Due anni di Ainge a Boston

Volevate un General Manager sempre nell'occhio del ciclone? Ecco a voi Danny Ainge!

Lo scambio più curioso e singolare della ultima trade deadline è senza dubbio il “rientro a casa” di Antoine Walker, scambio che come tutti quelli fatti dal General Manager biancoverde Danny Ainge, non ha di certo messo d'accordo tutti, ma anzi come sempre è stato sempre oggetto di discussione dai toni forti, sia all'interno dell'ambiente biancoverde, sia all'esterno dove però diciamo i toni sono tutti tendenti al negativo.

Ovviamento il ritorno di Walker a Boston ha fatto tanto rumore nella stampa, vediamo le dichiarazione dei principali Columnist, ma prima ancora le dichiarazioni a tal proposito di Ainge alla stampa :

Il periodo è diverso, ora. La cosa importante quando lo mandai a Dallas era che ci serviva muovere qualcosa per prendere nuovi giocatori e diventare più atletici. Abbiamo Delonte, come risultato. Abbiamo praticamente chiuso il cerchio con il nuovo coaching staff, ed il nuovo sistema. Ho sempre pensato che Antoine fosse un buon giocatore, ed adesso è quello che ci può completare. Scambiarlo allora fu qualcosa che dovevamo fare. Riprenderlo è qualcosa che dovevamo fare adesso. Su quello che ha detto dopo la trade, io non prendo mai personalmente quelle cose. Anche se non le avesse dette nel “heat of the moment” e pensa ancora che fosse qualcosa di personale, non mi preoccupo del fatto perché so che Antoine verrà  e darà  tutto. Ho parlato con Antoine ed è stata una conversazione godibile. Penso che lui sappia che lo scambio a Dallas non era qualcosa di personale

Le critiche alla trade non le vedo tutte così negative: sono comprensibili per esempio, quelle di Peter May, penna del Globe, che aveva sempre difeso Ainge sulla necessità  di liberarsi di Walker. May non ha mai visto in Walker e nella sua “wiggle” una degna continuazione ai Celtics del passato, e la critica alla trade che lo riporta a casa è abbastanza comprensibile, se interpretata in questo senso.

Kevin Hench di Fox Sports concentra la sua attenzione sulle statistiche deteriori di Walker, le palle perse, la percentuale di tiro, i tiri liberi, il gioco lontano da canestro e ricorda come Kenyon Martin lo smantellò nei playoffs del 2003. Giusto pero se avesse parlato anche dei rimbalzi, e delle doti di leader, e dei canestri allo scadere, forse, il suo pezzo sarebbe sembrato un pò onesto, e meno difensivistico delle sue idee espresse in precedenza.

ESPN, per “bocca” di Marc Stein, diceva che se Payton (come è poi successo) dovesse tornare a Boston, per Ainge ci vorrebbero gli applausi. Se però questo non dovesse accadere, rimane dubbioso.

Tom Carpenter di USA Today è neutrale, ma si domanda se l'arrivo di Walker influirà  sulla crescita di Jefferson (cosa che ci chiediamo un po' tutti).

Jack McCallum di Sports Illustrated è convinto che i Celtics non rifirmeranno Walker, e quindi fa pollice verso alla trade, mentre il collega Marty Burns crede che lo scambio potrebbe aiutare i Celtics a raggiungere i playoffs, e Walker a ricostruirsi la credibilità  che stava perdendo nella desolata Georgia.

Dunque i molti commenti sono sostanzialmente a metà  tra le critiche feroci e dei timidi apprezzamenti, che però come sempre succede nella stampa sono soggetti a sensibili variazioni di carattere umorale, tant'è che al momento del ritorno di Payton da Atlanta, adesso in molti danno ormai per scontati i playoff, parlando addirittura di possibile semifinale di conference in virtù di una ipotetica vittoria dell'Atlantic Division.

