Il gioco di Francis è sempre altamente spettacolare…
L'estate 2004 è stato il periodo più movimentato della vita cestistica di Steve Francis,dopo la telenovela seguita quotidianamente da giornali e siti specializzati riguardante il suo trasferimento da Houston.
Dopo cinque stagioni ai Rockets, dove rappresentava il futuro della franchigia (non a caso lo avevano soprannominato Steve Franchise) è stato coinvolto nello scambio che assieme a quello di Shaquille O’Neal per mezza Miami ha tenuto banco durante tutta l’estate del basket a stelle e striscie.
I Rockets si sono privati di lui, del suo amicone Cuttino Mobley e di Kelvin Cato per ottenere in cambio Tracy McGrady e quindi Francis ed il suo futuro si sono trasferiti in Florida, in quel di Orlando.
Giocatore atletico, potente, grande saltatore e schiacciatore, è una point guard che ama creare dal nulla più che seguire determinati schemi predefiniti, e può dare grandi contributi oltre che di punti anche in termini di assist e rimbalzi. Per quanto riguarda i palloni smarcanti in carriera non ne ha mai serviti meno di 6 a partita, mentre di rimbalzi ne ha catturati ben 6.2 di media nelle sue cinque stagioni tra i pro, dato straordinario per una guardia di 1.91; la stagione scorsa è inoltre diventato il quarto giocatore della storia Nba ad accumulare 15 punti, 5 assist e 5 rimbalzi di media in ciascuno dei primi cinque anni di carriera, aggiungendosi ad una prestigiosa lista che comprende Oscar Robertson, Magic Johnson ed il suo attuale compagno di squadra Grant Hill.
Arrivato nella Nba nel draft del 1999, si è attirò a vita l’odio della città di Vancouver per avere rifiutato di scendere in campo con la maglia dei Grizzlies che o avevano scelto e pretendendo immediatamente uno scambio con una squadra ed una città migliori.
Per averlo, Houston spedì in Canada l’allora promettente Michael Dickerson, Othella Harrington, Brent Price, Antoine Carr ed una futura prima scelta e così Francis divenne il legittimo successore di Hakeem Olajuwon nel ruolo di leader della franchigia texana. I Rockets, in piena ricostruzione, diedero carta bianca al loro nuovo giocatore, fatto che fece propendere lo stesso Olajuwon per concludere la carriera ai Raptors dopo un solo anno di convivenza con The Franchise.
Le prime stagioni furono difficili, accompagnate da numerose sconfitte e da piccoli ma insufficienti passi in avanti da una stagione all’altra. Ebbe poi inizio la dinastia Ming, e nel 2002-2003 la squadra riuscì ad avvicinarsi alla postseason, rimanendone esclusa per un soffio dopo un rush finale estenuante nel testa a testa contro Phoenix.
La scorsa stagione rappresentò un inizio di svolta per Houston, e venne chiamato Jeff Van Gundy a condurre la squadra verso nuove strade gloriose, dopo che la leggenda Rudy T si era messo già da parte per curare i suoi mali. La filosofia dell’allenatore non si sposò decisamente con la natura di Francis, che si trovò costretto a reinventarsi in un ruolo che non gli dava più la libertà che aveva prima e lo costringeva al gioco di metà campo.
Francis si trovò ingabbiato dagli schemi, e dovette mandare giù un pò alla volta il fatto che Yao Ming aveva preso il suo ruolo, quello di destinatario principale dei possessi offensivi. La squadra ottenne il primo accesso ai playoffs dal 1998, salvo uscirne subito per mano dei Los Angeles Lakers di Kobe e Shaq.
Una sola partecipazione alla postseason, nessuna serie di playoffs vinta ed una difficile convivenza con i progetti di Van Gundy, ovvero attacco statico e tanta difesa, portarono alla decisione di scambiarlo completando quella rivoluzione cominciata con l’assunzione del nuovo coach.
Nelle foto della conferenza stampa di presentazione dei nuovi arrivati ad Orlando, pareva quasi strano di vederlo con una nuova casacca, ma lui era comunque felice: finalmente, come spiegò lui, poteva tornare a giocare di testa sua, senza dover fare il “robot”. Inoltre si sentiva al sicuro con Mobley accanto a sè e vedeva ancora tanti alley oops da scambiare con il compagno.
L’esordio è di quelli con il botto, in quanto Steve si trova già alla prima partita contro i Bucks a dover amministrare l’ultimo tiro della gara, mandandolo a segno per il 93-92 finale, aggiungendo ai 26 punti anche 7 assist e 9 rimbalzi.
L’inizio di stagione è promettente ed Orlando, con il suo nuovo leader accompagnato da Mobley, il ritrovato Grant Hill ed il rookie Dwight Howard, compila un record di 13 vittorie e 6 sconfitte sino al 10 di dicembre, per poi cominciare a perdere quota nei mesi successivi.
La squadra perde 8 partite delle successive 10 vanificando lo sforzo fatto precedentemente e termina il mese di gennaio con un parziale quasi alla pari, con 9 vittorie ed 8 sconfitte. In questo periodo il general manager John Weisbrod decide che è ora di cambiare qualcosa ed opta per lo scambio che porta Cuttino Mobley a Sacramento in cambio del veterano difensore Doug Christie.
