitosa e commovente prestazione di Allen Iverson, 31.2 punti, 10 assists e 2 palle recuperate a partita, con una media totale dal campo del 47 per cento, con il 41 per cento da tre. Che dire dell' uomo da Hampton, se non che, oltre ad essere uno dei migliori giocatori di tutta la storia del gioco, ha un cuore che fa provincia?
Lui ci credeva in una vittoria, lui, insieme a Chris Webber e a Samuel Dalembert sono stati quelli che hanno abbandonato per ultimi la nave che stava per affondare. Chris Webber (19 punti e 6 rimbalzi di media nei playoff, non statistiche altisonanti ma migliori della regular season, e chi ha visto le partite sa che Chris ha giocato bene), tacciato come un rottame da demolizione da tutti i columnist cestistici mondiali, ha dimostrato in questi brevi playoff di essere ancora un giocatore che può fare la differenza.
Autorevoli firme del giornalismo statunitense durante la serie contro i Pistons hanno indugiato fino alla nausea sul fatto che Webber è un perdente, che è uno che nei momenti cruciali demanda le responsabilità verso altre mani (più di una volta è ritornato fuori il famoso time-out chiamato alle Final Four del 93 con Michigan, chiaro esempio -secondo loro- della attitudine poco responsabilizzata di Webber), e che alla fine della corsa non potrà mai vincere niente.
In passato, gli stessi discorsi si sono sempre sentiti dire a riguardo di David Robinson, quando fu chiaro che, dopo essere stato letteralmente mangiato vivo da Hakeem Olajuwon nei playoff del 1995, The Admiral non sarebbe mai stato un leader capace di farsi carico della squadra e di portarla al titolo, teoria velatamente confermata, a suo tempo, anche dal fidato playmaker Avery Johnson. Ma poi venne il tempo del nuotatore da St. Croix, e Robinson, da “leader in seconda”, adesso si ritrova con due Anelli di Campione Nba alle dita.
Questa situazione potrebbe anche essere trasportata, a livello di teoria, sui Philadelphia 76ers, dove Allen Iverson può (e deve) essere il leader maximo, e dove Webber può essere il galoppino di extra-lusso. Questo scenario è comunque ricchissimo di miliardi di incognite, riuscirà il cast di supporto ad essere all' altezza? Riuscirà Jim O' Brien ad essere all' altezza? Riuscirà Billy King ad essere all' altezza? Queste tre entità sono state all' altezza in questa stagione e in questa post season?
Il cast di supporto, nei playoff, è stato caratterizzato da alcune belle sorprese, da alcune conferme, e da alcune delusioni. La più bella sorpresa in assoluto è stato l' haitiano Samuel Dalembert, che è decisamente salito di livello in occasione della post-season (11.6 punti e quasi 13 rimbalzi a partita con il 55 per cento dal campo, buonissime statistiche macchiate però da un 40 per cento dalla lunetta), dimostrando a tutti (a Jim O' Brien in primis, che per gran parte della stagione lo aveva relegato ad un minutaggio limitatissimo, e a Billy King, che fino alla dead line lo aveva sempre considerato impalpabile merce di scambio) di essere una presenza intimidatoria sotto le plance, e di avere ancora grandi margini di miglioramento, soprattutto offensivo.
La conferma è venuta dal rookie Andre Iguodala, che ha tenuto bene in difesa su Wallace e Hamilton, che ha mantenuto invariato il suo fatturato offensivo, ma che non è riuscito a salire ulteriormente di livello (era prevedibile, il numero 9 da Arizona è pur sempre un rookie), come stopper difensivo e come terminale offensivo.
Le delusioni della post season sono state senza ombra di dubbio Kyle Korver e Marc Jackson. Il sophomore da Creighton è letteralmente precipitato nelle percentuali da tre (29 per cento, 7 su 24), schiacciato dalla responsabilità e testardo nel provare solo ed esclusivamente la conclusione da oltre l' arco (solo 4 tentativi da due in cinque partite). Marc Jackson invece è semplicemente scomparso, sia sotto i tabelloni sia in fase realizzativa (3.4 punti, 1.6 rimbalzi e il 25 per cento al tiro), privando i Sixers di una pedina che per tutta la stagione aveva fatto la differenza.
Non sono mai stato un grande estimatore di Jim O' Brien (da quando è ai Sixers), e devo dire che questa post season non ha fatto molto per cambiare la mia opinione su di lui. Ok, finalmente ha trovato un quintetto stabile, ha trovato il modo di collocare Willie Green con un pò più di continuità e ha trovato soluzioni per rifornire Webber nella sua piastrella dal gomito, ma non è mai sembrato avere completamente la squadra in mano, è sempre sembrato che, pur di compiacere Iverson, abbia difettato in motivazioni e disciplina. Fa di certo parte del suo personaggio essere pacato ed educato, ma non so fino a che punto lui sia un leader rispettato dai suoi giocatori.
Billy King ce l' ha sinceramente messa tutta. Ora, con un salary-cap asfissiante, gli si chiede un ulteriore sforzo: trovare una ala forte rimbalzista e realizzatrice, una sorta di Marc Jackson più forte e più verticale, e indubbiamente rinforzare e ringiovanire la panchina, sperando di pescare bene al prossimo Draft.
E' chiaro che non c' è più molto tempo, la prossima sarà la decima stagione Nba di Iverson, Webber ha 33 anni e un ginocchio ballerino, il tempo sta stringendo, e le due prossime stagioni sembrano le ultime due buone per “questi” Sixers, che al momento non sembrano ancora attrezzati per un titolo, ma si sa che basta poco per rivoluzionare una squadra e per portarla alle stelle.