O'Neal s'aggrappa a Araujo; Indiana s'aggrappa alla sua stagione in cerca di qualcosa per rivoltarla
Una premessa: il 19 novembre verrà ricordato come la data che ha cambiato irrimediabilmente le sorti l'annata di Indiana. Da qui la considerazione: finora non è stata la stagione dei Pacers. E l'oroscopo, con un record di 20-24 e una pesante serie di 6 sconfitte in fila, non sembra migliorare.
L'ultima sfida contro Detroit, alla Conseco Field House, ha segnato la prima occasione in cui i Pacers hanno giocato "ragionevolmente al completo." Non c'era Ron Artest, com'è naturale; c'era però Steph Jackson, alla seconda partita, dopo la squalifica di 30 partite.
Donnie Walsh e Larry Bird avrebbero vita facile a chiarire che la squadra non ha mai giocato assieme, così come era stata costruita: Reggie Miller, Jackson, O'Neal, Tinsley, Croshere, Bender, Pollard e Harrison hanno complessivamente perso 182 partite di regular season. Troppe per qualsiasi gruppo.
E' un aspetto tecnico importante: non conta molto piangere sulle assenze, conta il fatto che tutte le squadre costruiscono la loro chimica nella regular season. Indiana, non solo non l'ha costruita, l'ha proprio persa. In fondo si trattava, a inizio di campionato, di inserire Steph Jackson nell'impianto che l'anno scorso aveva portato 61 vittorie e la finale di conference. L'ex campione con gli Spurs stava giocando nel ruolo di guardia, per l'infortunio alla mano di Reggie Miller.
Il 19 novembre Indiana si presentò al Palace di Detroit con 6-2 di record e vinse la partita. Sappiamo tutti cosa è successo quella sera. Da lì è cambiato il mondo dei Pacers. C'è stata anche una reazione di adrenalina dopo le sanzioni di Stern: Tinsley e Croshere trascinarono la squadra per tre vittorie contro Boston, Minnesota e Charlotte.
Da li il buio: una serie di 7 sconfitte consecutive, complice il primo viaggio a ovest, e un record complessivo di 10-21. L'immagine emblematica di questo gruppo l'abbiamo vista al Fleet Center di Boston dopo la sconfitta 100-86: Donnie Walsh, general manager della squadra, e Jermaine O'Neal, appartati a parlare, visibilmente preoccupati. "Dobbiamo scendere sul campo - ha detto l'ex Portland - con molta più energia e unità . Qualche giorno fa, quando abbiamo vinto contro Miami, non ho visto tutta questa differenza tra le due squadre. Ma non riusciamo a giocare più di 2 gare con lo stesso atteggiamento."
La partita contro i Celtics, non scelta a caso, è quella del rientro di Stephen Jackson; l'ex New Jersey è rientrato arrugginito dalla sua sospensione di 30 gare. Ha segnato 2 dei primi suoi 3 tiri. Ma ha chiaramente dimostrato di non avere le gambe per stare in campo con profitto per molti minuti. Il pubblico di Boston s'è scatenato, contro di lui e contro Jermaine O'Neal, mostrando uno spaccato di quello che i Pacers per un po' vedranno su ogni campo d'America.
Chi si attendeva che i rientri dalla sospensioni avrebbero fatto scattare la scintilla è rimasto deluso. La profondità del roster di Indiana ha fatto si che, in diversi momenti di questa prima parte della stagione, un giocatore abbia preso in mano la squadra, fornendo ottimi numeri. Ma la somma totale è sempre stata inferiore al valore degli addendi.
Reggie Miller ha segnato 24.9 punti di media nelle prime gare 10 gare. Ora si è attestato a 12.5.
Recentemente se l'è presa con Craig Sager della TNT, quello con le cravatte da scemo, che aveva parlato di un suo possibile ritiro. "Non hai dato un bell'esempio di professionalità - lo ha apostrofato direttamente Miller, fra tanti giornalisti - e comunque (rivolto agli altri ndr) se avessi propositi del genere non ne avrei parlato con lui: lo avrei fatto con mia sorella e, al limite, Charles Barkley."
