Hamilton fugge verso i playoffs, l'unico orizzonte che interessi realmente a Detroit
La maledizione di Atene che si è abbattuta sui Detroit Pistons potrebbe essersi dissolta: Carmelo Antony, il giocatore che più ha odiato coach Larry Brown durante l'estate, aveva rifilato 31 punti a quelli della Mo-Town. Lebron James 43. Dwayne Wade aveva fatto ancora meglio con 31 punti, 10 assist e 10 rimbalzi.
In settimana, al Palace di Auburn Hills, sono passati i Phoenix Suns, spazzolati 94-80: Amare Stoudamire, "tatticamente" elogiato dal coach di Brooklyn prima della partita, ne ha segnati solo 16.
La vittoria contro la squadra di D'Antoni, priva del suo "Sai Baba" Steve Nash, non va troppo enfatizzata; di fronte c'erano pur sempre 2 squadre alla 5 gara in 7 giorni e l'energia ha fatto la differenza.
E' abbastanza chiaro però che i Pistons nell'ultimo periodo hanno fatto un salto di qualità nella loro interlocutoria stagione: 8 vittorie su 12 gare nel 2005, seppur con un'inversione di tendenza nelle due gare contro Milwakee, sconfitta 89-86, e contro i caldissimi Bulls(100-89).Queste due gare sono sintomatiche: al Bradely Center, Detroit nel primo tempo ha segnato con 21 su 35 (60%) ma ha chiuso in vantaggio "solo" 48-44. Hinrich e compagni hanno segnato con 49% dal campo.
Contro Phoenix invece, l'approccio dei Pistons ha fatto la differenza: Tayshaun Prince ha segnato 26 punti, Ben Wallace ha preso 15 rimbalzi e la difesa ha forzato 6 errori sui primi 7 tiri degli avversari. La difesa è chiaramente uno snodo critico per una squadra che, secondo tutti, non dispone di una vera e propria stella: Detroit sta concedendo 89.9 punti a partita, seconda difesa dopo quella iperabbottonata degli Spurs. Il dato però va scomposto alla luce del fatto che, già in 22 occasioni quest'anno, i Pistons hanno dovuto rimontare i loro avversari.
"Sono in parte colpevole per la nostra brutta partenza - spiega Larry Brown - perché questa è una squadra diversa dall'anno scorso. Ho avuto bisogno di tempo per conoscere i nuovi giocatori, capire quali sono le loro caratteristiche e farne regole di squadra. E' decisivo che noi alleniamo meglio questa squadra."
L'ex campione NCAA con Kansas trova anche il tempo per un po' di polemica: "Le nuove regole istituite sul hand checkin' - continua Brown - sembrano fatte apposta per penalizzarci. Abbiamo dovuto aggiustare la nostra difesa."
Questa visione delle cose è accettabile ma non spiega tutto quello che c'è da spiegare: "In stagione regolare - s'è lasciato recentemente scappare Chauncey Billups - si gioca per avere il vantaggio del fattore campo. Se lo guadagneremo bene altrimenti bene lo stesso."
Detroit è assolutamente convinta di essere la squadra più forte della Eastern Conference, sia che si giochi al Palace di Auburn Hills, sia che si giochi su qualsiasi altro campo. Questa convinzione viene da quello che è successo negli ultimi playoffs in cui Wallace e compagni vinsero una fondamentale gara6, sul 3-2 per New Jersey, alle Meadowlands, dopodiché capovolsero il fattore campo contro Indiana e Los Angeles.
Il nocciolo della questione è questo: Detroit solo ora sta cominciando a giocare per davvero. Nella particolare situazione di questa squadra giocare è sinonimo di difendere. L'attacco produce 90.1 punti a partita, il 27esimo della lega, ed è una parte limitata della visione di Brown e degli stessi giocatori. Anche se l'arrivo di Carlos Arroyo, giocatore creativo, che dà più di 5 assist in poco più di 25 minuti di gioco, bravissimo a dar palla dietro ai blocchi, spiega che Dumars è attanto anche alla metà campo avversaria.
Tornando alla difesa, solo nelle ultime partite si sono riviste quelle giocate di puro sforzo di Ben Wallace che, tra l'altro hanno un impatto psicologico decisivo, perché caricano come nient'altro i tifosi. Tutti a turno hanno fatto un passo in avanti: Billups ha segnato 25 punti nella gara vinta 90-76 contro New Orleans. Proprio in quella gara Big Ben ha regalato ai suoi il 62-51 recuperando un pallone in tuffo e regalandolo al suo play per una comoda tripla.
"Ben è grandissimo - dice Larry Brown - per tutte le cose importanti che fa e non vanno sulle statistiche. Ma stiamo migliorando anche in attacco, dove la palla gira meglio e tutti giocano di più per gli altri." Nella vittoria contro Orlando il protagonista è stato Rip Hamilton con 26 punti: "So che posso segnare – ha detto alla fine - ma non è questo il fatto. Cerco di difendere e di creare opportunità per tutti."
