L'era di Randy Johnson a New York comincia con una vittoria.
Per i tifosi e gli appassionati di MLB di tutto il mondo non poteva esserci un ritorno migliore al baseball giocato dopo i lunghi mesi invernali di off-season.
Un calendario che nell'Opening Day, o meglio nell'Opening Night vista l'ora prevista per il primo incontro della stagione, mette di fronte la squadra più vincente della storia del gioco ed i campioni in carica freschi di beffa perpetrata nei confronti di destino, maledizioni, sfortuna e leggende, è quanto di meglio le Majors potessero offrire per il loro ballo di debutto 2005.
Tutto questo, e non solo, doveva essere ed in parte è stato New York Yankees-Boston Red Sox, primo capitolo della rivalità non solo sportiva tra le due metropoli della costa Est degli States, divise da pochi chilometri ma molto distanti come tradizioni, storia ed idee politiche.
Doveva essere innanzitutto il grande ritorno dei Bronx Bombers allo Yankee Stadium, teatro dell'amara eliminazione nelle Championship Series del 2004 e dell'entrata nella storia dei padroni di casa, per una volta, dalla parte sbagliata.
E l'accoglienza del popolo pinstripes nei confronti della nuova edizione dei propri beniamini intenzionati a riportare nella Grande Mela un titolo che manca ormai da cinque anni è stata delle più calorose: ballpark completamente esaurito ed atmosfera, dovuta anche ad un clima quasi autunnale, simile a quella di post-season.
L'impressione è che la fame di vittoria della città che non dorme mai sia tornata quella di un tempo, quella del periodo relativamente magro dell'era pre-Joe Torre, e che tutti i successi arrivati durante la gestione del manager italo-americano non abbiano intaccato l'amore per il gioco e l'attaccamento alla squadra dei newyorchesi.
C'era però molta attesa anche per scoprire quale accoglienza sarebbe stata riservata ai grandi avversari degli Yankees, quei Red Sox per tanti anni derisi a causa della mancanza di vittorie ed ora presentatisi nel Bronx con l'anello al dito e senza quel complesso di inferiorità maturato in lustri di dominio Bombers.
Ovviamente gli striscioni inneggianti Babe Ruth e relative maledizioni sono stati riposti, ed anche i cori (“who's your daddy?” per fare un esempio) indirizzati per anni nei confronti delle stelle di Boston hanno subito delle variazioni per via del fervido mercato MLB, ma la sana ironia dell'upper deck dello Yankee Stadium non ha comunque deluso.
“1918-2004-2090: bet on it!” è solo uno dei riferimenti dei tifosi di casa a quella che, sperano a NY, sarà l'attesa per un altro titolo dei Red Sox.
La sfilata dei fans e dei personaggi illustri allo stadio (Billy Crystal, Regis Philbin per fare alcuni nomi) è stata però solo il contorno ad una serata che sul campo prevedeva lo scontro sul monte tra due dei più grandi pitcher dell'era moderna, i due grandi amici ed ex compagni di squadra a Phoenix Randy Johnson e Curt Schilling.
Per il mancino 42enne, 5 Cy Young Award ed un titolo di MVP delle World Series vinto proprio con l'amico “Schill”, questo era un esordio; sì perché anche a 40 anni suonati si può esordire, nel tempio del baseball americano dove “The Big Unit” aveva già giocato, e bene, da avversario, ma mai come pitcher partente degli Yankees.
Purtroppo, ed è questo forse l'unico rammarico per questa serata del tutto speciale, la grande sfida con Schilling non si è potuta concretizzare a causa delle non ancora perfette condizioni della caviglia destra del lanciatore di Boston, operato subito dopo i playoff e non ancora ristabilito per una gara MLB.
Al suo posto per sfidare il line-up di Joe Torre Terry Francona ha mandato un altro personaggio che nella Grande Mela conoscono bene, quel David Wells protagonista di tante vittorie con la maglia degli Yankees ma anche di svariate polemiche con dirigenza ed ambiente.
La sua biografia ed i suoi comportamenti fuori dal diamante non sempre ortodossi lo hanno reso un assoluto idolo di tifosi e giornalisti, una fonte di ispirazione e di notizie dalla quale attingere sempre chicche di inestimabile valore; una su tutte l'ormai storica dichiarazione di parziale ubriachezza in occasione del perfect game lanciato proprio in maglia Yanks.
Ma la parata di stelle non si fermava certo al solo monte di lancio, perché sia Torre che Francona potevano contare su nuove importanti acquisizioni da testare in questo match.
Il manager dei Red Sox è stato quello che ha osato di più, schierando non solo il nuovo short-stop Edgar Renteria ma anche l'esterno centro, dirottato in campo destro, Jay Payton, battitore destro in grado di leggere meglio i lanciatori mancini e difensore più mobile di Trot Nixon.
Joe Torre invece è tornato alla tradizione, con Derek Jeter lead-off ed il nuovo seconda base Tony Womack schierato come ultimo battitore, relegando il vecchio “amore” Tino Martinez in panchina ed affidando il ruolo di clean-up al switch-hitter e prolifico battitore designato Ruben Sierra.
