La firma di Nash sta pagando dividendi sostanziosi.
Siamo quasi giunti al momento della partita delle stelle, tradizionale carnevale dei discorsi da bar: questi primi mesi di stagione NBA hanno mostrato qualche interessante linea di tendenza proprio per quanto riguarda il Principe dei discorsi da bar, ovvero il conferimento del titolo di miglior giocatore della lega.
Se l'estate NBA è stata piena di sorprese, non si può infatti dire che l'autunno e l'inverno siano stati noiosi e prevedibili.
Sono salite alla ribalta nuove squadre e nuovi protagonisti più o meno attesi; nello stesso tempo alcuni “pezzi grossi” sono stati ridimensionati in modo inatteso.
Basta considerare la classifica finale del titolo di MVP dell'anno passato per rendersene conto.
Kevin Garnett
Tim Duncan
Jermaine O'Neal
Peja Stojakovic
Kobe Bryant
Shaquille O'Neal
Ben Wallace
Jason Kidd
LeBron James
Baron Davis
Sam Cassell
Dirk Nowitzki
Andrei Kirilenko
Yao Ming
Michael Redd
Carmelo Anthony
Tanti grandi campioni… ma solo ben pochi di loro si sono confermati sui livelli della scorsa stagione. Iniziamo dalle grandi delusioni:
Anthony è stato rallentato da numerosi infortuni, sta tirando in modo vergognoso, e più in generale sembra una pallida copia, in campo e fuori, del fulgido talento ammirato nella stagione scorsa.
Yao sta sorprendentemente mostrando delle notevoli crepe nel suo sviluppo che, come quasi tutti credono, dovrebbe portarlo a diventare l'erede di Shaq come centro più dominante del decennio. Della mancanza di cattiveria tutti parlano, ma i problemi non sono solo emotivi: la parte superiore del corpo continua a non essere abbastanza forte in proporzione alla sua costituzione fisica, la resistenza non migliora, gli avversari fisici e scaltri lo mettono in difficoltà . Inoltre gli schemi “catenacciari” di Van Gundy e l'anarchia tattica di McGrady non lo aiutano.
Stojakovic sembra inevitabilmente in contrasto con Webber, non solo dal punto di vista caratteriale ma anche da quello tattico: con CWebb in campo le cifre e l'impatto del serbo calano vistosamente (le sue cifre sono le peggiori dai tempi del suo secondo anno), e uno degli ex intoccabili è ora palesemente offerto dai Kings a destra e manca.
Cassell si è fatto notare più per le lamentele legate alla volontà di rinnovare il contratto che per il livello del suo gioco, talmente disastroso da non meritare nemmeno un commento.
Kidd è stato bloccato dall'infortunio, ultimamente ha ritrovato un po' di smalto, ma complessivamente sta comunque giocando a livelli inferiori alle sue possibilità . Solo una volta in carriera ha fatto peggio del suo attuale 38% al tiro, e i 6.5 assist sono il minimo assoluto.
Anche Baron Davis ha pagato un dazio altissimo ai suoi ormai cronici infortuni, e la sua situazione è aggravata dalla desolante pochezza degli Hornets.
Ben Wallace e Jermaine O'Neal sono stati fra i principali protagonisti della celebre baruffa, ma a prescindere da quella vicenda, e nonostante cifre assolutamente degne di rispetto, non danno l'impressione di essere all'altezza della loro fama, delle aspettative riposte in loro, e del livello di eccellenza raggiunto l'anno scorso.
Anche Redd ha cifre assolutamente in linea con quelle della stagione scorsa, ma l'effetto-sorpresa è scemato, e soprattuto va detto che i suoi Bucks languono nei bassifondi della lega.
Chi rimane, dopo questa clamorosa carestia di candidati?
Andrei Kirilenko stava avendo una stagione da MVP fino all'infortunio che ha fermato lui e i Jazz, che senza la superstar venuta dal freddo sono crollati.
Che dire di Shaq e Kobe?
