E ora, attenti ai SuperSonics!

Ray Allen, il condottiero dei Sonics

Sgoccioli e gocciole di Regular Season. Pura formalità , per i Seattle Supersonics. Le ultime due partite, come spesso accade in questi casi, le giocano chi il campo lo ha visto pochino. Magari quel rookie cui nome e cognome rievoca l'indimenticato Human Highlight film, Damien Wilkins. Più minuti -forse- anche per Nick Collison, altro primo anno dalle belle speranze che qualcosa di buono l'ha fatto vedere. Bricioline -chissà – anche per Potapenko. Poi però basta. Poi, sarà  il momento dei playoff.

Il digiuno è durato tre anni. Non tanti, nemmeno pochi, il giusto. Il giusto per ricostruire. Bravo Nat. Bravi Sonics. I fantasmi di Kemp, Payton e Schrempf sembrano finalmente lontani perché Seattle ha di nuovo una sua identità . Le stagioni che gli addetti ai lavori definiscono "di transizione", quelli in cui si galleggia fra 30 e 40 vittorie, quelli degli ormai accademici "non siamo né forti né deboli, aspettiamo" che magari peschiamo un rookie bravo subito" speriamo in un bel "steal of the draft"" facciamo scadere i contratti più pesanti" chissà  che non ci capiti una stagione mediocre da prima scelta Nba" vediamo valutiamo attendiamo"" sono giunti al termine. In realtà  si sono conclusi nel 2004. Ma tutto a inizio stagione sembrava che questa tiritera fosse perfetta anche per il 2005.

E invece no. Nessun segreto particolare, nessun grande rookie che ha fato la differenza né superstars arrivate dal supermercato dei free agent.

Piuttosto bisogna fare i complimenti al vecchio - si fa per dire – McMillan, Sonic da una vita, lui che nel 1988 giocava con Alton Lister e Russ Schiene entrambi imberbi, li ricordate in Italia? Ha lavorato bene Nat. Benissimo. Valorizzando da una parte i giovani arrivati dal college: si è parlato tanto di Robert Swift ma le vere sorprese sono state, già  accennato, Collison e Wilkins, arrivati quasi nell'anonimato e con il numero di scelta ben più basso. . Nessun fenomeno per carità  ma tutti con buone potenzialità , prospetti mica da sottovalutare insomma.

E poi complimenti alla squadra. Ai giocatori. Ognuno -quasi- ha interpretato la sua parte come meglio non poteva fare. Dai big -Ray Allen davanti a tutti, fra i candidati all'Mvp dell'anno per quanto siano LbJ, Shaq e Nash i favoriti-, agli specialisti in cerca di riscatto -Daniels e Fortson-, fino ai carneadi su cui l'head coach ha voluto puntare senza mezzi termini -Ridnour e Evans, quintetto base e fate quello che dovete fare, uno playmaker l'altro ala forte titolare così, da un giorno all'altro, quando solo l'anno prima i due avevano cifre ridicole, quasi "fisiologiche" se mi si passa il termine.

E' andata bene. Forse fin troppo. A lungo Seattle è stata la migliore squadra dell'Ovest assieme ai Suns di Nash e Stoudamire. Concluderanno la regular season con il terzo record della Conference. Un risultato inaspettato. Come d'altra parte lo è quello di Phoenix, prima potenza dell'Ovest. Tutto questo quando a inizio stagione si faceva a gara nel pronosticare il solito grande Garnett con i suoi Wolves, o i Super Jazz dalla frontline da urlo o magari i giovani Lakers, senza Shaq ma con una nuova marcia in più e un Kobe immarcabile. No. Questo è stato anche e soprattutto l'anno dei Sonics. Contro ogni aspettativa.

Ora però è giunto il momento della verità . Playoff. Si fa sul serio e via libera con altre 10 frasi fatte che su questo argomento ce ne sono migliaia. La squadra è forte, imprevedibile ma arriva da una serie di sconfitte -sei- dovute a infortuni su infortuni. Eppure, alzi la mano chi vuole i Sonics avversari al primo turno…

La domanda cruciale è: le loro vittorie - 52, al momento in cui scrivo – sono frutto di una continuità  che avrà  la sua perfetta prosecuzione nei playoff, o tutto finirà  con le partite che contano?

