Reggie Miller viene salutato da tutti prima di lasciare il campo per l'ultima volta
Ci sono quelli che lasciano con lunghi tour in cui ricevono regali, ce ne sono altri che hanno lasciato cullandosi su una sedia a dondolo in mezzo al campo, qualcuno è andato via dalla sua squadra del cuore per fare il comprimario e guadagnare di più o per provare il gusto di avere un dito occupato da un anello che non ha minimamente contribuito a vincere.
Ci sono quelli. E poi c'è Reggie Miller.
La serie approda di nuovo alla Conseco Fieldhouse di Indianapolis sul 3-2 per i Detroit Pistons, dopo che Indiana era riuscita (grazie al suo leader numero 31) a portarsi in vantaggio 2-1 e far passare un brutto quarto d'ora ai campioni del mondo. La data è già particolare: 19 maggio, esattamente sei mesi dopo la rissa del 19 novembre al Palace di Auburn Hills, che ha segnato la stagione dei Pacers e la rivalità fra queste due squadre. Rick Carlisle prova la mossa scaramantica, e si presenta alla partita con lo stesso vestito di quella sera (ma… siamo sicuri che avesse portato fortuna?!), l'atmosfera nell'aria è sospesa a metà tra la voglia di prolungare la serie e la stagione della squadra e di Reggie e la sensazione che questa volta possa davvero essere l'ultima.
Indiana parte subito forte, va avanti di 10 punti e lascia scrivere sul referto agli avversari solo 2 punti nei primi 5 minuti. I Pacers sono in buona serata al tiro, chiuderanno il primo tempo addirittura col 57% dal campo; la difesa solitamente ai limiti della perfezione dei ragazzi di Larry Brown sembra molto sfilacciata, concede tiri non contestati ai padroni di casa che segnano addirittura 46 punti nel primo tempo, chiudendo a +7.
Ora ve la dobbiamo però raccontare tutta: Indiana è davanti grazie ad un nome, Reginald Wayne Miller. Il “ragazzo” ha sfoderato una prestazione che ha dell'irreale: 7/9 al tiro, con 3/3 nelle bombe, una presenza in campo devastante, che costringeva la difesa dei Pistons ad allargarsi sui suoi tagli, e anche quando non riceveva la palla lasciava libera l'area per i canestri di un monumentale Jeff Foster o Jermaine O'Neal.
Nel secondo tempo le cose cambiano: Detroit rientra mettendo un paio di lucchetti in difesa, sposta Tayshaun Prince su Miller costringendolo a tirare con meno frequenza (ma non con percentuali tanto peggiori), il duo dietro composto da Richard Hamilton e Chauncey Billups comincia a ingranare, mentre Rasheed Wallace abusa a tratti di O'Neal, nell'attesa di incontrarne un altro un po' più grosso ma sempre alle prese con problemi fisici.
Si arriva nel quarto quarto con la partita punto a punto, con la sensazione però che Detroit abbia sempre più benzina. L'unica cosa che per un attimo fa dubitare la squadra del Michigan è un tiro da tre senza senso, fuori equilibrio, con due difensori addosso che Miller manda ovviamente a bersaglio portando i suoi a -4. Da lì in poi però i Pistons chiuderanno la partita con canestri di Prince ed Hamilton, e le altre due triple della disperazione di Reggie non andranno a buon fine (l'ultima stoppata da un recupero miracoloso di Ben Wallace).
Siamo a 15.7 secondi dalla fine: coach Carlisle capisce che la partita è andata e sceglie di “fare la cosa giusta” (per citare il titolo di un film di Spike Lee). Cambio, e standing ovation obbligata per il numero 31 degli ultimi 18 anni dei Pacers. Si alzano tutti, ma proprio tutti nel palazzo: anche due mostri sacri del Gioco quali Larry Bird e Joe Dumars. Molti piangono, moltissimi cantano “Re-ggie, Re-ggie”, Stephen Jackson fa fatica a trattenere i lacrimoni, tutti i giocatori di Detroit applaudono e a turno abbracciano Miller prima che esca dal campo. Coach Larry Brown (che ha allenato Reggie per parecchi anni), in un gesto di gran classe che pochi hanno notato, chiama un altro time-out da 20 secondi per prolungare il tributo al protagonista della serata. La partita finisce 88-79, ma sembra la cosa meno importante.
“Questa è stata una delle stagioni più provanti della mia carriera. Sono contento di aver segnato stasera, ma peccato non aver vinto. Comunque la nostra stagione è stata eccezionale, e devo ringraziare tutti”, dichiara l'ormai ex guardia dei Pacers. A chi gli chiede se c'è una speranza che ci ripensi, vista la grande prova di gara 6 (alla fine 27 con 11/16 al tiro): “Assolutamente no, non ci ripenserò. A chi mi fa notare la prestazione di stasera dico: guardatevi gara 4 e 5!”.
La serata particolare è più dedicata a celebrare il ritiro di Reggie Miller che la vittoria dei Pistons. Ora Detroit affronterà Miami nella finale della Eastern Conference, con la grossa (in tuti i sensi) incognita rappresentata da Shaq: giocherà ? Non giocherà ? Ha recuperato?
Indiana invece ora in qualche modo deve guardare avanti, ma lo fa paradossalmente tornando indietro nel tempo. Tornando a prima del 1987.
Quando non c'era ancora Reggie Miller.