Reggie Miller e Jermaine O'Neal festeggiano: li aspettano i Detroit Pistons ora
Con tutta la retorica di cui sono capaci (e in questa specialità sono molto capaci), gli americani dipingono le gare 7 come partite in cui “dare tutto”, nelle quali “non c'è domani”, situazioni da “win or die” e così via… Se c'è una squadra che quest'anno si era dimostrata più adatta a giocare una partita del genere, e per giunta in trasferta, erano proprio gli Indiana Pacers, che escono infatti vittoriosi dal Fleet Center portando a casa partita, serie, e il biglietto per andare a sfidare i campioni in carica dei Detroit Pistons, in quella che tutti (Stern in primis) si augurano non sia una riedizione della famosa “Basket-Brawl”, la partita-rissa del Palace di Auburn Hills di novembre.
I Celtics si presentano alla partita con un record di 14-2 nelle gare 7 in casa (mentre Indiana è 1-3 nelle gare decisive in trasferta), con il vantaggio psicologico di aver forzato la serie alla bella alla Conseco Fieldhouse, con maggiore energia nelle gambe e apparentemente con una squadra più vispa. Ma in questa incredibile serie tutto questo non conta: conta solo il cuore che si butta sul parquet in quei 48 minuti.
La partita ha un inizio equilibrato: il primo tempo finisce sul 35-32 per Indiana, con un secondo quarto in cui nessuna delle due squadre sembrava potesse far scendere la palla dall'anello (13-12 il parziale del secondo periodo).
E' nel secondo tempo che la partita cambia, e lo fa grazie a protagonisti insospettabili: Fred Jones e Anthony Johnson portano in dote ai Pacers dalla panchina 29 punti in due con 5/5 nelle triple, e se aggiungete che un altro membro del pino, Jeff Foster, colleziona 9 punti, 12 rimbalzi e 4 stoppate, capirete che quel cuore di cui parlavamo prima in campo l'hanno buttato certamente i Pacers. Come dicono sul Boston Globe: “Sai di avere un problema quando l'unica categoria nella quale la tua panchina ha un vantaggio sono i falli tecnici”! Le prestazioni ordinarie di Reggie Miller e Jermaine O'Neal sono state ampiamente compensate dai panchinari e da un grande Stephen Jackson, autore di 24 punti con 5/6 dalla lunga distanza (i Pacers hanno tirato da tre con il 59% di squadra!)
Il parziale del secondo tempo è impietoso: 62 Indiana (leggasi prego sessantadue, in 24 minuti!) – 28 Boston. I fattori tecnici e tattici (le palle perse, le percentuali, la selezione di tiro, la difesa sugli esterni ecc. ecc.) sono inezie rispetto alla differenza di aggressività e atteggiamento in campo. Una delle due squadre era pronta ad andare in guerra, l'altra si è probabilmente trovata schiacciata dalla pressione, e ha reagito impaurita prima e ansiosa poi.
Se da un lato si può dire che questa sarebbe una cosa normale per una squadra piena di giovani, dall'altro è impossibile non notare che sono stati anche e soprattutto i veterani a non scendere in campo con il fuoco sacro dentro. Da segnalare un Gary Payton nemmeno lontano parente di quello che fu soprannominato “il guanto”, continuamente saltato dal Tinsley o dal Johnson di turno. Altra grossissima delusione è stato Raef LaFrentz, che ha deposto il secondo “uovo” (0 punti) della serie in gara 7.
Il nervosismo di Boston è evidenziato dalle espulsioni, nel finale di partita, di Kendrick Perkins e Justin Reed, per un alterco con Fred Jones. E con queste fanno 4 giocatori che raggiungono anzitempo gli spogliatoi nella serie per i biancoverdi (nelle gare precedenti erano stati espulsi Walker e Pierce).
Indiana sembra già proiettata alla serie di secondo turno contro Detroit. Nel frattempo, qualcuno si toglie sassolini dalle scarpe e piccole soddisfazioni ancora dalla serie appena conclusa.
Il perfidissimo coach dei Pacers Rick Carlisle (peraltro ex bostoniano anche lui) ha piazzato una dichiarazione che fa male ai tifosi biancoverdi: “Non so se i leprechauns hanno preso un giorno di ferie. Tutto quello che so è che avevamo il numero 33 seduto dalla nostra parte, e credo che questo faccia la differenza qui in una gara 7”, dove il 33 del caso è ovviamente Larry Bird, ora a libro paga dei Pacers. Come dire: uno dei vostri figli prediletti che avete voluto rinnegare è venuto qui a prendersi la sua rivincita.
Uno dei protagonisti della settima partita, Anthony Johnson, sottolinea un'altra piccola motivazione aggiuntiva: “Si, ho sentito i commenti di Antoine Walker dopo gara 6 sull'ultima partita di Reggie davanti al suo pubblico. Ci ha colpito molto quella frase: ci siamo guardati e abbiamo detto: hey, non possiamo permettere che Reggie finisca la sua carriera qui, in questo modo”.
Avremo modo di gustarci Reggie ancora per un po'. I tifosi dei Celtics, probabilmente, ne avrebbero fatto a meno.