Chi scrive da appassionato tifoso biancoverde ha sempre sostenuto che l'appuntamento con chiusura del mercato di febbraio 2005, era senza dubbio il momento in cui Ainge avrebbe dovuto chiudere il cerchio di due anni di trattative e scambi, che lasciavano Boston con quattro contratti in scadenza (Payton, Gugliotta, Stewart e Fox) dal valore complessivo di oltre 17M$, con il solo Payton utilizzato attivamente nelle attuali rotazione. Alla fine la chiusura del cerchio è arrivata in maniera molto singolare come detto, ossia con il ritorno di Walker, la cui partenza (o meglio la contropartita arrivata dalla sua partenza) era stata alla fine la madre di tutte le polemiche contro Danny Ainge.

Dunque è il momento di fermarsi un attimo e fare un bilancio e dare una valutazione sull'operato di Ainge da due anni a questa parte andando a rivisitare tutte le sue operazioni di mercato molto dettagliatamente, ma facendo questo usando un metodo di analisi di tale lavoro ben preciso, e non dettato da sentimenti sensazioni o casualità . A tal proposito è opinione comune e totalmente condivisa dal sottoscritto, che quando un General Manager prende in mano una franchigia per procedere ad una parziale o totale ricostruzione, ha sostanzialmente due alternative in mano, ossia lavorare stando sotto il salary cap, quindi andando ha cedere contratti pesanti e rifondare attraverso il draft e il mercato dei Free Agents, oppure lavorare stando sopra il salary cap, e facendo ogni mossa guardando solo al valore dei giocatori, senza preoccuparsi del lievitare o meno del monte salariale avendo ovviamente la benevolenza della proprietà , anche in termini di luxury tax.

E' abbastanza evidente a tutti che Ainge ha deciso di percorrere la seconda strada, principalmente per due motivi, primo perchè la situazione salariale eredita dalla precedente gestione, di fatto con i contratti di Vin Baker e Antoine Walker non avrebbe reso possibile andare sotto il cap prima dell'estate del 2006 nella migliore delle ipotesi, ma soprattutto perché Boston insieme ai Lakers e New York, è una di quelle piazze in cui c'è troppa pressione per potersi permettere 6-8 anni di basket anonimo, senza playoff, e con stagioni intorno alle venti vittorie l'anno, e conseguenti scommesse con il diavolo in sede di draft, dove un pallina da ping pong può cambiare 10 anni di storia di una franchigia. Un esempio di tutto questo è Chicago, dove nonostante le molte stagioni negative, il pubblico è rimasto sostanzialmente tranquillo, senza una sedia vuota allo United Center, e senza che i Media provocassero isterie di massa. Purtroppo come detto piazze come Boston, Los Angeles e New York, non hanno le condizioni per sopportare tutto questo.

A dire il vero a Boston nell'era a cavallo tra le gestioni di ML Carr e Rick Pitino c'era stata una stagione altamente negativa in cui Boston si presentò al draft del 97, con due scelte da lotteria altissime, ma le palline da ping pong invece regalarono Tim Duncan agli Spurs finiti al draft quasi per sbaglio, e se c'è un episodio che ha cambiato la storia dei Celtics nell'ultimo decennio non può che essere questo, e dopo un esperienza così negativa e che ha lasciato un segno così profondo nel mondo biancoverde è stato fisiologico non voler ripercorre questa strada in seguito anche nella gestione Ainge.

Inoltre occorre una premessa importante ossia molti General Manager (tra cui ovviamente Danni Ainge) sono spesso accusati di non seguire un piano ben preciso. Nonostante che qualcosa del genere sia molto semplice giornalisticamente parlando, come accusa, la realtà  è molto diversa, in quanto credo nessun General Manager il giorno che si insedia ai comandi, può dire, adesso cedo X Y e Z, in cambio voglio A, B, C e D, poi vado al draft e in due anni prendo questo e quello e il gioco è fatto, siamo da titolo! Purtroppo non funziona così per nessuno, perché quando fai uno scambio influiscono le esigenza di chi cede, le esigenze di che prende, i salari dei giocatori coinvolti, e i monti salariali delle franchigie coinvolte insomma un bel po' di variabili, non facilmente prevedibili, tant'è che poi spesso è più facile si concretizzino scambi importanti in poche ore (come è successo recentemente tra Webber e Philadelphia) che dopo molti giorni di trattative, dove poi ognuna della parti in causa cerca di fare il gioco per se.

