David Harrison, ex Colorado University, sta guadagnando spazio nei Pacers del post rissa
Come tutti i malati cronici di NBA, all'inizio del nuovo anno solare, inizio a visitare i vari mock draft che si trovano in rete. Ovviamente un mock draft che spesso ha poco senso ad un mese dal draft, va preso per quello che è cinque mesi dall'evento. Ma almeno dei 60 giocatori indicati si può dire che 2/3 saranno poi veramente quelli scelti, magari in un ordine molto differente da quello ipotizzato in questi giorni, anche perché intanto si dovrà vedere chi si dichiarerà eleggibile, poi ci sarà da valutare cosa proporrà il torneo NCAA, ed infine fare i conti con le esigenze delle squadre.
Il quadro che ci propongono i mock draft in questi giorni è la solita compilation sempre più esotica di sette piedi, che in teoria potrebbero essere adeguati a giocare da centri puri nella lega. E qui torniamo ad un discorso molto più ampio che ovviamente rende il draft NBA come un evento che sfugge ad ogni tipo di logica sia a priori che a posteri, dove spesso trovare una spiegazione ad una determinata scelta è difficile anche per chi ha fatto la scelta stessa.
A tal proposito recentemente mi sono letto, un articolo fiume scritto da un giornalista americano, dove con la collaborazione di alcuni General Manager, svela i segreti ed i metodi di avvicinamento al draft delle varie dirigenze, dando ancora maggiormente un tocco di follia a questo evento. Ne emerge che generalmente un General Manager si presenta la sera del draft con la seguente documentazione, un rapporto giocatore per giocatore redatto sia dai vari scout sia dall'attuale coach sia dal GM stesso quando ha avuto il tempo di visionare il ragazzo, questo documento deve per esigenze di spazio essere velocemente leggibile, quindi raccolto in una pagina fronte retro, poi il GM ha per le mani il vero pezzo forte ossia uno schema che va per esclusione, mettendo i ragazzi in ordine dal più importante a decrescere, da cui vengono via via tolti i selezionati.
Con tutto questo materiale a disposizione direte voi che un GM al momento di scegliere ha le idee chiarissime sul da farsi, senza titubanze, in maniera che in quei pochissimi minuti che intercorrono tra una scelta e l'altra, di fatto non ci sia nulla da decidere. Appunto… invece non è proprio così, perché poi c'è il fattore umano ed emotivo che ha condizionato tante scelte, e soprattutto provocato tanti errori.
Gli esempi che ne vengono fuori spesso sono allucinanti, come quello che ha portato i New York Knicks ha scegliere il francese Weis nel draft del 1999, l'allora General Manager dei Knicks Ed Tapscott aveva visto il draft andare più o meno come lo voleva lui, visto che gli obbiettivi con la scelta n° 15, erano il figliol prodigo Ron Artest e Jeff Foster entrambi attualmente ad Indiana.
La leggenda narra che dopo la scelta numero 13 dove Seattle scelse Magette (poi ceduto la stessa notte ai Magic), Minnesota con il pick n° 14, non avrebbe scelto Artest perché negli ultimi giorni girava voce che avesse problemi ad un ginocchio e che avesse rinunciato a Foster perché alle misurazioni fosse risultato 6-9 invece di 6-10 e quindi impossibile da mettere in mezzo. Minnesota a sorpresa sceglie William Avery, a quel punto i Knicks sono spiazzati, perché un dirigente meticoloso nelle scelte come McHale ha rinunciato proprio a quelli che interessavano ai Knicks ? Sentito puzza di bruciato il GM dei Kincks, partoriscono il colpo di genio, via Foster e Artest per prendere Weis i cui scouting report indicavano chiaramente tutti i possibili problemi di attitudine poi mostrati in futuro, ma si sa il draft è una scommessa con il diavolo e con Ewing a fine carriera quale migliore mossa che scegliere un centro vero almeno nel fisico almeno in teoria.
Altro grande aneddoto riguarda i Denver Nuggets nell'anno 2002, i Nuggets hanno la scelta n°5 e nel pomeriggio precedente al draft mettono a punto uno scambio con i Knicks per prendersi la loro scelta numero 7 e Marcus Camby in cambio di McDyess e Frank Williams, l'idea di Vandeweghe è di scegliere due lunghi un ala grande e un centro. La grande incognita del draft si chiama Amare Stoudemire, liceale di indubbia grinta e talento un po' screditato però dalla pessima stagione del trio di ex liceali scelti nel 2001 Kwane Curry e Chandler. Denver individua in Nene (allora Hilario) il centro ritenendo che si possa scegliere con il pick dei Knicks, e punta su Nickoloz Tskitishvili sette piedi georgiano, ritenendo che comunque Amare andrà via nelle 4.