Shaq viaggia su numeri in linea con quelli ottenuti nella stagione scorsa, e i suoi Heat volano letteralmente… ma siamo sicuri che siano proprio i “suoi” Heat, e non piuttosto quelli di Wade? Ne parleremo più avanti…
Kobe, prima dell'infortunio, stava ottenendo cifre di tutto rispetto, assolutamente degne di un MVP. E' ai massimi in carriera per minuti giocati, punti, rimbalzi, assist, stoppate, tiri liberi tentati; ma è anche ai minimi per percentuale dal campo, da tre punti, palle perse. Più in generale il nuovo assetto dei Lakers non convince fino in fondo, e vedere Odom così poco coinvolto fa male al cuore a chiunque ami questo gioco.
Un discorso analogo a quanto detto per Kobe si può fare per il Wunderboy Nowitzki: le sue cifre sono eccellenti (massimo in carriera per punti e rimbalzi, ma va male con palle perse e percentuale dal campo), però i Mavs vivacchiano senza infamia e senza lode, e rispetto all'anno scorso sembrano aver perso più di quello che hanno guadagnato.
Non si possono dimenticare un paio di grandi campioni come Ray Allen e Allen Iverson, che dopo una stagione incolore stanno ottenendo grandi risultati.
Ci sarebbe da parlare di Garnett e Duncan, ma che possiamo dire su di loro che non sia già stato detto? Il titolo di MVP negli ultimi anni è stato una questione privata fra loro, e probabilmente anche quest'anno non farà eccezione. Questi due fenomeni giocano a livello altissimo sera dopo sera, stagione dopo stagione, e la loro totale dominanza “non fa notizia”.
Dopo una rapida panoramica sulla stagione dei “soliti noti” tradizionalmente in lizza per il titolo di miglior giocatore, è d'obbligo parlare degli “uomini nuovi” della lega: quattro grandi talenti, giovani e meno giovani, che hanno fatto il fatidico salto di qualità , assurgendo al titolo di degnissimi candidati alla poltrona di MVP.
Dwayne Wade si integra alla perfezione con Shaq, segna a valanga, nei momenti cruciali ha una freddezza glaciale, contribuisce con valanghe di rimbalzi ed assist, gioca a tutto campo. Ha ancora ampi margini di miglioramento, e forse questo fatto è ancora più spaventoso di tutto il resto.
Vi ricordate quando poco fa accennavamo al fatto che gli Heat siano la sua squadra? Un paio di numeri buttati lì, per suscitare curiosità …
Anche quando Shaq non segna almeno 20 punti il rendimento degli Heat non cala: 10 W e 2 L; se invece è Wade a non raggiungere il ventello la media peggiora (5-4). Quando Shaq non tira giù almeno 10 rimbalzi gli Heat non ne risentono (17 W e una sola sconfitta); ma se Wade sforna 5 assist o meno il record è 4-3. Insomma, anche le cifre corroborano una opinione quasi eretica, ma cui è difficile sottrarsi guardando le partite degli Heat: il famoso “one-two punch” è terrificante, letale… ma “one” è Dwayne, e “two” è Shaq!
Resta però il fatto che (lo insegna la carriera di Kobe) aspirare seriamente al titolo di MVP accanto a Shaq è difficile: uno può avere anche numeri incredibili, fare continuamente giocate abbacinanti, ma chiunque avrà l'inevitabile tendenza a scadere nel luogo comune “eh si, bei numeri, belle giocate, ma d'altronde è difficile non fare grandi numeri accanto a uno come quello lì!”. In ogni caso il ragazzo si è stabilmente inserito nel gotha della lega, e niente lascia pensare che non possa restarci per un buon decennio.
Amare Stoudemire è stato da più parti indicato come il più autorevole candidato al titolo di MVP stagionale. In effetti le sue prestazioni sono incontrovertibili, e lo collocano di diritto sul trono di miglior centro dell'NBA attuale: meglio di Shaq, meglio di Yao, meglio di chiunque altro. E' ironico che sia proprio lui il miglior centro della lega, visto che Phoenix tradizionalmente è un “donut team”, una squadra che nella sua storia ha sempre avuto un “buco” là in mezzo.
E' ironico perchè non è un centro vero, non ha pedigree da pivot di razza: da quando è arrivato 'Mare l'opinione diffusa è stata “mamma mia, questo potrebbe fare sfracelli se solo avesse un centro serio al suo fianco”, ma erano pochissimi quelli che credevano che potesse essere lui stesso un vero, grande numero cinque. E' anche ironico che proprio lui sia in vetta alla classifica della percentuale dal campo, visto che da quando è entrato nella lega il suo scouting report segnalava come suo peggior difetto il fatto di essere molto, troppo rozzo offensivamente.