Strategia ancora meno applicabili poi in sede di draft, dove il tutto è condizionato da un sorteggio, e da un elenco di scelte sequenziali che spesso sfuggono alle logiche più comuni come testimoniati dagli ultimi isterici draft. Alla fine un GM deve avere una linea di condotta generale su cui muoversi, ma è obbiettivamente impossibile che abbia una linea molto dettagliata con tanto di nomi e cognomi per le variabili sopra elencate.

Dunque a mio parere, il metodo di analisi deve essere quello di analizzare il tutto, limitando il fattore salary cap ad un ruolo minore (rimanendo pur vero che poi anche essendo sopra il cap, l'entità  dei contratti è sempre un limite in ottica di futuri scambi), guardando il tutto in ottica talento e soprattutto in ottica progetto generale a medio e lungo termine, con allo stesso momento un occhio ben aperto sul presente, in pratica i playoff li dobbiamo fare comunque.

Danny Ainge viene nominato Executive Director of Basketball Operations il 9 maggio del 2003. Al momento del suo insediamento nella stanza dei bottoni Ainge dichiara da subito che è sua intenzione dare ai Celtics un gioco più dinamico, più votato all'attacco e meno difensivistico. Questo come lui ripete è il suo punto di partenza.

Nella stessi giorni Ainge si lascia andare anche ad una delle dichiarazione che poi gli sono costate molto salate in termini di credibilità , e che con ogni probabilità  ha avuto enormi riflessi su tutto il resto della sua gestione affermando che “il suo progetto è mirato nell'avere una squadra da titolo nel giro di tre anni”. Il suo rapporto con i Media e i tifosi sarà  soprattutto nel suo primo anno di lavoro un problema che influirà  tantissimo sulle valutazioni fatte su di lui, come successe per esempio quando dichiarò che “nessun Free Agents vuole venire a Boston per via del maltempo”, cercando di giustificarsi davanti alla stampa per la mancanza di trattative per nomi che contano sul mercato. A seguire l'elenco completo delle sue “transaction”

1) La prima mossa ufficiale avviene il 21 maggio quando a Jim O'Brien viene prolungato il contratto fino alla fine della stagione 2005-2006. La mossa lascia perplessi molti dopo le parole di Ainge del giorno della presentazione dove parlò chiaramente di un gioco più offensivo, teorema di basket diametralmente opposto alle caratteristiche di un tecnico come Jim O'Brien.

2) Al draft del 2003, Ainge architetta con Jerry West uno scambio con quattro scelte coinvolte con Marcus Banks (13 ) e Kendrick Perkins (27) a Boston, in cambio di Troy Bell (16) e Dahntay Jones (20). Obbiettivamente in questo scambio Boston ci ha guadagnato in maniera clamorosa, in quanto Bell ha già  chiuso la sua carriera NBA (almeno per ora) seppur giovanissimo, con Memphis che lo ha tagliato addirittura ad un anno e mezzo dalla fine del contratto e Jones che per ora di fatto si è visto poco o nulla. Banks dal canto suo non sarà  un fenomeno come forse si era voluto far credere in un primo tempo, ma di sicuro rimane un solido difensore, giocatore che non faticherà  a giocare una decina di anni nella lega, magari non da prima donna ma da giocatore di ruolo, anche perché se riuscisse a migliorare un po' il tiro dalla distanza suo autentico tallone di Achille potrebbe fare un ulteriore salto di qualità . Perkins che dei quattro coinvolti nello scambio è forse quello con più potenziale. Arrivato a Boston a soli 18 anni, con un fisico appesantito su cui c'è stato molto da lavorare, ma anche dei movimenti di tecnica vicino al canestro non comuni ai diciottenni. Attualmente nel suo secondo anno ha avuto poco spazio, ma è sempre stato evidente che è un progetto a lungo termine per cui per ora c'è da aspettare.

