Jamaal Magloire è probabilmente oggi il miglior giocatore degli Hornets…
Mettiamola così. Poteva andare peggio. Molto peggio. Sì perché tra infortuni, bizze e capricci, i ragazzotti che figurano nel roster attuale, belli, questo sì niente da dire, ma sconosciuti, carneadi, roba da Cba insomma, qualcosina di buono l'hanno pure fatta vedere. E dire che l'inizio è stato imbarazzante. Nient'altro che sconfitte e vittorie chi le ha viste? Che sono? Come si scrive?
Difficile da digerire, per una squadra che solo due anni fa era considerata, a ragione, tra le favorite dell'Est. Un tracollo causato da spogliatoio mai troppo unito, allenatori che sì, vanno bene però uff, che rompiscatole. E giocatori che "Uè, qui comando io capito? Voi tacete e sgobbate pliz"". E poi la sfortuna naturalmente. Ma quella si sa, è sempre una ruota che gira.
Gli slogan sul sito ufficiale dei New Orleans Hornets recitano pressappoco così: io credo nei ragazzi che sballottano. Io credo nel futuro. Beh, in fin dei conti fanno bene, laggiù in Louisiana. Non che sia roseo 'sto futuro, eh, intendiamoci. Però come detto, gli Hornets, con il record (si fa per dire) di 16 vittorie e 53 sconfitte, hanno stupito. Un pochino, ma lo hanno fatto.
Certo, non è chiaro se il motivo è perché là in mezzo, con Magloire, Davis e Mashburn infortunati a vita, qualcuno doveva pur segnare qualche punto o perché forse, tra questi carneadi, uno o due giovani campioncini esistono davvero.
I calabroni hanno fatto tutto gradualmente. Inizio di campionato pronti via, ecco subito un bel filotto di 8 sconfitte di seguito. Una vittoriuccia arrivata quasi per caso, 76-75 su Utah con Magloire e soci che tirano col 35% dal campo, partita terribile, ma niente paura. Scintilla impercettibile e poi wam! Altre 11 batoste, tutte d'un fiato. Nuova vittoria, contro Golden State, e nuovo filotto di sconfitte, dieci. Una sconfitta in meno rispetto al "record" precedente. Segnali di vita. Anche perché, udite udite, seguono ben due vittorie di seguito. Siamo a gennaio, ed è il mese migliore dei calabroni: 6 vittorie, 10 sconfitte.
Da qui, il rendimento si mantiene su livelli accettabili, livelli da "ultima squadra Nba" e non da "accozzaglia di giocatoracci vabbè chissenefrega via tutti a fine stagione tanto poi abbiamo la prima scelta assicurata". Gli Hornets di questi ultimi tempi sono un gruppeto di giovanotti scalmanati, con un leader, Magloire, una chioccia, PJ Brown, e tante presunte stelline che fan ben sperare per il futuro.
Dickau, Nailon, Smith, Andersen, Nachbar, Vroman. Le cose migliori degli Hornets le hanno fatte vedere loro. Non Baron Davis. Non Wesley e nemmeno Darrell Armstrong. A inizio stagione, quando la squadra batteva ogni record negativo, Dickau, Nachbar e Vroman militavano nell'anonimato di altre squadre, mentre Andersen, Nailon e Smith non riuscivano a lasciare alcun segno.
Un turbine di scambi ha indebolito la squadra sulla carta. In campo le cose sono andate meglio. Cioè, meno peggio. Via le prime donne, via chi alimentava spogliatoi turbolenti, via chi non vuole restare. Largo ai giovani, tanti bei signori nessuno ma perlomeno, a loro, giocare a basket piace ancora tanto, indipendentemente dalla maglia che indossano. Entusiasmo in primis. Quindi ricostruzione, mattone dopo mattone. Poi si vedrà .
Davis, Rogers, Wesley, Armstrong. Giocatori validi, veterani chi più e chi meno. Tre di loro, preziosi per qualunque franchigia aspirante al titolo. Uno di loro, il Barone ovviamente, se al top capace di spostare equilibri di qualsiasi tipo. Se al top. SE AL TOP. Quest'anno non lo è mai stato. Per lui solo infortuni senza fine. Sfortuna ma anche qualche assenza ben calcolata.
Che dovesse cambiare aria questa stagione lo si sapeva sin da subito. Che a questa squadra non potesse dare più nulla, era evidente. Certo, si poteva costruire attorno a lui, ma chi si accollava tre contrattoni come quelli degli altri tre vecchietti? Meglio mandar via tutti. Anche a poco, anche in cambio di niente.
Tra gennaio e febbraio Davis infila qualche partita confortante, deve dimostrarsi ancora solido, adesso è in vetrina e solo il suo nome vale una fila lunga una Lega. Qualcosa di buono viene fuori. Poi si re-infortuna e Dickau prende definitivamente il suo posto, in campo e nel cuore dei -pochi- tifosi di New Orleans.