Nelle ore che passano dalla definizione dello scambio con New York al draft vero e proprio i Nuggets si rivisionano tutto il materiale su Skita al punto di convincersi che vada scelto in ogni caso alla numero 5, a prescindere dalla disponibilità o meno di Stoudemire. Inizia il draft e come previsto Skita va a Denver con la numero 5, il pick n° 6 va a Cleveland che sceglie Wagner, e inaspettatamente alla 7 quando i Knicks devono scegliere per i Nuggets c'è ancora Amare, ma non c'è il tempo materiale per mettersi in contatto con Scott Layden allora GM dei Knicks, la telefonata o il contatto non arriva in tempo e i Knicks gli scelgono Hilario. Amare finirà poi alla 9 a Phoenix, dove per ironia della sorte colui che se lo sta godendo al massimo è il suo attuale allenatore Mike D'Antoni, che al tempo era Assistente e Scout ai Nuggets e che fu lui a sponsorizzare la scelta di Skita. Chissà oggi cosa potrebbero essere i Nuggets con Amare e i Suns con Skita?
Altri grandi protagonisti di cambi di scelte improvvise al draft sono stati negli anni i Warriors, che dopo uno spettacoloso draft nel 2001 dove pescarono Jason Richardson, Troy Murphy e Gilbert Arenas, sono tornati due anni dopo a far parlare di se stando sempre dalla parte sbagliata della ragione. E' l' anno della grande smania dei lunghi europei, ma soprattutto degli europei in generale, nei giorni precedenti al draft si sprecano le tattiche e pretaticche atte soprattutto a depistare gli altri, soprattutto quelli che scelgono prima. Golden State per una volta pare avere le idee chiare, si punta con decisione su Zarko Caparkaba del Budoconst, 7 piedi molto tecnico nella speranza di ricavarne un centro. Chi scrive ha visto dal vivo Caparkaba proprio nella stagione precedente al draft, è può dire tranquillamente, che il ragazzo non ha minimamente idea di come si giochi sotto le plance, è solo molto alto con un gran tiro da fuori, insomma un'ala piccola di 2,13.
Il problema per i Warriors sorge quando inaspettatamente si trovano disponibile Pietrus, detto euro Jordan, brutta (ma brutta davvero) copia di Jason Richardson, saltatore da paura, con un discreto (ma nulla di più) tiro da tre punti, che manca totalmente di gioco dalla linea da tre ad un metro dal canestro. Il problema è che il ragazzo era stato talmente pompato nei giorni precedenti, che era dato da tutti come scelto al massimo alla 7, dove i Bulls sicuramente non se lo sarebbero fatto scappare.
Allora cosa fare, ci troviamo di fronte al colpo di fortuna, grazie agli errori di altri GM oppure il ragazzo è sopravvalutato? I Warriors non resistono alla tentazione lo scelgono nonostante nel ruolo siano ben coperti con tanti saluti allo sloveno seguito fino al giorno prima. Il destino ha poi voluto che Zarko da pochi giorni sia tornato dove doveva essere grazie ad uno scambio con i Suns. Resistito per un anno alla tentazioni del 7 piedi europeo, la cosa non si poteva ripetere, così allo scorso draft i Warriors che nel frattempo hanno deciso di rinunciare ai servigi di Dampier puntano su un'altra scommessa proveniente dalla Lettonia di nome Andris Biedrins, oggetto tutt'ora sconosciuto dopo tre mesi di stagione regolare.
Di questi aneddoti se ne potrebbero raccontare un'enormità , ma sono solo l'esempio di quanto fragili insensate e mutevoli possono essere le varie strategia fatte in sede di draft. Torniamo al discorso iniziale ossia il mock draft 2005, non tanto per volerlo analizzare, quanto per evidenziare che il problema nell' NBA è sempre e solo quello : la mancanza di centri veri. O perlomeno è questo il problema che vorrebbero farci credere. Si perché se andiamo bene a vedere lo scorso draft c'è qualcosa che proprio non quadra e soprattutto mette in evidenza quanto gli americani riescano a mettere in dubbio tutti soprattutto se stessi.
Nei Pacers del dopo rissa uno dei giocatori che si è messo maggiormente in evidenza proprio nel ruolo di centro è David Harrison, che grazie a squalifiche e infortuni si è ritagliato molti minuti importanti, nei quali se guardiamo oltre ai numeri ha messo in evidenza doti importanti per uno come lui che alla fine ha tutte le caratteristiche che i General Manager vanno a cercare in sconosciuti Europei diciottenni.
