La rabbia di Shaq: trattamento dei lunghi avversari o titolo di MVP sfuggito per una manciata di voti?
A soli due giorni dall'ultima partita disputata nel primo turno dei playoff, i Washington Wizards erano attesi per la prima sfida delle semifinali di Conference dai Miami Heat del vice-MVP 2005 Shaquille O'Neal.
Reduci da un'entusiasmante rimonta nei confronti dei giovani Chicago Bulls, perpetrata ai danni di Gordon e compagni dopo che questi si erano trovati avanti 2-0 nella serie, agli uomini di Eddie Jordan è toccata l'avversaria più calda del momento, che dopo essersi sbarazzata al primo turno del “flying circus” di Jason Kidd arrivava a questo secondo turno con il vento in poppa.
E come non attribuire tutta l'inerzia del mondo ad una squadra guidata dal fenomeno Dwayne Wade, semplicemente dominante nello sweep ai danni di New Jersey e fresco membro di un ristretto numero di giocatori (tra cui Michael Jordan, Magic Johnson e Larry Bird) con 25 punti 8 assist 6 rimbalzi di media e più del 50% dal campo in una serie di playoff.
La grande forza della squadra capitolina invece è stata il collettivo ma soprattutto un reparto guardie tanto imprevedibile quanto geniale.
Le follie improvvise di Gilbert Arenas e le scorribande continue di Larry Hughes hanno ribaltato la serie contro i Bulls del preparatissimo Scott Skiles, ed i chili di Brendan Haywood ed Etan Thomas hanno fornito quel minimo di fosforo che è servito per non subire troppo in area.
Il problema per i Wizards è che un conto è battagliare per la posizione a rimbalzo con Antonio Davis e tagliare fuori Tyson Chandler, un altro è doversi confrontare con i 216 centimetri (e circa 150 Kg…) di Shaquille O'Neal.
Il tema tattico principale della sfida iniziata ieri notte all'American Airlines Arena era dunque quello della marcatura di Shaq da parte dei lunghi di Jordan, con la consequenziale problematica del controllo dei tiratori trovati da “The Diesel” sugli scarichi, Damon Jones su tutti, e delle contromisure da apportare alla forza penetrativa della scheggia impazzita Dwayne Wade.
Nella prima frazione di gioco però le principali armi a disposizione di Stan Van Gundy sono apparse spuntate, con Wade che appariva stranamente svogliato ed impreciso al tiro (2 su 9 a metà gara) e O'Neal che veniva spesso circondato e fatto innervosire da falli più o meno deliberati.
Il risultato è stata una prima metà di partita che Washington è riuscita a controllare senza concedere nemmeno troppe soluzioni in campo aperto agli Heat, trovando dal “dynamic-duo” Arenas-Hughes penetrazioni e diversi falli guadagnati.
E quello dei falli è stato uno dei temi chiave della gara, perché a partire dal terzo periodo il nervosismo di Shaq già gravato di 4 infrazioni lo ha costretto a lungo in panchina, “obbligando” Wade a prendere per mano la squadra.
Proprio come era successo nella storica partita di Natale allo Staples Center contro i Lakers, con O'Neal seduto per falli, “Flash” ha preso in mano le redini dell'incontro e con una metamorfosi degna di Kafka ha cancellato dai ricordi dei 20000 presenti l'opaca versione di sé mostrata nei primi due quarti.
Il sophomore degli Heat ha segnato 9 dei suoi 15 punti del secondo tempo nel momento più delicato della partita, quando cioé Washington si era portata a sole tre lunghezze da Miami, e l'inevitabile parziale di 20-5 a fine terzo periodo si è poi rivelato decisivo.
Arenas e Hughes hanno cominciato a forzare dei tiri e ad intestardirsi in azioni personali che non solo non hanno portato a punti, ma hanno anche permesso al contropiede degli Heat di scatenarsi dopo 24 minuti di silenzio (22 punti a 8 in transizione per i padroni di casa).
Con un vantaggio oltre la doppia cifra anche l'attacco a difesa schierata di Van Gundy è tornato ad essere fluido ed i 23 assist di squadra ne sono un'eloquente prova.
Con i lunghi avversari carichi di falli (5 per Haywood e Ruffin, 4 per Thomas) è tornato sul parquet anche Shaq, ma il suo apporto non è stato decisivo sia perché ormai il vantaggio degli Heat era più che rassicurante e Washington appariva ormai troppo stanca per abbozzare una rimonta, sia perché lo stesso O'Neal è caduto in un sesto fallo abbastanza ingenuo che, anche se giunto a giochi fatti, ha mostrato come la serata dell'ex Laker non sia stata delle più positive.
Nel complesso buona invece la prova di Wade, che commenta così la sua prestazione a due facce:“Sono state due diverse partite per me, nella prima metà non ho giocato bene ma poi mi sono ripreso; sono rientrato in campo con il desiderio di cambiare marcia ed il fatto che le prime due conclusioni che ho provato siano andate a buon fine mi ha caricato”.
Nessun commento post-partita invece per Shaq, che si è diretto negli spogliatoi senza rilasciare interviste, disturbato dai problemi di falli della partita ma forse anche deluso della mancata proclamazione ad MVP della lega, titolo assegnato (personalmente con pieno merito) a Steve Nash.
Il risultato di Gara-1 però dovrebbe consolare Shaq, perché il 105-86 finale è un punteggio sufficientemente rotondo per affrontare con fiducia il prosieguo della serie, anche se Larry Hughes non sembra intenzionato ad innalzare bandiera bianca in anticipo: “Abbiamo uno spogliatoio pieno di ragazzi che amano le sfide ed anche se stasera abbiamo subito non vuol dire che siamo già fuori; certo Miami ci ha sempre battuto in questa stagione, ma non c'è stata mai occasione in cui non abbiamo pensato di poter vincere”.
Ultima annotazione l'ottima prestazione di Keyon Dooling, che nel giorno del suo 25esimo compleanno ha disputato una grande prova uscendo dalla panchina, segnando 15 punti con 6 su 9 al tiro e dimostrando come nelle partite di playoff può essere un fattore (20 su 26 nelle ultime 4 gare di post-season giocate).
Adesso l'attenzione è già puntata su Gara-2, con Eddie Jordan che sembra aver individuato il problema su cui lavorare con i suoi: “Stasera il fattore determinante è stato quello “Z”, inteso come “Zero Area”: non abbiamo ottenuto nulla di buono in quel settore del campo”.
Se poi al fattore “Z” dovesse aggiungersi quello “O” di O'Neal e quello “ZO” di Mourning, ci vorrà più di un alfabeto per il coach dei Wizards…