Golden State… freschi!

Mike Dunleavy: talento tanto, sostanza poca…

Con i suoi 42 punti ha interrotto la serie negativa di nove sconfitte di seguito della sua squadra. Mancava da, guarda un po', nove partite. Al suo ritorno in campo con i Warriors, a Oakland, c'erano i Nuggets di Denver. Dieci punti consecutivi nell'ultimo quarto. Parziale, a costo di risultare ripetitivi, di 10-0 e vittoria portata in saccoccia.

"Ha giocato una gran partita - recitava coach Montgomery nel post match -. Siamo felici di riaverlo in squadra. Restiamo coi piedi per terra però. Si tratta pur sempre di una semplice vittoria".

Già . Forse il punto sta proprio qui. Che si trattava solo di una vittoria.

Si continua a navigare in acque troppo alte nella baia dei Golden State Warriors. Terra! No, nessuna traccia. Dodici vittorie, 29 sconfitte. Playoff lontani, troppo lontani perché la Conference è quella dell'Ovest. Perché qui a comandare sono Garnett, Duncan, Nash e compagnia bella. E forse anche perché la squadra ha finalmente scoperto, purtroppo o per fortuna, di dipendere quasi esclusivamente dal rendimento di quel signore che ha ficcato il quarantello di cui si è parlato prima. Jason Richardson, eh sì, si tratta di lui.

L'estate a Oakland non ha portato affatto consiglio. Soldi, non pochi, e ampio spazio salariale (complice l'addio di Dampier) sono stati riempiti fino all'orlo da due contrattoni di quelli di ferro, ricchi di dollaroni sonanti. Niente di strano, considerato che di free agent appetibili ce n'erano tanti tanti. Da grattarsi la testa per un'ora abbondante, considerato che questo investimento è stato fatto su Adonal Foyle e Derek Fisher.

Con la partenza di Dampier, il gigante uscito da Colgate avrebbe dovuto avere il posto da titolare e tanti minuti in più a disposizione. Dopo qualche comparsata in quintetto e cifre piuttosto scarse (3 punti e 4 rimbalzi con un massimo di nove, stessa pappa del 2004) lo hanno rispedito in panchina, anche perché un commovente Cliff Robinson, 39 anni, sta tuttora dimostrando di essere ancora il miglior difensore della squadra. E questo, con rispetto parlando per Cliff, non è un bene.

The Fish, uomo d'esperienza, vincente, con tre titoli vinti a Los Angeles e tanta voglia di fare, avrebbe dovuto aiutare la crescita di giovani quali Pietrus e Dunleavy, talenti bravi belli e futuribili che però hanno sostanzialmente Un problema. La costanza. Niente, non riescono a trovarla. Non riescono a fornire un contributo di quelli solidi, continui.

Il francese è un tiratore sopraffino si vabeh, ma allora questo 36% da due punti? Imparare un po' a giocare con la squadra no? E questo è uno che lo scorso draft è stato scelto tra i primi dieci. No dico, PRIMI DIECI.

Il figlio di Mike Sr al contrario è un atleta formidabile, capace di catturare anche 20 rimbalzi in una partita. Potenzialmente è una tripla doppia ogni sera. Già . Quando vuole lui. Ah sì ecco. Quando vuole lui. La ripetizione è dannatamente voluta. Perché troppo spesso si estranea dal gioco. Certe volte assomiglia di più a un avversario che a un giocatore dei Warriors. E il suo backup si chiama Calbert Chaeney, altro vecchietto che in fin dei conti il suo lo ha già  dato.
Colpa loro, sì. Ma è anche demerito di una squadra che gira poco. E se gira poco, qualche responsabilità  ce l'ha anche il playmaker, anche perché Speedy Claxton, l'altro point guard, ha cifre leggermente migliorate, anche negli assist (quasi 6), ma il fatto è che quando passa il pallone è sempre come se gli stessero tagliando il braccio.

Derek Fisher ha sì aumentato anche lui le sue statistiche, segna 11 punti a partita. Qualche volta ha anche tirato fuori dalle castagne i Warriors con due o tre giocate delle sue a pochi secondi dalla fine ma sta fallendo laddove proprio non poteva permetterselo: diventare il leader, dentro e fuori, di questi Warriors. Migliorarli, mostrar loro la giusta via, da troppo tempo smarrita. Erano i tempi di Jamison, di Hughes, di un giovane Danny Fortson forse lasciato andar via troppo in fretta.

Così, a tenere a galla quel poco che rimane è ancora lui, J-Rich. L'anno scorso schiacciato da una responsabilità  troppo grossa per la sua ancor giovane età  (23 anni). Beh, quest'anno forse no. Quest'anno qualcosa si inizia a vedere.

Si vede un giocatore che ha incrementato le sue statistiche. Tre punti più dell'anno scorso, tiro da fuori migliorato, qualche assist in più che male mai non fanno. E per lui si tratta della prima annata da oltre il ventello di media.

Si vede un giocatore che in campo dà  l'idea di poter fare tutto. Dall'andar via nell'uno contro uno, alla cattura del rimbalzo.