Il vero protagonista del periodo positivo di Detroit rimane comunque Tayshaun Prince: l'ala piccola sta segnando 16.6 punti per partita aggiungendo 5 rimbalzi e 5 assist. Il suo massimo è arrivato proprio con quei 26 punti ai Suns.
"E' facile allenare Tayshaun - dice Brown - perché ha una grande capacità di recepire ciò che gli si dice per poi cercare di farlo in campo." "Spesso in passato - dice il giocatore - il coach mi ha criticato per quel che facevo. Da qualche tempo noto maggiore fiducia: recentemente dopo qualche errore mi ha riservato solo qualche sguardo di incitamento, "su forza!".
Due rimangono i problemi da risolvere: Rasheed Wallace ha una parte troppo limitata in attacco. Non è tanto una questione di numeri (13 punti a gara): "Rasheed è un giocatore molto altruista -spiega Brown - ma negli ultimi anni a Portland ha cominciato a giocare lontano dal canestro. Noi abbiamo bisogno di lui in posizione di post."
Il talento dell'ala da North Carolina è fuori dalla media: in seguito a un infortunio al gomito patito in uno scontro con Shaquille O'Neal, per qualche gara l'ex Blaxers, destro naturale, ha tirato con la sinistra. "Mi faceva male anche solo per tenere la cornetta del telefono all'orecchio." Il suo problema storico è un minimo di testardaggine, quella che al college, piccolo esempio, lo portò a fare 9 tiri da lontano su 10 solo perché, dopo un jump-shot sbagliato, il suo allenatore gli aveva chiesto di avvicinarsi all'area.
La panchina della squadra è diversa dall'anno scorso: Nemeth Okur e Corliss Williamson sono andati via, essenzialmente per avere i soldi per rifirmare Ben Wallace e Prince.
Linsdey Hunter sta recuperando un minimo di brillantezza: "In estate - ha detto - mi sono riposato. Di solito mi alleno ma non quest'anno." Appena tornato, Andy Kaedler, responsabile della condizione atletica, gli ha "proposto" una dieta per perdere i 7 chili in eccesso che aveva accumulato. Con l'arrivo del play da Utah il suo ruolo diventerà ancora più specifico, soprattutto in difesa.
Antonio McDyess è la principale addizione offensiva e, per ora, unico cambio credibile in front line: nelle ultime gare il suo ruolo è stato definito, dopo che l'ex Nuggets aveva giocato da titolare nel periodo di assenza di Ben Wallace. "Dalla panchina sono più a mio agio - dice il giocatore - E' strano perché in carriera non avevo mai avuto questo ruolo." Mc Dyess può dare molti punti in pochi minuti, 14 punti in 10 minuti contro Boston. Sarà fondamentale con Carlos Delfino, quando rientrerà . Elden Campbell non c'è più, non stava giocando una stagione memorabile:
"Ci è dispiaciuto – ha spiegato Dumars - sacrificare Elden Campbell [forse gli 8.5 milioni di dollari in scadenza quest'anno ndr] ma abbiamo avuto la possibilità di prendere un giocatore giovane, di grande talento. Dovevamo farlo".
E' stato invece tagliato Derrick Coleman con quello che rimane delle sue ginocchia.
C'è una schiarita quindi nel "dramma" sportivo di Darko Milicic: coach Brown non perde occasione per massacrarlo. Contro Phoenix gli ha concesso 7 minuti in campo, massimo stagionale, ma lo ha levato per aver perso un rimbalzo contro Jackson Vroman dopo una terribile sgridata in panchina.
"So che davanti a me - dice Darko - ci sono tanti forti giocatori. Ma vorrei almeno giocare qualche minuto nel secondo quarto." "Non basta - stigmatizza Brown - dire che vuoi giocare. Devi guadagnarti i minuti giorno per giorno e poi dimostrare di essere pronto in campo. Non come durante le finali dell'anno scorso."
Il punto è che ora Campbell e Coleman non ci sono più. Dumars a parole è con Brown ma, come è ovvio, non ci sta a vedere un patrimonio della squadra, perdere valora giorno dopo giorno. Sarà un caso ma questi ultimi movimenti costringeranno il coach "a mangiare la minestra o saltare dalla finestra."
Nel frattempo dice Billups: "A un certo punto cambieremo il passo. Quando ci sarà bisogno."
Manca poco che ne parli sbadigliando. Detroit pensa che Indiana sia molto più debole dopo la sciagurata serata della rissa. New Jersey si è dissolta, Miami offre il problema Shaquille ma anche un paio di accoppiamenti favorevoli.
Nel momento in cui tornerà l'asfissiante difesa dell'anno scorso, Detroit sarà ancora la squadra da battere. Almeno a Est.