Pacers: una stagione stregata

In queste ultime partite della carriera, Miller sta giocando alla grande…

E' chiaro che la stagione dei Pacers è cambiata il 19 novembre, giorno della super-rissa in mondovisione tra i giocatori di Indiana e i tifosi dei Pistons. Allo stesso tempo, però, è probabilmente troppo semplicistico affermare che la rissa è stata la causa dei problemi della squadra di Rick Carlisle in questa stagione. Anzi, probabilmente è vero il contrario: i problemi dei Pacers sono all'origine della rissa.

Per capire meglio il concetto facciamo un salto indietro di un anno, ai playoffs della stagione scorsa. Indiana aveva iniziato la post season forte del migliore record della lega, che le sarebbe valso il vantaggio del fattore campo anche per l'eventuale finale. Ad Indianpolis erano convinti di avere le carte in regola per arrivare fino in fondo e, dopo aver eliminato Boston (4-0) e Miami (4-2), hanno trovato nella finale della Eastern Conference, i Pistons. La serie è molto intensa, poco spettacolare e piena di tensioni di ogni tipo.

Infatti, come se non bastasse la normale rivalità  che si instaura tra due squadre che hanno la stesso obbiettivo, la serie viene presto riscaldata da una serie di polemiche (come i mal celati problemi tra coach Rick Carlisle, licenziato in malo modo l'estate prima dai Pistons, e i giocatori e il management della franchigia del Michigan) e provocazioni (per esempio quando Rasheed Wallace garantisce una vittoria di Detroit nella partita successiva, con lo scopo massimo d'innervosire gli avversari).

Dopo sei partite, sono i Pistons ad avere la meglio, conquistandosi il diritto di continuare la loro corsa nei playoffs che li avrebbe poi sorprendentemente portati alla conquista del titolo contro i Lakers. E' probabile che qualcosa, nel meccanismo dei Pacers, si sia rotto proprio in quel momento.

Un'altra avvisaglia dei problemi di Indiana si è avuta durante l'estate, con l'apertura del mercato. Opinione comune era che Larry Bird avrebbe mantenuto l'ossatura della squadra, ben consapevole che i giocatori che aveva sotto contratto erano arrivati a un passo dalla finale NBA, e che dunque il gruppo andava bene e necessitava solo di qualche ritocco. Invece Larry Legend è stato molto attivo sul mercato, provando prima a prendere Tracy McGrady e poi scambiando Al Harrington per Stephen Jackson; questi movimenti dimostrano che all'interno dei Pacers si sentiva la necessità  di cambiare qualcosa.

Con la fine dell'estate e l'inizio del training-camp i Pacers sono ancora tra i favoriti anche per il titolo finale: hanno un ala forte dominante, uno dei primi quindici giocatori della lega in Jermaine O'Neal, hanno il miglior difensore in Ron Artest e, intorno a loro, un'insieme di giocatori di talento, dall'eterno Reggie Miller, all'estroso playmaker Jamal Tinsley (tranquillizzato anche dalla firma di un nuovo contratto da 40 milioni di dollari in sei anni) passando per il centro Jeff Foster, il talento inespresso di Bender e il nuovo acquisto Jackson.

I problemi però sono in parte già  iniziati, visto che Bender, atteso ancora una volta alla stagione dell'esplosione dopo aver lavorato tutta l'estate agli ordini del preparatore atletico Mackie Shillstone, s'infortuna al ginocchio in uno scontro con Jon Barry in una partitella. Da questo momento inizia per lui un calvario, fatto di un'operazione e di sole sette partite giocate in tutta la stagione.

Inoltre, verso la fine di ottobre Reggie Miller si rompe una mano ed è costretto pure lui ai box; l'assenza di Reggie non è da sottovalutare, in quanto è vero che il contributo di Killer Miller è andato diminuendo con l'avanzare degli anni, ma non si deve sottovalutare il contributo di carisma e esperienza che un giocatore della sua classe può dare.