3) Il 29 luglio 2003 Boston manda J.R. Bremer Bruno Sundov e la seconda scelta del draft 2004 a Cleveland in cambio di Jumaine Jones. Primo vero scambio di Ainge, che non fu preso benissimo dall'opinione pubblica in quanto J.R. Bremer aveva giocato una discreta stagione di esordio, lasciando buona impressione tra i tifosi. Lo scambio era di fatto mirato a scaricare il contratto di Bruno Sundov e Bremer era il pegno da pagare ai Cavs perché si prendessero Sundov, la contropartita Jumaine Jones non ha mai avuto spazio nell'unico anno a Boston. Sostanzialmente uno scambio interlocutorio, in quanto anche Bremer ai Cavs non lasciò tracce e ad oggi è già  nel vecchio continente.

4) Il 20 ottobre 2003 i Celtics scambiano Antoine Walker e Tony Delk con Raef LaFrentz, Chris Mills, Jiri Welsch e la prima scelta 2004 di Dallas (poi diventata Delonte West). Come detto la madre di tutte le polemiche anti Ainge. Walker era stato la croce e delizia dei tifosi biancoverdi per molti anni, al punto che i fischi gli erano sempre arrivati a grappoli, per di più era reduce da due serie di playoff disastrose dove fu prima distrutto da Jermaine O'Neal in una serie contro i Pacers comunque vinta grazie ad uno stratosferico Pierce e poi completamente annullato al turno seguente da Kenyon Martin in una serie senza storia che i Nets chiusero con il 4-0. Personalmente credo che Walker andava ceduto, solo che per tutta l'estate si rincorsero ogni tipo di rumors (tutti poi da verificare), scambio alla pari con Jamison (allora ancora a Golden State), in cambio di Andre Miller e Chris Wilkox (entrambi allora ai Clippers), e uno scambio pre draft 2003 per avere la scelta n°4 dei Raptors (con cui scelsero poi Bosh), che i ben informati dicono sia saltato a poche ore dal draft perché i Raptors volevano anche la scelta n°16 che Ainge aveva già  coinvolto nello scambio sopraccitato con Memphis. Alla fine i detrattori di Ainge lo accusarono di aver troppo temporeggiato, rinunciando ad alcune presunte offerte più vantaggiose di quella poi conclusa con Dallas. Obbiettivamente sul momento la cosa non mi era piaciuta troppo, poi però il continuo concretizzarsi della certezza che la scelta di Delonte West è stato un bel colpo fa cambiare la prospettiva dello scambio, anche se non totalmente. Alla fine giudicando questo scambio insieme a quello di pochi giorni fa che a riportato Antoine Walker a Boston, si può riassumere il tutto in Tony Delk in cambio di Raef LaFrentz e Delonte West e la prima scelta dei Cavs del 2007, che tecnicamente per i Celtics non è certo uno scambio a rimessa. In seguito a questo scambio però insorsero molte polemiche con Walker che arrivò addirittura ad accusare Ainge di volergli rovinare la carriera, e soprattutto al ritorno di Walker con la maglia di Dallas a Boston ci furono tanti applausi per lui e fischi per Ainge, segno evidente che comunque tutta la vicenda aveva lasciato un segno profondo nel mondo biancoverde.

