Karl allena e fa vincere i Denver Nuggets
I Nuggets arrivavano da due tremende stagioni: 27 vinte e 55 perse e 17 vinte e 65 perse nel 2003, grazie a un manipolo di mestieranti NBA messi assieme per liberare spazio salariale e ottenere un alto numero di palline nell'urna della lotteria del draft di Lebrone James.
La pallina numero uno finì a Celaveland e Carmelo Anthony finì in Colorado.
L'anno seguente i Nuggets si presentano al via della stagione con il rookie meraviglia Anthony, Camby guarito dagli infortuni, Andrè Miller, Earl Boykins come playmaker, Nenè, Doleac, Chris Andersen e Voshon Lenard a completare una squadra solida, tosta, ben guidata in panchina da Bdzelik in grado di conquistare l'accesso ai play-off dopo 8 stagioni.
Quest'estate il nucleo della squadra è rimasto inalterato, ed in più si è aggiunto Kenyon Martin, un All Star, un giocatore fisco, rapido, in grado di difendere su Garnett, su Duncan in single coverage e capace di dare quella cattiveria che ne Camby ne Hilario erano in grado di garantire.
I Nuggets partivano con l'obbiettivo di passare alemno un turno ai play-off e si sentivano attrezzati per dare del filo da torcere a tutti nella western conference; ma i piani del GM Vandeweghe si sarebbero guastati sin dalla prima partita.
Lenard, l'unica guardia tiratrice pura del roster, si infortuna durante la prima partita di regular season e deve restare fuori per almeno 6 mesi, Camby e Hilario entrano ed escono dalla lista infortunati, Anthony, pur con tutta la classe di cui è dotato, ha solo 20 anni e non riesce ad essere il leader, il trascinatore di Denver nei momenti difficili.
I Nuggets viaggiano a corrente alternata per tutta la prima parte della stagione, per la verità ottenendo più bassi che alti, George Karl viene ingaggiato con la squadra titolare di un record di 17 vinte e 24 perse maturato inizialmente sotto la gestione Bdzelik, poi sotto la guida di Michel Cooper.
Karl nella sua carriera NBA ha sempre fatto bene, sia con Seattle sia con Milwaukee, salvo poi complicarsi un la vita arrivando ai ferri corti corti con le superstars delle due franchigie, il suo carattere forte, il suo pensare pallacanestro 24 ore al giorno lo rendono un fantastico insegnante di basket, ma lo rendono anche un personaggio di difficile gestione specie quando deve confrontarsi con i caratteri delle stelle della NBA.
Nel suo impatto con le nuove squadre Karl riesce spesso a riorganizzare e a gestire situazioni spesso difficili.
Evidentemente il roster dei Nuggets è pieno di giocatori di talento che per gli infortuni, per la cattiva chimica creata dalle precedenti gestioni tecniche, non ha reso come nelle previsioni.
Per aiutare il nuovo allenatore Vandeweghe ha portato a Denver Person per dare pericolosità dal perimetro e Najera per garantire energia e solidità sotto i tabelloni.
Karl sostanzialmente ha alimentato la tendenza della squadra ad anadare in campo aperto, a giocare ad alto ritmo, con dei lunghi rapidi come Martin, Camby e Nenè in grado di tenere il passo in campo aperto di Miller e Boykins.
L'approccio con Carmelo e con gli altri giocatori della squadra è stato ottimo, è riuscito a riorganizzare il roster di Denver conquistandosi la fiducia di tutto l'ambiente.
Il cambio di rotta è stato evidente: 17-24 nel periodo pre-Karl, la squadra ha un bilancio di 21 vinte e 6 perse da quando c'è stato l'ingaggio di Karl, dall'All Star Game in poi i Nuggets sono quasi imbattibili 14 – 1 per un record complessivo di 38 vinte e 30 perse, la loro miglior partenza dalla stagione 1987/88.
Il talento disponibile, con le aggiunte di Person e Najera, ai Nuggets è davvero notevole, ed una volta incanalato nella giusta direzione ha prodotto i risultati sperati.
Karl ha accentuato la vocazione della squadra a correre, utilizzando Miller e Boykins sia in alternanza sia contemporaneamente per garantire a Denver il controllo del tempo, del ritmo della partita.
Entrambi i playmaker dei Nuggets sono in grado di spingere la palla e di creare situazioni di transizione anche da canestro subito, Boykins, proprio per la sua particolare struttura fisica è in grado di cambiare ritmo alla gara non appena tocca la palla, inoltre con il suo jump sempre affidabile è in grado di sfuttare gli spazi che gli avversari concedono.
In questo sistema Camby e Martin, “cresciuto” con Jason Kidd, riescono a mandare fuori giri i lunghi delle altre squadre, non abituati a dover inseguire per i 28 metri del campo la front-line avversaria.
Carmelo Anthony ha ritrovato fiducia e continuità al tiro, dopo un inizio stentato ha riacquistato quella capacità di essere pericoloso sia fronte a canestro che in avvicinamento dando una nuova dimensione che completa l'attacco di Denver e gli da pericolosità anche a difesa schierata.
I Nuggets hanno vinto 9 delle ultime 10 partite, di cui 6 consecutive, durante queste 6 parite Denver ha segnato una media di 117.7 punti, sintomo di una squadra che corre e attacca per tutti i 48 minuti di partita.
Ormai sembra che, complice la caduta di Lakers e T-wolwes, il posto ai play-off sia conquistato, adesso proseguendo con questo ritmo la squadra di Karl puiò davvero essere la mina vagante dei play-off della western confernce.