Rispondere è difficile. Di certo i Sonics devono buona parte della loro straordinaria stagione a Ray Allen, alla sua ritrovata voglia di giocare (ha perfino voluto partecipare alla gara da tre dell'All Star Game) ma anche al tiro dal perimetro in generale. Terrificante, per gli avversari s'intende, e preciso come non mai.

Fucilieri di tutto rispetto vestono la maglia gialloverde -e pensare che è andato via Brent Barry-. Oltre a Jesus c'è Radmanovic in primis, due metri e dieci di tiro morbido e letale forse mai come quest'anno per quanto abbia cifre leggermente inferiori rispetto al 2004 (10 punti contro 12). Grande, grandissimo il contributo anche di Lewis, finalmente schierato come "Tre" puro quale è con meno responsabilità  a rimbalzo.

Lui, con Allen, supera i 20 punti a partita. In questo, Seattle è fra le poche squadre a vantare un record simile. E poi Daniels, Ridnour, Flip Murray. Tutti giocatori che hanno nel tiro da tre punti un'arma efficace e incisiva.
Tempo fa si diceva: beh, finché dura Seattle può andare ovunque. Vincere con chiunque. Anche nei playoff? Eh. La mano tremerà  o attente squadre dell'ovest che i Sonics diventeranno anche Super ora che iniziano le partite che contano?
Carattere ed esperienza, i punti deboli potrebbero essere questi. Perché in quintetto, con Allen e Lewis, ci sono tre giocatori che i playoff non sanno nemmeno che sapore hanno.

Ridnour, James e Evans. Due giovani con massimo tre stagioni alle spalle giocate da dodicesimo uomo o quasi e un mezzo mestierante -fino a un anno fa- senza né carne né pesce.

La panchina? C'è Daniels, fra i migliori sesti uomini della Lega e dal passato vincente accanto a un certo Tim Duncan. Poi giovincelli e basta, da Damien Wilkins a Radmanovic, da Collison a Ronald Murray. Ragazzi dall'esperienza (quasi) inesistente che potrebbero farsi schiacciare dalla pressione della post-season.

Dimenticavamo Fortson. No beh, dimenticarlo è difficile. Il fatto è che il Samurai non sta facendo bene. Un po' per i suoi cronici problemi di falli, sempre troppi, troppissimi. Un po' per problemi di tipo caratteriale -se deve dire una cosa al coach gliela dice in faccia e senza mezzi termini, ma il fatto è che lui di cose da dire ne ha ogni giorno e a Nat a fine stagione gli girano anche un po'-. Per non parlare poi degli infortuni, che non lo hanno lasciato in pace sin dalla prima partita di campionato.

E a proposito di infortuni, ultimamente Seattle vede solo nero scuro. Radmanovic rischia di non giocare i playoff per problemi a una gamba. Daniels e Lewis sono stati fuori per diverse settimane, senza di loro i Sonics sono colati a picco perché Allen è uno che gioca lontano dalla palla e da solo non basta: il risultato è stato sei sconfitte di fila e grande paura che il fattore campo svanisse proprio all'ultima giornata di regular. Antonio e Rashard ora sono tornati ma è evidente che non possono essere al meglio da subito.

Infine c'è anche un altro fattore non indifferente. Forse è un impressione e basta, ma tant'è. Ogni giocatore di Seattle ha il suo ruolo definito, il suo compito. Se non lo svolge, tutto salta. Se uno di loro viene a mancare laddove non può farlo, allora il giocattolo s'inceppa e la musica si interrompe.

Se Ridnour s'infortuna o gioca male non ci sono sostituti in grado di rimpiazzarlo. Evans è l'unico difensore valido sui lunghi (e non è che sia una montagna, poco più di due metri). Fortson è un'incognita. Sexy James nel ruolo di centro più di tanto non regge. Ron Murray è rimasto in freezer troppo tempo per non far rimpiangere Allen se ce ne fosse bisogno. Insomma. Seattle è un giocattolo quasi perfetto ma al tempo stesso delicato. Ogni pezzo ha una sua importanza. Indipendentemente che si chiami Allen o Radmanovic. Si rompe uno, si rompe tutto.