5) Il 15 dicembre 2003 i Celtics spediscono Eric Williams, Tony Battie e Kedrick Brown a Cleveland in cambio di Ricky Davis, Chris Mihm e Michael Stewart e la seconda scelta che avevano ceduto ai Cavs nello scambio precedente. Scambio che tendenzialmente accontentava entrambe le franchigie, Boston aveva bisogno ringiovanire, i Cavs invece volevano gente rodata da affiancare a LeBron. Da subito è apparso uno scambio a favore di Boston, in quanto Battie e Williams erano afflitti da qualche guai fisico di troppo, Kendrick Brown era palesemente un progetto fallito, mentre dei tre arrivati a Boston, Davis si è trasformato in un giocatore sicuro (probabile sesto uomo dell'anno), Mimh è comunque un centro tecnicamente di valore e il contratto di Stewart e poi stato usato per il ritorno a Boston di Walker nel recente scambio con Atlanta. Tecnicamente come detto uno scambio senza dubbio favorevole per i Celtics, visto anche ai Cavs di quei tre non c'è più nessuno in quanto Williams ha già  cambiato tre maglie nel dopo Boston, Battie è ai margini della rotazione ai Magic, e Kendrick Brown finito a Philadelphia in estate è addirittura stato tagliato recentemente dai Sixers. Lo scambio però ha un palese rovescio della medaglia elencato nel punto seguente.

6) Il 27 gennaio 2004 Jim O'Brien rassegna le dimissioni dall'incarico. Al suo posto viene nominato Interim Coach l'assistente John Carroll. Il vice allenatore Dick Harter viene licenziato. Il 6 febbraio vengono nominati assistenti allenatori Dana Barros e Paul Cormier. Jim O'Brien si dimette da Head coach dopo che con i due precedenti scambi ha visto di fatto andare via tutti i sui scudieri, in cambio di gente che sostanzialmente poco si addice al suo credo cestistico. Il giorno dopo di fatto viene licenziato anche suo assistente Dick Harter, uomo chiave di tutta la precedente gestione, indicato da tutti come l'uomo più importante dello spogliatoio biancoverde O'Brien compreso. Senza dubbio la vicenda più deprimente di tutta la gestione, Ainge viene accusato di aver fatto delle trade contro O'Brien per portarlo alle dimissioni, e non rimetterci da un eventuale esonero due anni e mezzo di stipendio. La verità  è che forse l'errore di base era stato invece il rinnovo la primavera precedente, voluto fortemente dalla proprietà , da li in poi Ainge ha seguito la sua strada e il suo credo tecnico, ben sapendo che era diametralmente opposto a quello del suo coach. Ma la cosa più deprimente di tutta la vicenda è l'assurdo licenziamento di Harter il giorno seguente. Harter ricordiamolo era lo storico assistente difensivo dei Celtics, che per di più aveva un contratto in scadenza a fine anno, quindi il suo licenziamento su due piedi fu totalmente ingiustificato.

7) Il 19 febbraio 2004 i Celtics spediscono Mike James a Detroit e Chris Mills in cambio di Chucky Atkins e della prima scelta. Il famoso scambio a tre che portò Rasheed Wallace da Atlanta a Detroit, in cui si inserirono i Celtics, e dove arrivarono a Boston Chucky Atkins, e una prima scelta diventato poi al draft di giugno Tony Allen. Di sicuro uno scambio che segnò fortemente l'andamento della stagione NBA, con i Pistons che attraverso questo scambio inserirono un tassello fondamentale della squadra che poi vinse il titolo. Atkins al momento del suo arrivo sembrava una addizione valida, ma alla fine Ainge da quello scambio voleva solo la scelta di Detroit.

8) Il 29 aprile 2004, Glenn "Doc" Rivers viene nominato coach dei Celtics. E' il 16° allenatore nella storia della franchigia. Nemmeno il tempo di chiudere la serie con i Pacers persa con un perentorio 4-0 che Ainge mette in panchina l'uomo che lui ritiene giusto per applicare le sue idee. Per correttezza di informazione va detto che l'unica concreta alternativa che Ainge aveva preso in considerazione era Paul Westhpal ex coach di Phoenix e Seattle.

