La crescita di Chris Bosh è una delle poche note positive dell'annata di Toronto
Il mini-tour di quattro partite ad Ovest che attendeva i Toronto Raptors nell'ultima settimana era probabilmente l'ultima chiamata a disposizione della compagine guidata da Sam Mitchell per rimanere agganciata al “treno” playoff.
Certo gli avversari, tra cui spiccavano Spurs e Mavs, non erano dei più abbordabili, ma il rendimento post All-Star Game dei Dynos lasciava sperare i tifosi canadesi in qualcosa di più positivo dell'1-3 rimediato oltre il Mississippi.
Infatti l'unica gara che Jalen Rose e compagni sono riusciti a portare a casa è stata quella disputata in Louisiana, un 95-84 ai danni dei New Orleans Hornets.
Una delle squadre più disastrate della lega, i “calabroni” sono riusciti nell'impresa, di certo poco memorabile, di segnare solo 84 punti ad una delle difese più perforabili dell'intera NBA, quella dei Raptors appunto.
Oltre alla vittoria abbastanza preventivabile i segnali positivi sono arrivati dall'ennesima ottima prova di Chris Bosh, che come spesso accade nelle gare in cui Jalen Rose non sente profumo di diretta nazionale e quindi decide di defilarsi, ha preso in mano la squadra dominando sotto entrambi i tabelloni in una prestazione molto simile a quella del recente rookie game: 33 punti e 15 rimbalzi con un impressionante 12 su 19 dal campo.
Il test però non era del tutto probante e le velleità corsare di Toronto sono state puntualmente spente nelle restanti tre trasferte.
Nella tana dei due volte campioni del mondo di San Antonio infatti Bosh e compagni si sono scontrati contro una delle migliori difese del momento e ne sono usciti con le ossa rotte.
In vantaggio sin dalla prima palla a due, gli Spurs hanno tenuto i Raptors al 36% dal campo (contro il 51 dei padroni di casa), amministrando il punteggio con grande autorevolezza.
Bosh e Rose si sono imbattuti in due dei migliori difensori dell'NBA, Tim Duncan e Bruce Bowen, che li hanno costretti ad un modesto 4 su 13 dal campo limitando di conseguenza l'attacco dei canadesi, tenuti a 56 punti totali nei primi tre quarti.
Irrilevante poi l'ultimo periodo da 30 punti con San Antonio a svuotare la panchina sul +20.
Secca dunque la sconfitta di Toronto ben al di là del 92-86 finale.
C'è invece stata molta più battaglia nella sfida contro i Memphis Grizzlies della notte seguente, perché la formazione di Mitchell è riuscita dopo un primo quarto di assestamento a trovare le contromisure all'attacco dei Grizzlies arrivando al quarto decisivo con un vantaggio di 4 lunghezze e con soli 63 punti subiti.
Sicuramente l'assenza di Pau Gasol ha inciso sulla prova dei padroni di casa, ma la cattiva serata al tiro di Mike Miller e Jason Williams è stata frutto anche di una discreta applicazione in difesa degli esterni di Toronto.
A tradire i Dynos però, come altre volte in questa stagione, sono stati gli ultimi minuti, in cui Rose ha forzato senza trovare la via del canestro e Bosh è uscito dalla partita frenato dai falli e dalla verve agonistica di Brian Cardinal.
Se poi a tutto questo si aggiunge una delle migliori serate di sempre di Shane Battier, 33 punti con 4 su 5 dall'arco, la vittoria di Memphis con rimonta nell'ultimo periodo è servita.
Con queste premesse, e con le notizie non certo confortanti che arrivavano sul fronte mercato da Boston, Toronto si è presentata all'American Airlines Center di Dallas con il morale molto basso.
Le assenze dei Mavericks (Nowitzki, Finley e Stackhouse non sono certo nomi da poco) ed il probabile corri e tira che attendeva i ragazzi di Mitchell hanno però rinvigorito i giocatori dei Raptors, che fino a quando i ritmi di Dallas e la stanchezza accumulata durante la trasferta glielo hanno permesso, hanno tenuto e sono rimasti a ruota dei padroni di casa.
A decidere la partita però sono stati due canestri di pura energia dei due giovani terribli di Nelson, Josh Howard e Marquis Daniels, che oltre a collezionare 54 punti in coppia hanno trascinato i texani in una serata in cui erano assenti i tre leaders principali; 113-105 il finale e Raptors di ritorno nell'Ontario con un record di 1-3 nel tour ed un distacco salito a 6 lunghezze dalla vetta dell'Atlantic Division e quindi dai playoff.
Vetta che si faceva sempre più lontana perché occupata ormai stabilmente dai Boston Celtics, che sfruttando abilmente un “bug” del sistema delle trade NBA, sono riusciti a scambiare un giocatore di livello come Antoine Walker (un ritorno per lui nel Massachussetts) con…nessuno.
Infatti la contropartita prevista dallo scambio con Atlanta era inizialmente Gary Payton, che però seguendo le orme del “never-Raptor” Alonzo Mourning è stato un “never-Hawk” per poche ore prima di svincolarsi e firmare con un ingaggio ridotto con i suoi Celtics.
Tutto questo ha portato la franchigia che fu di Bird e McHale a costruire un ottimo quintetto per la Eastern Conference, soprattuto per la disastrata Atlantic Division, con Payton, Davis e Pierce a supportare due lunghi atipici ma sicuramente d'impatto ad Est come Walker e LaFrentz.
Le speranze quindi di rimontare i verdi di Danny Ainge sono sostanzialmente crollate per Toronto, tanto più che dopo una convincente vittoria contro gli Orlando Magic è arrivata la sconfitta-beffa per non dire la farsa-barzelletta proprio contro gli Atlanta Hawks.
Ultima squadra per record dell'NBA con una non tanto celata intenzione di giocare a perdere per essere certi della prima chiamata assoluta nella lottery, gli Hawks si sono presentati in Canada per affrontare i Dynos in quella che doveva essere, teoricamente, la gara più facile dell'anno.
Ed invece una formazione che schierava centro titolare Obina Ekezie ha costretto non solo i Raptors ad una sfida tirata invece che ad una cicloturistica, ma ha portato ai supplementari grazie alla premiata ditta Tyronn Lue-Al Harrington i padroni di casa.
57 punti della coppia appena citata ed un indecente 54-34 in area a favore degli ospiti hanno poi confezionato la disfatta finale per i Raptors, battutti dopo l'overtime con l'imbarazzante punteggio di 116-112.
Ovviamente con tutto il rispetto per gli Hawks questa sconfitta rappresenta quasi sicuramente per gli uomini di Mitchell il capolinea dei sogni di post-season, obbiettivo che ad inizio anno sembrava probabile, poi divenuto possibile dopo l'inizio di stagione, difficile ma non irraggiungibile dopo la trade con i Nets, ed ora quasi definitivamente tramutatosi in chimera, perché una formazione che ambisce a giocarsi una serie di playoff contro gli Heat di Shaq o i campioni NBA di Detroit non può offrire uno spettacolo di questo genere contro una franchigia che definire demotivata è un eufemismo di prima categoria.
Il 2005 può quindi dirsi concluso, a meno di miracoli inattesi, per Toronto, e l'attenzione si sposta dunque sul futuro: la March Madness NCAA non è mai stata così interessante per Babcock e soci…