Sacramento sembra l'indiziata numero uno a pescare i gialloverdi al primo turno. Aspettiamoci punteggi molto alti perché la difesa non è nel dna né dell'una né dell'altra squadra. Ma se le triple non entrano allora meglio non escludere punteggi bassi. Sì perché anche i Kings hanno nel tiro da tre un'arma più che pericolosa (Mobley, Bibby, Peja, House, Mo Evans). L'assenza di Brad Miller potrebbe tuttavia fare buon gioco ai Sonics. Skinner è un giocatore solido ma non troppo pericoloso in attacco. Un cliente insomma abbordabile per James e Collison, perfetto per uno come Fortson.

Il problema si chiama Bibby, perché Ridnour è un playmaker con tanto fosforo, tanto atletismo ma poca, pochissima difesa nelle gambe e senza quella, anche la benzina negli attributi finisce presto: per questo Daniels potrebbe tornare molto utile per limitare i danni ma c'è il rischio che poi perda lucidità  in attacco, vero punto di forza di Antonio. Allen con Cut Mobley dovrebbe avere la meglio (fortuna per lui che non c'è più Christie).

Anche Lewis - se in forma difensore eccellente – dovrebbe partire avvantaggiato su Stojakovic, anche se il gioco perimetrale del serbo potrebbe tenerlo lontano dal canestro (senza contare che dalla panchina uscirà  Radmanovic, dal gioco molto simile a Peja).

In questo senso Evans (promette scintille il suo duello con un attaccante -e della sua altezza- come Kenny Thomas) verrebbe lasciato troppo solo là  in mezzo e con gente come Skinner e Williamson c'è da stare attenti. Le carte per una serie combattuta ci sono. Ma Seattle ha anche le carte per vincerla.

Non solo Kings. Ci sono serie possibilità  che ad Allen e compagni capitino i Rockets di Houston. E qui, le cose si complicano. T-Mac è una variabile impazzita. Un giocatore così Sacramento non ce l'ha, un giocatore in grado di fare tutto in qualunque momento. I Sonics hanno d'altra parte l'arma per disinnescarlo, Lewis, e se sarà  così aspettiamoci scintille e spettacolo -Rashard sentirebbe la serie come nessun altro: è nato a Houston e ha sempre desiderato giocare nei Rockets-.

In più c'è Yao Ming. James può metterla sul piano fisico, così come Fortson che però gli deve più di 20 centimetri. Stesso discorso vale per Evans, che avendo Weatherspoon di fronte potrebbe pure permettersi di aiutare un po' di più sul cinese. Ma teoricamente Yao dovrebbe far sfracelli, specie adesso che sta attraversando un periodo di forma più che buono. Occhio anche a Sura, che fisicamente è superiore a Ridnour, forse l'anello più debole di questi Sonics bellissimi ma di cristallo.

I razzi non li infrangeranno ma Rey Allen dovrà  caricarsi la squadra sulle spalle, a maggior ragione se Lewis dovrà  versare ettolitri di sudore difendendo su McGrady. I Rockets non avrebbero avversari da piazzare su Rey così come Seattle non può fermare Yao. La differenza potrebbe allora arrivare dalle panchine.

Interessante potrebbe essere il duello a distanza tra Mike James e Antonio Daniels, una sfida all'ultima fucilata. Con Yao e Mutombo in mezzo all'area, Seattle avrà  un motivo in più per aggiustare il mirino dal perimetro.

E se Seattle passa il primo turno? Eh. Signori, una cosa alla volta. Se passa, ecco Phoenix, o più probabile San Antonio se allontanerà  i fantasmi di Denver più agguerriti che mai. Ma lì sarà  tutta un'altra musica. Asse playmaker centro, asse Parker-Duncan (e Nash-Stoudamire per i Suns). Roba pesante. Chi gli si manda contro, Ridnour-James?

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