Come se non bastasse, con le prime partite della stagione, Ron Artest, rimasto sorprendentemente sotto controllo la stagione prima, combina il primo guaio, chiedendo a Carlisle un mese libero da allenamenti e partite per promuovere il disco delle Allure, un gruppo musicale che lui produce con la sua casa discografica. Il coach dei Pacers (ovviamente) rifiuta il permesso, Artest si scusa ma la frittata ormai è fatta. Oltre ad essere diventato oggetto di scherno da parte di tutta la lega, Ron ha probabilmente rovinato definitivamente il già  non idilliaco rapporto con i compagni e lo staff.

Siamo così arrivati al 19 Novembre, al Palace di Auburn Hills, al fallaccio di Artest, alla reazione di Ben Wallace, la birra che cade dagli spalti, la corsa del numero 91 per farsi giustizia, le botte, le sedie e i popcorn che volano. Due giorni dopo arriva la mazzata per i Pacers, sottoforma di squalifiche: 25 giornate a JO (poi ridotte a 15), 30 a Stephen Jackson e 73 (vale a dire tutta la stagione) più i playoffs per Artest.

Gli Indiana Pacers si ritrovano con la squadra decimata, senza i tre migliori giocatori, perdono la prima gara con Orlando ma poi conquistano due importanti vittorie contro Boston e Minnesota e cercano di tappare i tanti buchi con l'ingaggio in emergenza di giocatori non eccezzionali come Eddie Gill, Tremaine Fowlkes e Britton Jonsen.

Ma, come si suol dire, quando piove, grandina. In questa fase, infatti, i Pacers sono anche decimati dagli infortuni (Pollard, Foster, Miller, Bender) e a poco valgono le ottime e inattese prove di Fred e James Jones. A questo punto la stagione è in salita, e si attende con ansia il ritorno sui campi di O'Neal (25 dicembre) e Jackson (26 gennaio) che però non cambiano di molto le cose.
Indiana continua a rimanere intorno al ciqnuanta percento di vittorie, mentre la stagione procede, in campo, senza particolari guizzi e senza cadute travolgenti.

L'ambiente però non è sereno, come dimostrato dal fatto che sono insistenti le voci di uno scambio che coinvolge Artest (alla pari per Stojakovic), dando per scontato che il ragazzo di New York difficilmente rivestirà  la maglia dei Pacers, e dalle polemiche inutili che nascono per ogni facezia, come quando JO venne criticato perchè in una partita contro San Antonio, in cui aveva deciso di donare mille dollari per ogni punto segnato alle vittime dello tsunami, mise a segno "solo" 32 punti (mentre nella partita precedente, contro Milwaukee, ne aveva segnati 55).

Una partita dopo l'altra si arriva all'inizo di marzo, quando un'altra tegola cade sui Pacers: O'Neal s'infortuna alla spalla contro Denver e chiude con un mese d'anticipo la regular season. Al momento in cui scrivo i Pacres sono 6-6 senza il loro big man. Inoltre ad Indianapolis devono fare a meno, a tempo indeterminato, di Jamal Tinsley, infortunato al piede e probabilmente in campo solo nei playoffs.

In conclusione è chiaro che nei Pacers di questa stagione ci siano stati dei problemi tecnici, ma questi sono stati messi in secondo piano da avvenimenti esterni di ogni tipo. Alla fine, quello che più è mancato ai ragazzi di coach Carlisle è la continuità , come testimoniano i 27 quintetti diversi messi in campo, i 17 diversi giocatori che hanno iniziato una gara e le 367 partite perse da vari giocatori del roster.

E nonostante tutto i Pacers sono ancora lì a lottare (in questo momento sarebbero ai playoffs con un bilancio di 36W e 34L) per realizzare il loro obiettivo: non si parla più di titolo, però, ma di playoffs, che sarebbero comunque un grande risultato. Con un rammarico più grande degli altri, rappresentato dall'impossibilità  di regalare, nella sua ultima stagione in campo, il tanto atteso e meritato titolo a Reggie Miller

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