Prima dell'infortunio che lo ha tenuto lontano dal parquet per nove partite, i Warriors erano in striscia positiva di quattro vittorie di fila (miracles are possibile) con una media di 105 punti a partita, con J-Rich fisso sui 27 a gara. Fuori lui, 9 sconfitte di fila, 88 punti segnati di media e i soli Murphy e Robinson a non sfigurare, fatta eccezione per qualche lampo di Fisher e Claxton.

Insomma, la guardia uscita da Michigan State ha capito che a Oakland c'è bisogno di lui. E lui, per meritarsi così tanta fiducia, deve mantenere alti ritmo e concentrazione per tutti i quarantotto minuti. Cosa che non sempre ci riesce. Un esempio? La percentuale ai liberi. Una guardia che segna 22 punti a partita ma che dalla lunetta ha solo il 66%, o è un marziano o quando tira un libero, talvolta, pensa ai Rotoloni Regina. D'altra parte, battere Sacramento, Memphis e Dallas non è che capiti a tante squadre.

Se J-Rich sta lentamente prendendo coscienza del suo ruolo nei Warriors, ce n'è un altro che, al di là  di ogni più rosea aspettativa, l'ha subito capito e ora va come un treno. Questo signore qui, ogni riferimento a Troy Murphy è del tutto voluta, era reduce da una stagione durata pochissimo e rovinata da infortuni su infortuni, dopo che gli anni precedenti aveva mostrato una certa dimestichezza con la retina e il rimbalzo. Tornato attivo questa stagione, chi poteva immaginare che avrebbe incrementato così tanto la sua incidenza, i suoi numeri, il suo peso specifico su ogni singola partita?

Troy Murphy. 16 punti, 11 rimbalzi di media. Trattamento di palla sopraffina, mani da guardia (tira da tre punti col 45% ed è un due metri e undici), ma fisico e istinto del rimbalzo della più massiccia delle power forward. Che fosse uno di quelli validi lo si sapeva. Ma tornare così, con questo curriculum, proprio era difficile pronosticarlo. Vederlo tenere testa in attacco ad avversari per lui fino a qualche tempo fa inarrivabili (che poi sono i soliti: Stoudamire, il Caraibico, Big Ticket) può solo far piacere. In attacco però. Attenzione. Il suo guaio maggiore è la difesa.

Molto "morbida" se così si può dire. Non è che gli manchi cattiveria, tutt'altro. E' solo che, evidentemente, piuttosto che fare con il ditino "No-no" a mo' di Mutombo al suo avversario, preferisce aspettare di correre sulla metacampo avversaria e restituire i due (o tre) punti in faccia. Cosa che peraltro fa con continuità , anche se giorni di "pausa al tiro" capitano anche a lui, roba del tipo 3-15 per tre gare di seguito. Limite che hanno in molti, oggi nella Nba, se si hanno 24 anni. Ma questo è Troy, il duro della baia. Per ora, si tratta di prendere o lasciare.

E il Gm Chris Mullin se lo tiene stretto, con tanto di estensione contrattuale. Sì perché Murphy, a lottare sotto i tabelloni, è pressoché da solo. Di Foyle abbiamo detto poco ma è abbastanza. Forse si pensava potesse diventare il nuovo Dampier. E' rimasto semplicemente Foyle. Un discreto cambio dei lunghi. Buon stoppatore. Che fa il suo compitino e stop.

Così il compitone deve portarlo a casa Clifford Robinson, sedici stagioni Nba sulle spalle, 14 in doppia cifra in punti. Commovente nell'impegno e nella difesa, dura e arcigna sempre e comunque. Stoppa come quando aveva 28 anni, e cioè 11 anni fa. In campo si fa sentire e spesso, senza J-Rich, si è ritrovato a essere anche la prima opzione offensiva della squadra (ha un massimo di 25 punti contro Dallas).

Sì però, abbiate pazienza, è del '66. E ora è anche fermo ai box per dei problemi alla schiena. Lui poi a rimbalzo ci va pochino, e finché si attacca va anche bene, perché così allontana il suo avversario dal canestro (un centro o una power forward) consentendo a Richardson e soci di puntare più facilmente l'area -tira anche da tre punti Cliff, e lo fa ancora bene-.

Altro? Andris Biedrins, scelta numero 12 del draft. Ennesimo progetto Warriors di quelli che una volta su dieci finisce bene.

Poca roba è arrivata da Dale Davis, che con Robinson occupa circa 15 milioni del salary cap della squadra. Numeri pesantini, per quello che alla fine sono due giocatori a fine carriera, uno dei quali (Davis) è in pensione già  da un po'. L'unico che ha mercato è proprio Robinson. E i Nets sembra abbiano offerto un po' di prime-seconde scelte per lui e Dunleavy. Ma Chris Mullin nicchia. "Non possiamo privarci di Cliff. E' il nostro migliore difensore". Sì ma Chris, il vecchio Clifford non ce la fa più. Mai sentito parlare di ricambio generazionale?

Il pacchetto lunghi viene completato infine da Eduardo Najera è rimasto a lungo infortunato e da pochi giorni è stato riattivato. Farebbe comodo un po' della sua rabbia agonistica, questo è certo. Ma se i Warriors puntano a fare il salto di qualità  grazie a Najera, beh, allora è evidente che qualcosa non va.

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