Ricapitolando: cifre straordinarie, netta supremazia sui pariruolo, protagonista assoluto delle vittorie di quella che è a lungo stata la miglior squadra della lega… cosa si può frapporre fra lui ed il titolo di MVP? A dire il vero, qualcosa c'è: un piccolo canadese di trent'anni con capelli improponibili, di cui parleremo fra poco.
Prima infatti è necessario spendere qualche parola per il più forte ventenne che abbia mai preso in mano una palla da basket. Quante persone abbiamo visto remare contro e pronosticargli (o meglio augurargli) un flop clamoroso? Quante volte abbiamo sentito rimarcare i suoi difetti e difettucci? Quanto a lungo abbiamo sentito urlare “don't believe the hype”? Beh, è giunto il momento in cui non credere in lui è una vera e propria eresia: il “LeBronesimo” è ormai la religione dominante nell'NBA, e non vediamo come potrebbe essere altrimenti.
I suoi numeri sono spaventosi, le sue giocate incommentabili, la sua leadership e la sua maturità semplicemente incredibili, inaccettabili, incomprensibili. I record crollano giorno dopo giorno (l'ultimo è stato quello di essere il più giovane giocatore a mettere a segno una tripla doppia) e continueranno a farlo. Ultimamente ha pensato bene di tirar fuori dal cappello a cilindro anche qualche numero da consumato drammaturgo: una grande prestazione con naso rotto e maschera protettiva, poi pochi giorni dopo un finale di partita in cui ha guidato i suoi alla vittoria in rimonta dopo aver passato qualche decina di minuti in infermeria per curarsi un infortunio che sembrava aver chiuso anzitempo la sua gara.
Il cerchio si stringe, e l'ultimo nome che rimane da sviscerare è proprio quello più atteso, il giocatore che a nostro avviso merita più di ogni altro il massimo riconoscimento individuale… nonchè una delle più gradite sorprese dell'anno. Se il titolo di MVP dovesse essere assegnato oggi, chi se lo meriterebbe più di chiunque altro è infatti un protagonista inatteso a questi livelli, un giocatore che ha vissuto una carriera splendida, ma che in molti ritenevano avesse raggiunto il picco massimo quanto a sviluppo tecnico-tattico… Steve Nash ha invece pensato bene di elevare ulteriormente il livello del proprio gioco.
La scorsa estate ha firmato un sontuoso (quanto ad emolumenti annuali ma soprattutto quanto a lunghezza: una scelta apparentemente azzardata, visto che non è più un ragazzino) pluriennale, lasciando i Mavs e il Texas per accasarsi ai Suns. Un trasferimento che non tutti hanno commentato positivamente: chi glielo fa fare, si diceva, di lasciare una realtà comunque vincente (e foraggiata dall'inesauribile conto in banca di Re Mida/Cuban) per trasferirsi in una franchigia apparentemente mediocre, con gravi carenze di organico, una proprietà che punta a contenere le perdite piuttosto che a rimpolpare la bacheca dei trofei ed un allenatore con pochissima esperienza a questo livello?
I risultati hanno dato ragione a lui: il canadese è quanto di più vicino a Stockton si sia visto da quando il piccolo genio ha deciso di appendere le scarpe al chiodo. Lucidità , visione di gioco, leadership, freddezza, e anche la capacità letale di punire direttamente gli avversari che gli lasciano troppo spazio: incredibile per una guardia il 51.7% al tiro, ancora più incredibile per uno che in carriera non aveva mai atto meglio del 48%.
MVP. Most Valuable Player, ovvero il giocatore più determinante della lega. Se guardarlo giocare per voi non è ancora sufficente a qualificarlo come tale, guardate un po' questi numeri: Con Nash in campo, i Suns sono 37-7; senza di lui, 0-5. Con Nash in campo viaggiano a 23 assist e 48% ai FG; senza di lui, 13 assist e 36%.
Ci si può anche accontentare di un giocatore così, non trovate?