9) Al draft 2004, Ainge ha a disposizione ben 3 prime scelte ed una seconda scelta. Con la 15 sceglie Al Jefferson ala grande proveniente direttamente dal liceo dove aveva cifre incredibili come 42 punti e 18 rimbalzi a sera, a tutti appare subito come il classico Steal of the draft, Per lui si sprecano le parole e ad oggi al Jefferson è visto da tutti come il giocatore chiave per il futuro a medio lungo termine dei Celtics. Alla fine del primo giro vengono scelti Delonte West (24) e Tony Allen (25). molti rimangono interdetti al momento in quanto ci si aspettava un lungo (David Harrison) e si era parlato molto di Chris Duhon per la cabina di regia. Alla fine ci aveva visto lungo, Tony Allen è già  un solido difensore, che si è già  preso il quintetto, Delonte West ha talento e si sa, ma dovrà  adattarsi a giocare playmaker, dopo il passato universitario da guardia. Al secondo giro viene scelto con la 41 Justin Reed.

10) Il 14 luglio 2004 i Celtics raggiungono un rinnovo pluriennale con Mark Blount per un contratto che prevede 6 anni a circa 40M$ di contratto complessivo. A mio parere l'errore più grave di tutta la gestione, ossia l'aver scelto lui rispetto a Mimh, più giovane, tecnicamente migliore ma soprattutto poi con termini economici praticamente doppi sia come media di contratti annuali che come durata. Ainge giustificò la firma a quelle cifre, dicendo che c'erano altre franchigie pronte ad offrirgli quelle cifre, ma il passato e l'età  di Blount dovevano far pensare, prima di dargli quel contratto.

11) Il 6 agosto 2004 i Celtics mandano Chris Mihm, Marcus Banks, Chucky Atkins ed una seconda scelta ai Los Angeles Lakers in cambio di Gary Payton, Rick Fox ed una prima scelta condizionata. Il 13 agosto la "trade" viene "aggiustata" a causa del rifiuto di Payton a presentarsi a Boston: Banks e la seconda scelta tornano ai Celtics ed ai Lakers va Jumaine Jones. Scambio che obbiettivamente lascia tanti punti interrogativi. La partenza più dolorosa dello scambio originale è senza dubbio quella di Banks sbandierato come un mezzo fenomeno per tutta la stagione precedente, ma anche la partenza di Mimh, che ha firmato un triennale da 10M$ lascia molti dubbi, è evidente che a Los Angeles non volevano più Payton, e che ad Ainge interessavano contratti in scadenza e la scelta seppur protetta. La partenza di Mimh a quelle cifre, paragonata poi al contratto dato a Blount (vedi sopra), sarà  un argomento di forti contrasti anche durante la stagione in corso.

12) L'8 febbraio 2005 i Celtics mandano Walter McCarty a Phoenix in cambio della seconda scelta di Golden State, da loro precedentemente acquisita. Di fatto sembra si tratti di un piacere personale fatto ad un ragazzo che aveva dato tanto alla causa biancoverde standosene spesso dietro i riflettori. Arrivata l'offerta dai Suns Ainge ha dato il nulla osta.

13) Il 24 febbraio 2005 i Celtics cedono Jiry Welsch ai Cleveland Cavaliers in cambio della prima scelta dei Cavs al draft 2007. Welsch dopo una prima metà  di stagione pessima, con brutte percentuali al tiro era di fatto finito ai margini della rotazione, anche grazie all'esplosione di Tony Allen, inutile tenerlo a marcire, si optato per guadagnarci una scelta che ragionevolmente sarà  a fine primo giro.