Si sa che nelle intenzioni del veterano dei Pacers, questa è l'ultima stagione. Sager avrebbe colto alcuni discorsi di spogliatoio. La società non si preoccupa più di tanto perché, sembra strano dirlo, Miller, alle soglie dei 40 anni, non è più un fattore nell'attacco di Indiana.
Ron Artest è un fantasma pesante che aleggia sull'intera squadra: l'ex ala dei Bulls è tornato ad allenarsi col gruppo per alzare l'intensità delle sedute e rendersi utile. "E' solo un allenamento come un altro", ha detto Jeff Foster. Non è vero: quel giorno c'era lo spiegamento di telecamere tipico dell'All Star Game e delle finali. Una pressione difficilmente sostenibile per un team che, tra l'altro rivede le stesse scene quando gli O'Neal, i Jackson e gli altri si trasferiscono nelle aule dei tribunali. "Sappiamo - ha detto Carslile - che per questa stagione non tornerà più. Ma cerchiamo di trarre qualcosa da questa situazione e al tempo stesso di non isolarlo." Artest si sta tenendo in forma con esercizi di Yoga e Pilates.
Ufficialmente la posizione di Larry Bird, che ultimamente si è fatto un lungo tour europeo, è di pieno sostegno, un atteggiamento necessario in vista di un tentativo di scambio che si preannuncia complicato: il discorso è già stato affrontato, alla cifra che guadagna Artest, l'unico giocatore di valore comparabile è Predrag Stojakovic. Il rischio è quello di svenderlo: Indiana dovrebbe inserire nel discorso uno fra Johathan Bender e Austin Croschere che, in due, portano via 15 milioni di dollari sul salary cap. Difficile trovare qualcuno che abbocchi. Difficile che abbocchi Atlanta che avrebbe Antoine Walker: i dirigenti degli Hawks vogliono far scadere il suo contratto da 14 milioni di dollari. L'idea di Donnie Walsh è più sincera: "Non ci muoveremo se non troveremo uno scambio che faccia al nostro caso."
"Quando una squadra gioca in un certo modo - commenta Rick Carslile - non è solo colpa dei giocatori. Mi prendo tutte le colpe per il momento che stiamo vivendo." Indiana appare una squadra slegata, che può cambiare radicalmente volto nel giro di 10 minuti. Sul campo, oltrechè di coesione, si sente la mancanza di un vero e proprio leader. Jamal Tinsley è l'uomo barometro della squadra: la sua creatività in attacco è fondamentale, così come la sua capacità di andare da un punto A ad un punto B ogni volta che ha la palla in mano. Jamal non sarà il miglior play di New York, ma ha fatto un salto di qualità evidente; il problema sta nella sua interpretazione del gioco, tutta sua, tutta newyorkese. E nel suo concetto di difesa che spesso significa osservare l'avversario diretto.
Quest'anno sta segnando 17 punti a gara ma la sua media di assist è scesa. Ad ogni modo i numeri sono con lui se consideriamo che il record delle ultime due stagioni, nelle partite in cui ha giocato, è 54-24. Anche perché con Antony Johnson e Eddie Gill il livello scende tragicamente. Jermaine O'Neal sta disputando una grande stagione, almeno numericamente, con i suoi 27.7 punti a gara. La cifra tecnica del suo gioco però è in stallo: le letture, la capacità tecnica di gestire i raddoppi e le trappole difensive. L'O'Neal secondario rimane un talento straordinario, un gradino sotto all'elitè del ruolo.
Red Auerbach, grande mentore dell'attuale Presidente dei Pacers, Larry Bird, diceva che un anno passa in fretta. L'ex ala dei Celtics crede ciecamente nei precetti del suo mentore. Indiana è passata dall'essere una contender allo status di squadra che non vorresti mai incontrare nei playoffs. E la discesa non si è ancora arrestata. "Con tutto quel che è successo - ha detto O'Neal alla 41esima partita - è un miracolo se siamo al 50% (20-21 ndr). Ora dobbiamo ripartire." Per ora la scintilla non si vede. Indiana deve ancora fare un viaggio al di là del Mississipi e deve giocare diverse trasferte insidiose a est.
Metà stagione scorre passa anche più velocemente di una stagione intera.