Kobe Bryant copre il viso: è l'uomo nel mirino e, assieme, pietra angolare dei prossimi anni
Sta finendo così, nella maniera più ingloriosa possibile, la prima stagione dei Los Angeles Lakers post Shaquille O'Neal; "E' questione di giorni", sospira Frank Hamblen, che non ne può più e probabilmente ha abdicato già da un po'. Le notizie giungono frammentarie da El Segundo: il portavoce, John Black, parla di allenamenti molto intensi, "perché - assicura - la stagione è andata male ma questa squadra gioca per se stessa e per i tifosi"
In realtà l'unica giocata, degna di nota, delle ultime settimane è stata una feroce schiacciata di Bryant che non ha ancora smesso di lasciare il suo personalissimo imprinting sul gruppo. Vittima della Tomawakh il povero Luke Walton.
Che l'aria sia pesantissima lo si è notato ancora di più in occasione della sconfitta casalinga 108-97 contro i Suns allo Staples Center. Per quella sera Jeanie Buss aveva organizzato una celebrazione cui teneva molto per i 20 anni del titolo dell'85: Jerry West, Pat Riley, Magic, Kareem Worthy. Tutti insomma: la squadra che battè per la prima volta in finale i Celtics, dopo il massacro del Memorial Day in gara1. Alla conferenza stampa di presentazione il solito efficientissimo capo delle Relazioni Esterne s'è affrettato a spiegare ai giornalisti che sarebbero state accolte solo le domande su quella stagione.
Qualcuno, malignamente, ha commentato che sullo stesso terreno di gioco si sono ritrovate la miglior versione dei Lakers e la peggiore di sempre. Difficile sostenere il contrario con un record, al momento in cui si scrive, di 34-45, la quarta "non-partecipazione" alla post season in 45 anni a Los Angeles e i Clippers di poco sopra in classifica. "Che senso ha - ha commentato ancora Hamblen - perdersi in questa rivalità cittadina con due squadre con record perdente."
Da giorni, tramite l'Ufficio Stampa, Jerry Buss fa sapere di non voler essere intervistato. Mich Kupchack è stato avvistato prima al Portsmouth e poi nell'Indiana per visionare alcuni liceali.
Per questo motivo, il solo Magic Johnson, nella sua veste di proprietario di minoranza, ha rilasciato un commento ufficiale: "Un'altra stagione di questo tipo - ha detto non è accettabile. Penso che, alla nostra età , noi Lakers dell''85 potremmo ancora batterli."
E' finita come doveva finire. Diversi analisti hanno cercato di trovare il singolo momento in cui la stagione dei Lakers, che fino a febbraio, sono stati a un tiro di schioppo dai playoffs, è drasticamente cambiata. Nella realtà non c'è: il calendario, piuttosto morbido nei primi due mesi è diventato impietoso dall'All Star Game in poi. Nel frattempo si era già dimesso Rudy Tomjanovich, l'allenatore che avrebbe dovuto guidare il nuovo ciclo.
"Quando cambi la tua squadra in maniera così drastica - ha detto recentemente il solito Hamblen - è difficile ottenere qualcosa di positivo . Per lo meno, io non l'ho mai visto da quando sono in questa lega." Il cambio dell'allenatore in corsa, gli infortuni di certo hanno avuto il loro peso. Ciò non toglie che tutto questo serve a mascherare come il front office abbia sbagliato ogni scelta tecnica dalla cessione di O'Neal in poi. Proviamo per un attimo a sbarazzarci dell'idea che scambiare uno dei tre pivot più importanti della storia del gioco per alcuni "non-All Star" è, nel migliore dei casi, un azzardo.
Da quel giorno i Lakers si sono affidati a una serie di "slasher", Kobe, Butler, Odom stesso sono giocatori atletici che per essere efficaci devono mettere palla per terra, per poi consegnarli all'allenatore che, storicamente, propone un sistema offensivo stanziale e il maggior numero di isolamenti possibile. La proprietà se n'è accorta, con un certo disappunto, a cavallo del nuovo anno.