14) Il 24 febbraio 2005 i Celtics cedono Gary Payton, Michael Stewart, Tom Gugliotta e una prima scelta ad Atlanta in cambio di Antoine Walker. Il capitano torna a casa, nello scambio più chiaccerato ed ipotizzato nell'ultimo mese. Molti hanno sostenuto che è stato una risposta all'arrivo di Webber a Philadelphia, Ainge ha smentito, ma pochi ci credono. Scambio che in ottica presente non può che essere positivo, resta da vedere come sarà  gestita la faccenda dello spazio da dare ad Al Jefferson ritenuto l'uomo chiave del futuro e che potrebbe perdere spazio con il ritorno di Walker. Questo l'unico dubbio, in più Walker sarà  Free Agents a giugno e ci sarà  da trovare un rinnovo, vantaggioso per entrambe le parti.

15) Il 4 marzo 2005 i Celtics firmano Gary Payton appena tagliato da Atlanta fino alla fine della stagione. Mossa con ogni probabilità  già  prevista in sede di trattative con Atlanta, che sfrutta un cavillo regolamentare, che ai più non piace, ma che non ha certo inventato Ainge dati i molti precedenti.

Riassumendo Ainge è partito con i seguenti giocatori a roster :
Paul Pierce, Antoine Walker, Tony Delk, Bruno Sundov, Tony Battie, Eric Williams, J.R. Bremer, Mark Blount, Bimbo Coles, Kedrick Brown, Walter McCarty, Mikki Moore, Grant Long, Vin Baker (sospeso).

Ad oggi di quel roster ci sono ancora: Paul Pierce, Antoine Walker e Mark Blount.

Sono Partiti: Tony Delk, Bruno Sundov, Tony Battie, Eric Williams, J.R. Bremer, Bimbo Coles, Kedrick Brown, Walter McCarty, Mikki Moore, Grant Long, Vin Baker (sospeso).

Sono arrivati: Ricky Davis, Al Jefferson, Delonte West, Justin Reed, Tony Allen, Marcus Banks, Kendrick Perkins, Raef LaFrentz, Gary Payton

Passiamo dunque ad una valutazione complessiva di tutto il suo lavoro sul mercato e ai draft, facendo un' analisi che ripeto deve essere fatta non tenendo conto della situazione salariale ma solo del talento non si può che dire che adesso siamo più talentuosi, più giovani e più futuribili, la gestione Ainge nel suo complesso è moderatamente positiva, non priva di errori (soprattutto la gestione O'Brien e il contratto rifilato a Blount), ma soprattutto il dubbio che in una ottica a lungo termine il ritorno di Walker a Boston, crei problemi di crescita a quello che è universalmente riconosciuto come il giocatore chiave per il futuro di Boston ossia Al Jefferson.

Ritornando al punto di partenza ossia lo scambio con Atlanta che ha riportato Walker a Boston, per darne una valutazione completa ovviamente bisognerebbe sapere quali potevano essere le potenziali alternative, di sicuro si è scelto di non rischiare su Baron Davis, Ainge stesso ha detto che gli Hornets volevano alcuni giovani ritenuti intoccabili, non accontentandosi della contropartita spedita ad Atlanta. Io ritengo che il ritorno a Boston di Walker è senza dubbio una cosa positiva, che però deve essere gestita dallo staff tecnico con molta attenzione perché il fatto che possa rimetterci Al Jefferson è reale, quindi direi che il ritorno di Antoine strategicamente parlando è una cosa ben fatta, adesso rimane da gestirlo in maniera accurata e non farlo diventare un problema, ma questo diventa un problema di gestione interna.

