Jermaine O'Neal e i suoi Pacers sbancano il Fleet Center in gara 5 e si portano sul 3-2 nella serie
Fate finta per un attimo di essere Doc Rivers. Prima di sentire un irrefrenabile voglia di essere da un'altra parte, in un altro ruolo, con altre mansioni, provate a pensare come ci si sente ad essere l'head coach della franchigia più titolata della storia della Lega, con leggende come Red Auerbach e il suo sigaro quasi sempre acceso a fine stagione e Bill “ho più anelli che dita” Russell come metri di paragone, e chiedetevi cosa potreste fare per non sfigurare al confronto.
Innanzitutto un comune buon senso vi imporrebbe di restare con le scelte che si sono rivelate vincenti, sia nella regular che negli inevitabili aggiustamenti in corso d'opera durante la post season. Vediamoli questi fattori spesso favorevoli:
a) il ruolo del sesto uomo per Ricky Davis, che ha prodotto una stagione personale eccezionale per l'ex Iowa;
b) l'apporto quindi in generale dell'intera panchina dei Celtics, che con Davis ma anche con il gruppo dei giovani ha spesso deciso le partite;
c) il quintetto piccolo (con Pierce impiegtao da “4” tattico) utilizzato in situazione di emergenza in gara 4, stante la squalifica di Antoine Walker, che ha generato forse la miglior partita dell'anno per Boston.
Ora veniamo finalmente ad analizzare questa gara 5 alla luce dei fattori sopraelencati: Walker torna in quintetto (e ci sta, ovviamente), con Davis (che dunque non fa più il sesto uomo “tattico”), Pierce, LaFrentz e Payton, e addio small ball (se siete dietrologi collegherete subito il fatto alle 21 palle perse bostoniane).
Rimane la panchina degli imberbi energetici, allora: senza considerare Reed e Perkins (in campo 1 minuto a testa, e solo il secondo riesce a evitare il trilione), la unit composta da Allen, Jefferson, Banks e West sta in campo per 54 minuti complessivi, media di 13 giri di lancetta in posizione eretta a testa. Pochino, vero?
Ovviamente la partita e le colpe non stanno tutte lì, ma sembra proprio che l'ex allenatore dell'anno con gli Orlando Magic non abbia una strategia, e continui ad improvvisare sera dopo sera. Cosa che riesce bene se ci si chiama John Coltrane o Miles Davis. Allen Iverson, al limite.
“Glenn Rivers”? Meglio fare i compiti a casa, prima.
La grossa novità nel lineup degli Indiana Pacers è stata invece il ritorno di Jamaal Tinsley dopo mesi di convalescenza da un infortunio al piede. Al di là delle cifre personali, The Abuser ha fatto la differenza nel match, dettando tempi e modi dell'attacco dei Pacers a suo piacimento. “Avevamo bisogno del suo apporto, anche 'spirituale'. E' stata la chiave vincente per noi” ha dichiarato Rick Carlisle.
I beneficiari sono stati soprattutto i lunghi dei Pacers: Dale Davis si è finalmente fatto sentire anche in attacco (13 punti a referto), Jermaine O'Neal è andato avanti nella sua altalenante serie con una discreta prestazione (19 punti, 10 rimbalzi, tutti difensivi, 4 assist e 3 stoppate, ma anche 7/19 al tiro e 6 perse), mentre ancora più che positivo l'apporto dal pino di James Jones.
Indiana fa girare bene la palla (21 assist di squadra), tiene a bada il ritmo di gara impedendo ai Celtics di correre, e gioca meglio (ancora una volta, dopo gara 2) i momenti decisivi di una partita comunque tirata. Questa volta è stato Stephen Jackson, con una tripla pesantissima, a ricacciare indietro i Celtics in rimonta nei minuti finali del quarto quarto.
Ora i Pacers sono avanti 3-2 con gara 6 alla Conseco Fieldhouse. Se non avessimo visto l'andamento della serie, verrebbe naturale dare Indiana come ovvia favorita.
Avendolo visto, puntare due euro ora sui Celtics potrebbe rivelarsi una mossa lungimirante. Glenn Rivers permettendo, ovviamente.