Il problema è che il signor David Harrison è stato scelto alla pick n° 30, ossia tutti quanti i GM hanno avuto la possibilità di chiamarlo. Ma come allora, negli States c'è un centro vero nel fisico, con due mani dolci, molta tecnica, ottimi movimenti in post basso, e nessuno lo ha scelto fino alla fine del primo giro?
Allora evidentemente qualcosa non funziona nella testa di queste persone, perché il signor Harrison ha avuto un passato universitario di tutto rispetto, chiudendo il suo terzo e ultimo anno di college con 18 punti e quasi 9 rimbalzi di media, il tutto davanti agli occhi di tutti i GM perché comunque lo ha fatto in un college di tutto rispetto come Colorado e non in un college di Division II.
Evidentemente le parole ormai mitizzate di Jason Kapono alla vigilia del draft 2003 “se fossi nato in Yugoslavia e mi fossi chiamato Vladimir Kaponovic allora sarei stato perfetto” hanno anche oggi il loro senso soprattutto se si pensa che nell' NBA il maggior problema di sempre è quello di trovare gente valida per lo spot di centro.
Il vero problema di Harrison, come di tanti altri giovani che hanno fatto scivoloni al draft rispetto alle previsioni, è l'etichetta che ti appiccicano prima del draft, di Harrison dicevano fosse il nuovo Olowokandi, e questo ha pesato molto, però un discorso un Olowokandi sceglierlo al pick n°1 prima di gente come Bibby, Carter Jamison Nowitki Hughes e Pierce, un discorso è sceglierlo alla 30 in un draft indubbiamente meno talentuoso. Ovviamente però va detto che dei 28 giocatori scelti prima di lui un terzo abbondante, valeva più di lui, però ovviamente la vicenda ha qualcosa che sfugge alla razionalità . Il tutto è riassunto perfettamente in un'intervista rilasciata da un dirigente degli Indiana Pacers nelle ore immediatamente successive al draft :
“Avevamo come tutti un piano per il draft, ma quando si sceglie per 29° (la scelta era la 30 ma Minnesota alla 29 non aveva diritto di scelta per la nota vicenda del contratto di Joe Smith), ovviamente ci sono troppe variabili perché si possa raggiungere un obbiettivo prefissato, David non era nemmeno nelle previsioni perché per quanto avessimo necessità di un centro come lui, eravamo fermamente convinti che non sarebbe scelto nella metà del secondo giro, anzi addirittura tutte le squadre dalla 8 alla 14 teoricamente avevano bisogno proprio di un centro e David era perfetto per loro, invece nulla passano le scelte e lui era sempre libero, alla fine abbiamo iniziato a farci la bocca davvero però dalla 26 alla 28 sceglievano tre grandi squadre (Lakers, Sacramento e San Antonio) che avrebbero avuto bisogno di un centro, ma che allo stesso tempo non avevano nulla da rischiare nel caso Harrison si fosse rivelato un flop. Quando San Antonio ha annunciato di scegliere Udrih ho creduto di essere vittima di uno scherzo”
Direi che questa disamina vale molto più di mille parole, parole che evidentemente devono costare molto poco in sede di draft visto che lo stesso Harrison aveva a quanto pare la parola di due General Manager che sceglievano tra la 10 e la 20 che lo avrebbero selezionato.
Quello che però salta maggiormente agli occhi è il fatto che tante squadre di alto livello, non hanno voluto rischiare su di lui andando a prendere gente in ruoli in cui è sicuramente più facile trovare ottimo materiale. Se andiamo a vedere nel dettaglio dalla 20 in poi hanno scelto i Nuggets (20) che di centri veri non ne hanno, Dallas (21) che con quella scelta ha preso l'enigmatico Podkolzine, due volte Portland (22-23) che hanno un Ratliff trentenne che sarebbe stato un perfetto tutore per Harrison, due volte Boston (24-25) che di centri non ne ha nessuno, Sacramento dove un centro tecnico come lui avrebbe fatto sicuramente bene, i Lakers che ad oggi in mezzo hanno il suo clone bianco Mimh, e i due matusa immobili Vlade e Grant, e gli Spurs, che in definitiva hanno Nesterovic e poco altro, ma forse magari in questo caso sarebbe stato un giocatore inadatto a quel tipo di basket.
Allora in definitiva viene da pensare se il vero problema dell' NBA attuale è veramente la carenza di lunghi o meno, perché di fronte ai fatti nessuno ha preso un lungo onesto, magari non un fenomeno, ma uno che dieci anni abbondanti nell' NBA li fa di sicuro, per finire nel solito giro di scommesse a perdere che ormai stanno diventando i draft isterici di questi anni.