Una bella tegola si abbatte sulla testa di Francis, che non riesce a capire l’accaduto ed è demoralizzato. Weisbrod spiegherà poi che la cessione di Mobley dà la possibilità a Steve di diventare un miglior giocatore, di dimostrare quello che vale separato dal compagno con cui aveva sempre fatto coppia fissa.
Ed arriviamo al mese corrente. Francis è chiaramente il miglior giocatore dei Magic in virtù di 21.9 punti, 7.1 assist e 6.3 rimbalzi ad uscita, 5 tiri risolutivi messi a segno nel momento clou di 5 diverse partite, ed il numero di punti complessivi segnati nel quarto periodo più alto ad esclusione del solo Bryant.
I ballottaggi per le convocazioni all’All Star Game non lo vedono però in viaggio per Denver le cause di ciò possono essere molteplici.
Si può infatti notare come gli oltre 200 turnovers subiti dal giocatore siano il numero più alto registrato in tutta la lega, ed inoltre Steve non si è certo costruito una buona reputazione con gli arbitri scagliandosi troppo emotivamente contro le loro decisioni, fatto negativo per le simpatie del pubblico che poi deve votare i quintetti.
L’anno scorso Francis ha preso più falli tecnici di qualsiasi altro giocatore, ben 19, tendenza proseguita quest’anno dove gliene sono stati fischiati 14 in 47 partite. Un'altra motivazione potrebbe anche essere la stagione un po’ al di sotto delle aspettative dei Magic, che erano attesi da un record un po’ più consistente a questo punto dell’anno.
I numeri eccezionali di Steve Francis non nascondono dunque la stagione altalenante degli Orlando Magic: la squadra ha ottimo potenziale, ha ritrovato Grant Hill (convocato per l'All Star Game) che ha segnato 39 punti nell’ultima partita disputata contro i Clippers dopo quattro anni di sofferenze, ed ha scoperto in Dwight Howard una superstella futura; nonostante questo il team sta giocando male in difesa ed è 9-18 quando concede più di 100 punti all’avversario.
L’annata della squadra di Disneyworld può essere letta in due modi: si può considerare positiva se si pensa al netto miglioramento fatto dal 2003/2004 ed il quinto record assoluto della Eastern Conference rappresenta il risultato della classica turnaround season, con il record dell’anno precedente trasformato radicalmente; si può anche considerare negativa per altri aspetti stranamente proprio in funzione del record, in quanto molti si aspettavano la squadra con un miglior risultato di quello attuale visto il roster a disposizione.
Molte critiche sono piovute addosso alla squadra dopo la bella partenza, perchè sono arrivate prestazioni incerte e discontinue e la squadra non è mai riuscita a mettere insieme striscie vincenti superiori alle tre vittorie. Alcune sconfitte hanno lasciato perplessi, tipo quelle subite contro Atlanta, Golden State e Charlotte; inoltre hanno lasciato a desiderare i 60 punti infilati ai Magic da Allen Iverson e la sconfitta evitata nel finale contro i dimezzati Hornets, con Dan Dickau a fare il bello ed il cattivo tempo nonostante non sia certo una superstar.
Grazie alla pausa All-Star, Orlando giocherà una sola partita nei prossimi sei giorni ed avrà tempo di rimboccare le maniche e recuperare un po’ di energie. La parte finale della stagione prevede 16 partite in casa e 14 in trasferta; 15 di queste partite saranno contro squadre dal record in pareggio o in positivo e 5, verso metà marzo, saranno giocate consecutivamente fuori casa comprendendo un bel viaggetto nella West Coast.
Margini di miglioramento dunque ce ne sono, sia per Orlando e sia per Steve Francis. La squadra dovrà alzare il livello della difesa, senza la quale non si fa molta strada nella postseason mentre il suo leader dovrà giocare maggiormente con i compagni e sveltire le sue decisioni con il pallone in mano, scegliendo più rapidamente se creare gioco per sé o per gli altri evitando di continuare a perdere maree di palloni.
Di buono c’è comunque molto ed uno degli aspetti più positivi è che Francis si è confermato come clutch player, ovvero quello che la mette quando la situazione scotta, e come giocatore totale: dovrà imparare che queste qualità vanno messe maggiormente a disposizione della squadra in vista della crescita programmata per i prossimi anni.
Le basi per un futuro di alto livello John Weisbrod le ha messe con mosse di mercato che in tempi diversi hanno portato Hedo Turkoglu e Doug Christie (che darà una mano in più in difesa)e scegliendo finalmente un buon giocatore dal draft, il promettentissimo Dwight Howard, cosa che il suo predecessore Gabriel non era riuscito a fare sprecando i pick su giocatori che non hanno mai avuto impatto.
Steve Francis è il leader designato di tutto questo contesto e dovrà diventare per Orlando ciò che i Rockets speravano diventasse per loro, ovvero The Franchise; un buon obbiettivo per iniziare è quello di vincere la prima serie di playoffs della sua carriera, nell’oscurità della Eastern Conference.
E' noto infatti che nell'ambiente Nba il metro di paragone per stabilire se un giocatore sia vincente o meno è il numero di anelli conquistati e finora Steve non ci è nemmeno andato vicino.
Per fare questo dovrà imporsi delle regole fondamentali, trovare un suo ruolo definitivo, che sia come play o come guardia tiratrice questo si vedrà , e soprattutto dovrà farsene una ragione dello scambio che gli ha portato via il suo migliore amico e compagno di squadra.
E' arrivato il momento di cominciare a vincere, Franchise.