Jones segnala una tripla: un'immagine che nell'ultimo mese gli Heat hanno visto sempre meno
Una sorprendente crisi di metà stagione ha acceso la miccia di una piccola polemica interna fra coach Stan Van Gundy e Shaquille O'Neal. "Penso - ha detto ad un giornale della Florida l'ex Laker - che uno dei primi quattro posti per i playoffs sarebbe un buon risultato e un buon punto di partenza."
La risposta di Van Gundy non si è fatta aspettare: "Non credo -ha detto - che possiamo fare calcoli di questo tipo. Se quest'approccio può andare bene per Detroit, che ha già dimostrato a se stessa e a tutti il suo valore, noi dobbiamo capire qual'è il nostro. Quindi dobbiamo impegnarci al massimo ogni gara." I due si sono poi chiariti: nulla di grave, argomento archiviato.
Rimane il dato di fatto: 6 sconfitte nelle ultime 11 gare sono un motivo di preoccupazione ed analisi. "Quando passi un periodo negativo - comincia coach Van Gundy - devi mettere tutto in prospettiva: di certo abbiamo perso alcune gare in finali equilibrati, però dobbiamo chiaramente migliorare in difesa."
Nelle ultime 20 partite Miami ha concesso 100 punti 12 volte con il 46% complessivo dal campo: "Penso - ha detto Shaquille O'Neal - che sulle 13 sconfitte subite finora, solo 4, forse 5 volte, abbiamo perso chiaramente. Le altre sono arrivate per nostre disattenzioni nei momenti decisivi delle gare."
"Dobbiamo preoccuparci di fare le cose basilari: stare attenti sulla difesa del perimetro, proteggere l'area con continuità ." Nella sconfitta casalinga 106-100 al supplementare contro Indiana, Damon Jones ha marcato Jamal Tinsley, autore di 30 punti. "Lo abbiamo lasciato troppo solo", lo ha difeso il coach.
Se la difesa non sfolgorava nemmeno nel corso della striscia di vittorie, l'inversione di tendenza si è manifestata ai rimbalzi dove Miami troppo spesso è stata battuta: nelle ultime gare la media parla di 3 rimbalzi in meno a partita. Il punto più basso è stato toccato contro i Clippers 59-49. Contro Philadelphia, nell'ultima sconfitta 106-98 ,il parziale parla di un 49-40 per i Sixers.
"Quando siamo tornati dal nostro viaggio a ovest - nota con disappunto il coach - molti giocatori consideravano accettabile il bilancio (2-3). Non io."
Il punto tecnico è interessante: è chiaro che la squadra ha avuto un piccolo calo. La posizione di O'Neal nasce dalla sua esperienza di 12 campionati. Nel 2000 i suoi Lakers vinsero 67 partite di regular season e vinsero il primo titolo con grandi problemi nel chiudere le serie (6 sconfitte in 9 "close-out games"). Nei due anni successivi arrivarono rispettivamente 56 e 57 vittorie: nel 2001 i Lakers stabilirono il record di 15-1 con nessuna sconfitta esterna in post season, l'anno successivo giocarono la memorabile serie con Sacramento ma non ebbero grossi problemi con Portland, San Antonio e New Jersey.
La morale: una grande regular season non mette al riparo, conta di più essere pronti a aprile. Coach Van Gundy, nel suo ruolo, non può accettare questa visione e spinge i suoi a dare il massimo. Non a caso lo stesso Phil Jackson fece lo stesso nella sua prima stagione in California per conferire maggiore fiducia ai suoi giocatori. Solo negli anni successivi pianificò stagioni regolari in amministrazione controllata.
La posizione del coach di Miami è ancora più giustificata dalla mentalità di alcuni giocatori del supportin' cast non abituati a giocare sempre ai massimi livelli. Nella discussione si è inserito Pat Riley: "Siamo un team in crescita - ha detto il Presidente degli Heat - che non ancora sviluppato la durezza di San Antonio e Detroit. E' normale che quest'atteggiamento arrivi gradualmente giorno dopo giorno. A volte periodi di sconfitte, oppure una singola gara persa, magari fragorosamente di 30 punti, può suscitare la giusta reazione per far crescere il gruppo."
Chi deve crescere per tornare sui livelli di un mese fa è Damon Jones: l'esterno è reduce da un mese terribile in cui le sue percentuali di tiro sono crollate. Stan Van Gundy ha confessato di aver pensato seriamente alla possibilità di toglierlo dal quintetto: "Non si vuole - ha detto - gettare la croce addosso a un giocatore. Ma quando la squadra è in un periodo difficile e c'è un giocatore che gioca male il coach deve prendere delle decisioni."
Nelle ultime 12 gare Jones ha tirato col 32% da 2 e col 25% da tre. La sua percentuale da tre è particolarmente pesante perché il giocatore tira il 47% dei suoi tiri da oltre l'arco. Il tiratore che più di tutti aveva sfruttato lo spazio concesso da Shaq è in crisi: "Non cerco scuse - dice Jones - so che non sto facendo il mio lavoro. Ma non smetterò di tirare solo perché sono in difficoltà , so quello che devo fare."
Il momento della squadra dà fiato a chi, da tempo, sostiene che questo gruppo non ha abbastanza talento per vincere il titolo. "Non credo - dice Pat Riley che mantiene aperte le porte per Malone, Mourning e Quyntell Woods - si possa costruire una squadra perfetta, che possa affrontare ogni altra avversaria. Però abbiamo una stella emergente, uno dei giocatori più dominanti del pianeta e un coach che prepara ogni singola partita e non ci farà mai perdere per sue colpe specifiche. Il resto può essere discutibile. Ma noi abbiamo fiducia nella crescita di un gruppo che non stravolgeremo. Al limite faremo un innesto, non di più."
Punto a favore di Miami: una dirigenza che ben sa che avere una squadra competitiva ti mantiene nell'elite ma non assicura nulla e che non giudicherà l'operato della squadra solo dai risultati. Riley ha sviluppato questa filosofia nel periodo delle sconfitte nelle serie contro New York, "avevamo un grande gruppo ma solo una volta siamo arrivati in finale di conference", ed è convinto che questa squadra sia più talentuosa di quella guidata da Mourning e Hardaway.
Tutto questo a patto che i tiratori nei playoffs, dimostrino di poter mettere i tiri sotto pressione quando la difesa sarà costretta a ripiegare su Shaquille O'Neal. Da qui non si scappa.