Al momento della riapertura del mercato così, la squadra si muove. Nel senso che si muove -quasi tutta- verso altri lidi. Prima se ne va Armstrong, in fondo ancora valido: viene sistemato a Dallas, squadra da playoff e magari qualcosina in più. Al suo posto, Dan Dickau. Chi? Quello che ha chiuso la mano di Nowitzki nella portiera dell'auto? Beh, avrà pensato la dirigenza, qui quali altri danni potrebbe fare? I nostri big sono tutti infortunati, anche se calpesta la mano di PJ Brown non è che perdiamo uno che di mestiere fa il tiratore alla Tim Legler"
Nessun danno. Certo, diversi abbagli dovuti alla sua inesperienza: ha sì 27 anni, ha sì giocato oltre cento partite nella Nba ma sempre e solo scampoli. Garbage time, sapete com'è. Il giovinastro se la cava benino all'inizio, si distingue come tiratore e passatore, diventa sesto uomo poi all'ennesima rottura del Barone parte in quintetto e va da dio. Tredici punti a partita -il suo massimo era di 3.7 ad Atlanta, stagione da rookie-. Tredici punti di media, secondo marcatore della squadra, un massimo di 28 (7-9 da 3). Titolare inamovibile, ora. Il Barone è -quasi- dimenticato.
Poi, via Wesley, playmaker ultratrentenne che ha fatto la storia degli Hornets (quale storia? Eh, appunto). Lui, a Houston con MacGrady e Yao Ming. Jim Jackson, uno a cui chiedere i migliori ristoranti d'America dato che è stato dappertutto (Flavio, te l'ho rubata, lo ammetto) e Bastjan Nachbar, ovvero il Matt Bullard del 2000 (e ho detto tutto), a New Orleans. Ecco, però Jackson a marcire nella desolazione di New Orleans non ci sta, e così ancora "transaction": viene spedito a Phoenix, che ha un quintetto stellare e una panchina in pratica inesistente: guarda un po', proprio da questa panchina arrivano sconosciuti del calibro di Jackson Vroman e Maciej Lampe. Cioè un rookie che in pratica mai aveva messo piede in campo e un polacco. Boh.
Ma non basta. Di questo Mashburn proprio riusciamo a sbarazzarci? Come no! Noi di Philadelphia vi diamo Glenn Robinson. E magari se ci date pure Rogers" Due contrattoni in cambio di uno. Detto fatto. Big Dog tagliato immediatamente, resta la grana Barone. Eh, d'accordo, però basta con 'sti giocatori che non conosce nessuno. Prendiamo qualche nome importante. C'è mezza Nba in coda. La spunta Golden State. Dunleavy? No, è intoccabile. Allora Murphy! Se, buonanotte. Facciamo così, Claxton e Dale Davis. Vertici Hornets sudati a dir poco alla chiusura del mercato ma fanno in tempo a tagliare pure Davis, altro contrattone più vicino ai quaranta che ai trenta che pesa come un macigno.
Riordiniamo le carte. Con che giocatori coach Scott tirerà avanti fino a fine stagione? Dickau, "bimbo" Smith, Nailon, Magloire, PJ Brown. E poi Nachbar, Claxton, Vroman, Andersen, Lynch, c'è anche West. Calabroni totalmente rinnovati. Che però, sorpresa sorpresa, non ripetono gli umilianti filotti di sconfitte di inizio stagione. Quelli con Davis, Rogers, Magloire, Wesley. No, stavolta no. I ragazzi s'impegnano, tutti. Ogni volta che vengono chiamati in causa.
Stupisce Vroman, tanti minuti, tanta sostanza in quintetto quando pure Nailon s'infortuna (sì, lui che fece disperare coach Crespi a Milano: 14 punti di media con un massimo di 32, tra i migliori talenti offensivi della Lega con difesa da censurare).
Andersen, a cui "White men can't Jump" fa un baffo, si rivela solidissimo sotto i tabelloni. Affidabile, perlomeno. Solido come PJ Brown, che fa il Brown per tutta la stagione, cioè stoppa e prende -tanti- rimbalzi, e pure il Magloire: tra gennaio e febbraio segna 16 punti di media, a 36 anni con mani da muratore o quasi.
Claxton si accontenta di backuppare Dickau, eh sì perché dal quintetto mo' chi lo toglie più, idolatrato com'è dai suoi -pochi- tifosi.
Nachbar si distingue come specialista tiratore da tre punti (40% dall'arco). E infine il pischello J.R. Smith. Partito fra gli ultimi della panchina perché sì, ha 18 anni, arriva dall'high school, non bruciamolo, 10 minuti a gara al massimo e intanto facciamogli vedere come giocano Wesley, Davis, veterani insomma che insegnano pallacanestro"
Ok. Cambio di programma. Via i veterani. J.R., proviamo a giocare. Lui ricambia con talento offensivo da vendere. E pure tanto. Segna 20 punti con estrema facilità ed è capace di fare tutto. Punti rimbalzi assist. Meglio fermarci, ci troviamo su un territorio un po' "LebronJamesiano". Piano con i paragoni. E' pur sempre degli Hornets che si parla.
Squadra troppo inesperta, inferiore a tutte pure ai Bobcats, quanto a chimica di gruppo. La difesa non esiste. E un po' tutti non vedono l'ora che finisca la stagione.
Però. Però coach Scott qualcosa di buono ha visto. Ha spremuto fino al midollo e può anche ritenersi soddisfatto. Un pochino. Proprio con questo pochino, i Calabroni ripartiranno l'anno prossimo. Presumibilmente con una primissima scelta da affiancare a JR Smith e Magloire (e se vuole andar via anche lui?). E con un Dickau più sicuro di sé, più esperto in cabina di regia con l'aiuto di Claxton che scarso non è. Con la chioccia Brown a fare da nonno.
Nuovi Lebron James non ce ne sono, questo lo sanno tutti. Ma come recita lo slogan: I believe in the future"