I problemi psicologici, del tutto reali, per carità , di Rudy T sono caduti "a fagiolo" per giungere a una soluzione. La ricca buonuscita ottenuta dal "Rocket Man" fa capire che si sia arrivati a una transazione. Con una presenza più frequente di Vlade Divac, al posto di Chris Mihm, le cose sarebbero poi cambiate di tanto? Il serbo è un supremo passatore ma la pallacanestro, come ogni sport, non può prescindere dalla componente atletica che, nel caso del "presidentissimo", era apparsa in vistoso calo già nell'ultima fase della stagione scorsa. Forse sarebbe il caso di "recuperare" i 5.4 milioni di dollari che spetterebbero al giocatore per l'anno prossimo.
Con l'arrivo del nuovo, si fa per dire, allenatore è ricomparsa una simil "continuità offensiva" che è andata a farsi benedire nei momenti di difficoltà per i limiti individuali dei giocatori, perché cambiare l'anima di una squadra in corsa è quasi impossibile e perché Bryant l'ha regolarmente mandata a pallino. La squadra è presto ricaduta nel peccato originale del tiro da 3: 1720 tentativi col 35.6%.
Per non parlare di una difesa imbarazzante: una coperta troppo corta in cui gli esterni, non protetti dai lunghi, sono sembrati pessimi difensori da perimetro e i lunghi, presi d'infilata, hanno palesato limiti di centimetri e verticalità spaventosi.
Il più penalizzato
Un attacco di movimento è assolutamente imprescindibile se si deciderà di ripartire da Lamar Odom: è l'unico sistema per riprovare a farlo convivere tecnicamente con Bryant. Per mesi l'ex Rhode Island è sembrato il corpo estraneo della squadra: costretto a tirare sugli scarichi, è sembrato, al classico alieno sbarcato da Marte, giocatore meno forte di Atkins, Jumaine Jones, addirittura Brian Cook.
Il giocatore ha prima fatto sapere di voler rientrare per le ultime 3 gare e poi deciso di farsi operare alla spalla infortunata contro Indiana: "Ho scelto questa via - ha spiegato il giocatore - perché col riposo la situazione non migliorava." L'ex Clipper sarà operato questa settimana: ci vorranno almeno 3 mesi per ricominciare a maneggiare una palla da basket. "Di solito - ha spiegato Hamblen - in estate si lavora per migliorare dal punto di vista individuale. Però un po' di riposo potrebbe giovargli visto che l'anno scorso ha giocato le Olimpiadi."
Il suo contratto, che perde attrattiva per le condizioni fisiche attuali, da 51.2 milioni di dollari è in bilico. Los Angeles potrebbe decidere di utilizzarlo per muovere qualcosa sul mercato. Anche se, scambiare dopo una sola stagione il giocatore che sembrava il pezzo pregiato nello scambio con Shaq, sarebbe un'inequivocabile ammissione di fallimento.
Il ruolo di Bryant
Nella realtà dei fatti la valutazione da fare nel caso di Odom è la sua effettiva possibilità di scendere a patti con Kobe. I due non si amano molto: Odom ha ripetutamente chiesto al suo agente informazioni sulla possibilità di cambiare aria. A microfoni spenti il suo amico Dwyane Wade ha ammesso confidenze di questo tipo.
Al momento il preferito dell'ex Lower Marion sembrerebbe Caron Butler, che effettivamente sta finendo molto forte, e pare aver raggiunto un buon grado di fiducia nei suoi mezzi. Curiosamente Butler e Odom hanno la stessa media punti: 15.2 a partita che, però, lasciano un'impressione ben diversa.
Tornando a Bryant: chiaramente, a 26 anni, è lui la pietra angolare di questa squadra. Non solo per il suo contratto da 136 milioni di dollari che, tra l'altro, prevede una clausola che impedisce ogni scambio per due anni. Il talento, la forza del giocatore, non sono in discussione. Esattamente come il fatto che questo talento risaltava molto di più nel sistema dell'anno scorso. Vedere il suo 43.2% dal campo e la sua "testardaggine tecnica" che spesso lo fa infilare dove la difesa lo aspetta.