Come ampiamente lasciato intendere dalle interviste del pre-partita Randy Johnson non si è fatto intimidire particolarmente dal fascino della “Scala del baseball”, ed ha iniziato lanciando come sempre ha fatto in carriera, facendo quello che sa fare meglio e per cui è stato chiamato a NY: già due K nel primo inning, vittime lo spaesato Renteria e l'odiatissimo, dallo Yankee Stadium, Manny Ramirez.
Anche David Wells, che per l'occasione sfoggiava un princpio di barba invece del solito folto pizzetto, è partito con il piede giusto, ed a metà del secondo inning si è trovato anche in vantaggio nel punteggio.
Infatti nella seconda ripresa The Big Unit è stato toccato duro da un doppio del solito David Ortiz, vero e proprio spauracchio per la città di New York ed incontrastato dominatore degli incubi dei bambini newyorchesi (della serie “se non fai il bravo mamma e papà ti daranno in pasto a Big Papi…”); alla prima apparizione al piatto della partita ed anche al primo duello in assoluto con il terzo pitcher della storia per strikeout realizzati, Ortiz ha trovato una linea fulminante che ha passato gli interni per finire nel dead corner destro del campo, permettendo all'imponente battitore di arrivare in seconda base non senza qualche impaccio nella corsa.
Lo spettacolo però era solo all'inizio, perché quando Kevin Millar ha incontrato una slider di Johnson facendo gridare quasi tutti all'HR, Hideki Matsui si è cimentato nel più classico dei fuoricampo rubati eliminando al volo oltre le recinzioni il battitore dei Sox.
Inutile descrivere l'esplosione dello Stadium, come inutile descrivere la soddisfazione successiva di Jay Payton nel mettere a segno il primo RBI dell'anno con la sua nuova maglia in un'occasione così importante.
E' infatti stato di Boston il primo punto dell'incontro, ma il vecchio Randy non si è certo fatto intimorire ed ha chiuso l'inning con sicurezza.
Chi invece dopo un discreto inizio si è spento gradualmente è stato Wells, che prima non ha potuto evitare la sacrifice fly dell'esperto Bernie Williams per il pareggio, poi si è dovuto inchinare ai due doppi consecutivi della coppia Jeter-Sheffield che hanno dato il vantaggio ai padroni di casa.
L'attacco di Boston non ha più prodotto nulla di buono, con Johnson che prendeva le misure di Ortiz ed ipnotizzava un distratto Ramirez, con Renteria che cadeva in sanguinosi doppi giochi e commetteva anche grossolani errori in difesa.
La serata dei Bronx Bombers e di “Godzilla” Matsui in particolare invece proseguiva in discesa, con il nipponico battitore di Torre che portava a casa il 3-1 e metteva pressione a Wells protagonista addirittura di un balk (fallo di pedana del lanciatore) che a basi piene costava il punto dell'1-4.
La sostituzione del mancino ex Padres si concretizzava nel quinto inning, ed il rilievo Mike Myers usciva bene da una situazone delicata, basi piene un solo out, con una rimbalzante facilmente girata in doppio gioco.
“The Big Unit” continuava il suo show (6 K in tutto) ma concedeva una piccola chance di rimonta agli avversari, che nella persona di Jay Payton avevano la possibilità di centrare un insperato pareggio nel sesto inning: una base ball ed un singolo di Jason Varitek mettevano con due out i corridori agli angoli, e Payton rappresentava dunque il potenziale punto del pareggio.
La solidità e la sicurezza di Johnson però non tradivano i 55000 dello Yankee Stadium, e l'esterno di Francona era costretto stavolta ad un'innocua grounder che chiudeva l'inning.
La partita sostanzialmente si chiudeva qui, perché il bullpen dei Red Sox non si dimostrava all'altezza ed i Bombers potevano dilagare con facilità grazie ai singoli di Alex Rodriguez ed al fuoricampo da 2 punti del rovente Matsui.
Nel finale il ritorno al piatto di Tino Martinez generava un boato simile a quello riservato all'uscita dal campo di Johnson, autore di una solidissima partita e lanciatore vincente della gara.
Il finale di 9-2 è eloquente ma va preso come il primo di una lunga serie di incontri che vedranno opposte le due formazioni, addirittura 6 volte nelle prime 9 giornate di regular season.
Il primo parziale bilancio parla del solito dominante Randy Johnson, che se supportato dall'attacco potrebbe realizzare una delle sue migliori stagioni di sempre se non altro dal punto di vista statistico; di un David Wells forse non ancora in condizione per essere lo spot starter di una formazione che punta al titolo; di un Edgar Renteria che dovrà migliorare molto il suo atteggiamento in campo e la sua attenzione al piatto per non far tornare alla mente dei tifosi di Fenway Park Orlando Cabrera se non addirittura Nomar Garciaparra; della necessità per Boston di riavere in roster un personaggio carismatico ed un vero leader come Curt Schilling per tornare ad essere la formazione devastante del 2004.
Certo però un solo incontro è veramente troppo poco per formulare giudizi e dare il via a processi sommari, perciò attendiamo la fine di questa serie se non addirittura di quella a Fenway Park della prossima settimana per dire chi tra le due grandi duellanti è partita con il piede giusto.