Prospettive a breve termine

: il ritorno di Walker a Boston con il successivo rientro di Payton da Atlanta, vuol dire una cosa sola ossia che i playoff a questo punto sono un obbiettivo che non raggiunto sarebbe un autentico fallimento. L'Atlantic Division, nonostante l'arrivo di Webber a Philadelphia rimane abbondantemente abbordabile, soprattutto se si butta un occhio al calendario che per Boston non è di certo proibitivo, con ogni probabilità  si potrebbe andare ai playoff anche da seconda con un record leggermente sopra il 50%, ma l'arrivo in vetta alla division permetterebbe di affrontare con ogni probabilità  o i Magic, sempre sconfitti in questa stagione o i Bulls, mezza bestia nera dei Celtics negli ultimi anni, ma anche squadra che a roster ha gente che i playoff non sa nemmeno cosa siano, data la verde età  media del roster. Quindi un pensierino alla semifinale di conference è inutile negarlo nell'ambiente è già  stato fatto, e raggiungere una semifinale di conference con un roster sostanzialmente per la metà  dei suoi giocatori tutto da crescere è senza dubbio un buon punto di partenza.

Prospettive a medio lungo termine

: sia per Payton che per Walker in questi giorni si parla di rinnovi a cifre oneste (tutte poi da riverificare in estate), per Payton si parla di un biennale, per Walker di un contratto di 4-5 anni sui 5-6M$, entrambi sono visti come possibili tutori dei vari giovani (West Jefferson Allen, Reed, Perkins e Banks) da cui bisognerà  trovare l'intelaiatura per i Celtics del futuro, ovviamente insieme a Pierce. Il problema è che i due ex All Star sono entrambi in possesso di caratterini di non facile gestione, e quindi andrà  tutto valutato con calma, per non correre il rischio di bruciare i giovani in panchina per provare a vincere il più possibile. Inoltre in estate si potrà  fare un ulteriore tocco di lifting al roster investendo quella MLE che tanto piace a giocatori validi di esperienza. Infine c'è da risolvere la questione Pierce, infatti fino a pochi giorni prima della trade deadline, era opinione comune che Pierce potesse andarsene in estate. La verità  come poi lui stesso ha fatto capire, è che Pierce a meno di cose fuori da ogni previsione è destinato a rimanere a lungo in biancoverde, in quanto Ainge lo ha sempre considerato il punto di partenza di tutto il suo lavoro, ma anche del fatto che spostare un giocatore del suo calibro in una squadra da titolo, è quasi impossibile, e chi recentemente ha forzato la mano in questa ottica come Carter o Baron Davis, si è ritrovato in realtà  simili o peggiori di quella di partenza, questo è stato lo stesso Pierce ha evidenziarlo alla stampa recentemente. Inoltre il rientro alla base di Walker e Payton in questa ottica dovrebbe essere la definitiva conferma che Pierce rimane a Boston, perché altrimenti non avrebbe avuto senso, il voler potenziare il gruppo attuale a costo di rimetterci in parte il progetto di crescita dei giovani.

Abbiamo dunque alla fine in mano molti elementi per valutare l'operato di Ainge in questi due anni, personalmente pur essendo stato fermamente convinto per il primo anno di lavoro, che Ainge stava facendo danni, alla fine non posso non riconoscere che i Celtics attuali sono senz'altro migliori e più futuribile di quelli di due anni fa, quindi l'operato fin qui è moderatamente positivo, a mio parere, il moderatamente è dato dal fatto che l'eventuale ultimo salto di qualità  dei Celtics in ottica titolo, è quasi totalmente in mano ad un diciannovenne come Al Jefferson che per ora ha fatto vedere un enorme potenziale, ma che poi lo deve concretizzare, cosa non sempre riuscita ai liceali che hanno fatto il salto dell'NCAA. Si perché un eventuale fallimento di Jefferson, con la situazione salariale dei Celtics ad oggi, precluderebbe ogni tipo di piano rimediativo, ma giustamente Ainge non ha voluto tenersi un piano di riserva, ma puntare tutto sul presente, pagando eventualmente di persone eventuali errori, cosa che poi alla fine fanno tutti quanti.

Un sentito ringraziamento per la stesura di questo pezzo va a Fabio Anderle, grande memoria storica del mondo dei Celtics e collaboratore di uno dei siti di maggior interesse del mondo biancoverde Celtic Nation.

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