Il livello di popolarità del giocatore è minimo: per la "cospirazione" che ha causato l'allontanamento di Phil Jackson e Shaq, per il diverbio con Malone e, lontano da Los Angeles, per la ben nota vicenda giudiziaria. I giocatori non lo sopportano. Atkins, il compagno con la lingua più lunga non perde occasione di punzecchiarlo anche davanti ai giornalisti. Segnale che, forse, ritiene contati i suoi giorni in gialloviola.
Per spostare l'attenzione del figlio di Jelly bean si disquisisce sull'identikit del giocatore da affiancargli; allo stato attuale è difficile trovare un'altra stella da back court e sperare che sia efficace con pochi palloni per le mani. La soluzione migliore, ne siamo convinti, è un giocatore di ruolo, sullo stile di Ron Harper, in grado di segnare su scarichi occasionali. L'importante è che questo giocatore organizzi il gioco e tolga la palla dalle mani di Kobe sul nascere dell'attacco. In modo da ricercare l'eventuale seconda stella in front line. Sempre ammesso che Kobe accetti una situazione di questo tipo. Dalle sue parole, traspare la tradizionale cocciutaggine del giocatore: "Siamo in una situazione difficile - ha detto recentemente - ma se saremo determinati al punto giusto ne usciremo a partire dal prossimo anno."
Il passato e il futuro
Sarà il ruolo del nuovo allenatore: diventare il primo mentore di Kb8 dal suo ingresso in Nba. Phil Jackson, che si è presentato nella suite imperiale fra Jerry e Jeanie Buss per la sconfitta con Houston, non c'è riuscito. Difficile ci voglia riprovare. Larry Brown è il nome più ricorrente, forse il più possibile. Kupchack probabilmente lo sentirebbe come una scelta imposta e opterebbe per Roy Williams, per il fascino dell'alma mater, North Carolina, la stessa del coach dei Pistons, che per effettiva razionalità .
E' chiaro che la scelta sarà cruciale. Anche perché a livello di parco giocatori non è facile muoversi.
Abbiamo detto di Divac. Brian Grant ha due anni di contratto a quasi 30 milioni di dollari e una lista di tendini e ossa doloranti. Era parsa una follia già dal primo momento. Devean George potrà scegliere se diventare free agent o accettare 5 milioni di dollari per l'anno prossimo. Dopo questa stagione tribolata è facile che rimanga. Così non ci sarà molto spazio per nuovi giocatori.
"Ci attendiamo qualcosa - ha detto Atkins - un movimento di mercato. E' normale per squadre in queste condizioni, specie se, come i Lakers, hanno tradizione ad alto livello."
"Sappiamo - ha aggiunto Luc Walton – che per tutti, tranne Kobe, queste potrebbero essere le ultime gare con questa maglia." Los Angeles però non vuole, per politica del club, andare oltre il salary cap.
Alcuni insider ritengono probabile la soluzione interna per la panchina. Kurt Rambis, più di Brian Shaw. Di certo Hamblen ambisce a tornare assistente allenatore, possibilmente al fianco del "nuovo" Phil Jackson.
"Per costruire una squadra competitiva - ha spiegato di recente Jerry West, come detto coinvolto nelle celebrazioni - serve stabilità : i Lakers non ne hanno avuta. Io non sono qui per cercare un nuovo lavoro: sto bene a Memphis e intendo onorare il mio contratto."
Jerry West sa bene che, una volta costruito un roster sontuoso, l'ultima dinastia è iniziata quando Phil Jackson è arrivato a gestirlo. Chissà se si è reso conto che designare Kupchack come suo successore è stata la sua mossa più sbagliata.
Siamo moderatamente pessimisti sulla possibilità che Los Angeles si presenti all'inizio della prossima stagione con un roster comparabile a quello del 2000. Quindi ci vorrebbe almeno l'allenatore di peso per dare la stabilità e una direzione. In modo da chiudere definitivamente con un passato che, prossimo o remoto, è sempre ingombrante quando si è alle prese con una ricostruzione.
Anche perché la situazione è pesante: ripresentare onesti mestieranti di insostenibile modestia come Atkins e Mihm sarebbe "tragico". Ma l'alternativa ancora non appare all'orizzonte.