I 39 punti di Wade contro Chicago hanno regalato a Miami il miglior record della Eastern Conference
Vi ricordate "The Combo", "The 1-2 punch", la coppia formata da Shaquille O'Neal e Kobe Bryant che, all'inizio di questo millennio, diede tre titoli consecutivi ai Los Angeles Lakers? Roba vecchia, da antiquariato; Miami si è presentata a New Orleans, reduce da tre sconfitte esterne consecutive. Gli Heat hanno vinto 111-99 con 67 punti in coppia di Shaq e Dwyane Wade. In conferenza stampa il pivot da LSU s'è sentito chiedere chi, fra Flash e KB8, sia meglio: "Wade, direi", è stata la risposta.
La vittoria contro Chicago 104-86 ha regalato alla squadra della Florida la certezza del vantaggio del fattore campo. Le tre sconfitte di fila a Houston, Charlotte e Indiana hanno levato qualche possibilità di ottenere quello generale. Con un record di 23-14 lontano dall'American Airlines Arena non è certo il caso di strapparsi i capelli. Di certo il rendimento della squadra fuori casa sarà decisivo per l'esito della post season.
"Non è un problema giocare fuori - ha detto Damon Jones - semmai abbiamo fornito un paio di prove ad un livello di energia piuttosto basso." Vero: la gara con i Bobcats è stata la partita del "disinteresse collettivo", subito dopo la vittoria su Phoneix. Anche alla Conseco Field House, gli Heat hanno "dosato" lo sforzo difensivo anche nel quarto periodo. Eppure hanno avuto una consistente chance per vincere sul 92-86 a meno di 2 minuti dalla fine dei regolamentari.
Diversa l'analisi del coach: "Nelle ultime partite - ha spiegato l'allenatore - gli infortuni (Eddie Jones e Christian Laettener ndr) hanno variato un po' la nostra abituale rotazione. Mi aspetto qualcosa di più dai "sostituti". Ad Indianapolis Shandon Anderson ha sostituito in quintetto Eddie Jones: Qyntell Woods e Steve Smith hanno avuto più minuti del solito già nel secondo periodo. Qualcosa di simile è successo anche ad Alonzo Mourning. "Questi ragazzi – ha aggiunto Van Gundy - devono dimostrarmi qualcosa se vogliono ottenere minuti nei momenti che contano. Non è un problema di produzione individuale. Mi interessa il comportamento della squadra con loro in campo" Chimica è la parola magica.
"C'è una buona atmosfera in squadra; siamo fiduciosi per i playoffs", ha assicurato recentemente Shaq che, con 25 punti e 11 rimbalzi è stato nominato miglior giocatore della Eastern Conference per il mese di marzo. "O'Neal e Wade - ha spiegato Van Gundy, il miglior coach di marzo, dopo la vittoria contro gli Hornets – hanno giocato una grande gara con il giusto atteggiamento aggressivo. Ma abbiamo bisogno che gli altri facciano qualcosa di più."
A New Orleans Damon Jones, che sta attraversando un momento di notevole ispirazione e fiducia, ha aggiunto 22 punti. Anche se l'allenatore assicura di non aver ancora pensato al primo turno di playoffs, è chiaro che le sue parole devono essere proiettate a questa fase della stagione. La storia del gioco dimostra come, nelle squadre vincenti, il rendimento delle stelle oscilla di poco fra casa e trasferta.
Paradossalmente fa più la differenza l'atteggiamento, più che il rendimento, del supportin cast. I Bulls di Jordan viaggiavano realmente a pieno regime quando Harper, Kerr e Kukoc erano aggressivi e produttivi. I Los Angeles Lakers hanno cominciato a dominare realmente una volta che Fisher, Horry e Fox hanno iniziato a segnare tiri importanti nei momenti caldi.
Per giocare bene fuori casa nei playoffs serve personalità e esperienza. A quest'ultima voce Miami non è messa benissimo: il solo Eddie Jones ha un'esperienza consolidata di post season, nemmeno troppo brillante se vogliamo essere pignoli. Christian Laettener è un giocatore che, comunque sia, sa stare in campo.
Damon Jones però è alla sua prima vera stagione di vertice. Michael Doleac e Kenion Dooling sono nelle stesse condizioni. La terza batteria, formata da Shandon Anderson, Steve Smith e Zo Mourning è messa meglio. Ma sono gli uomini che devono ancora dimostrare qualcosa al coach.
Prevedere la post season degli Heat è abbastanza facile: Shaq e Wade valgono tra i 50 e 60 punti. Da 60 in su gli Heat perderanno poche partite. Da 50 in giù ne vinceranno poche. Fra 50 e 60 conteranno appunto l'atteggiamento degli "altri" e la capacità di Wade, che per status può essere sovrapposto al Bryant del primo titolo, di essere incisivo nei finali combattuti.
Si tratta, a seconda di come la si vuol vedere, della formula magica o della scoperta dell'acqua calda. Il punto è che gli Heat non lo possono sapere. Fondamentale sarà la "sensibilità " dello staff tecnico nel trovare di volta in volta il giocatore "in tiro" e recuperare