Il risveglio di Chris Bosh

Chris Bosh e la sua mano sinistra: il futuro dei Raptors

Archiviata ormai la trade che ha portato l'ex idolo dell'Air Canada Centre Vince Carter a New Jersey, il mondo NBA attendeva con curiosità  le reazioni della piazza di Toronto a quella che poteva rappresentare la classica “ultima goccia”.

Il matrimonio tra basket e Canada non aveva mai funzionato a meraviglia e con la partenza dell'unica attrazione “Vinsanity” si temeva un crollo di immagine e di pubblico.

Ma ovviamente oltre all'aspetto economico e di immagine dell'affare c'era anche interesse nello scoprire quali sarebbero stati gli adeguamenti di coach Sam Mitchell al nuovo roster a sua disposizione, privo definitivamente di “prime punte” e con possibilità  di rotazioni infinite.

Le 5 partire casalinghe che attendevano i Raptors dopo lo scambio con i Nets dovevano mostrare il nuovo volto, tecnico e gestionale, della franchigia.

Dal punto di vista del pubblico l'accoglienza è stata come al solito molto calorosa e la presenza dei soliti tifosi pittoreschi (chi segue le partite dell'Air Canada Centre sa di chi si parla…) non si è fatta attendere, ma nel complesso gli spettatori non hanno raggiunto le medie dei tempi che furono.

Se il tutto esaurito nel periodo del Vincredible show era quasi un'abitudine, in queste gare interne l'affluenza media è stata di circa 15500 spettatori, circa 3000 in meno del tutto esaurito.

Certo il livello degli avversari ed il freddo che attanaglia il nord america non hanno invogliato i cittadini di Toronto a recarsi al palazzo, ma il dato è significativo e potrebbe rappresentare un solido appiglio per chi vorrebbe trasferire al più presto la franchigia altrove.

La risposta sul campo invece è stata più che positiva, determinata principalmente da due fattori: il ritorno a grandi livelli di Chris Bosh e la nuova disposizione del quintetto che ha sperimentato, con successo, Sam Mitchell.

Il sophomore NBA scelto l'anno passato con la quarta chiamata assoluta era stato individuato da tutti come l'erede di Carter sia sul campo che fuori, quel giocatore che avrebbe dovuto assumersi le responsabilità  di guidare una squadra ormai priva di una credibile prima opzione offensiva e di un leader carismatico.

Sicuramente per essere un secondo anno con poca esperienza anche collegiale il repertorio tecnico e l'intelligenza tattica di Bosh sono fuori dal comune, ma dal punto di vista caratteriale i margini di miglioramento sembravano molti.

Nell'ultima settimana invece la fiducia del proprio allenatore e del pubblico alla disperata ricerca di un nuovo idolo hanno evidentemente caricato il ragazzo, che giovandosi anche della nuova strutturazione del quintetto di Mitchell ha sfoderato il meglio del proprio repertorio giocando probabilmente il miglior basket da quando è giunto nei pro.

Ottimi i movimenti andando a sinistra (sua mano forte) e grande sicurezza nelle chisure sotto canestro, due delle quali sono entrate anche nella Top Ten di NBA Action; l'impressione è sempre quella che sia un 3 nel corpo di un 4, ma l'agilità  e la decisione con cui palleggia attacando il lunghi avversari potrebbero diventare un'arma davvero efficace nei prossimi anni.

20 punti e 13 rimbalzi di media nell'arco di 5 partite che gli hanno garantito il premio di miglior giocatore ad Est della settimana (primo riconoscimento di questo tipo per lui) ma soprattutto hanno permesso ai Raptors di portare a casa 4 vittorie su 5 partite sfiorando l'en plein.

L'unica sconfitta è arrivata ai supplementari contro i Milwaukee Bucks, in una gara in cui i problemi di falli di Bosh, Marshall e Bonner hanno costertto Mitchell ad inventarsi Lamond Murray numero 4 con conseguente pic-nic nell'area pitturata dei Dynos (50 punti subiti da una formazione che schiera centro Dan Gadzuric).

Il bilancio comunque è stato decisamente positivo ed ha permesso a Toronto di staccarsi dall'ultima posizione nella Atlantic Division proprio ai danni dei New Jersey Nets dell'ex Vince Carter.

I playoff sono lontani più concettualmente che matematicamente, perché classifiche alla mano l'ottava formazione al momento nel derelitto Est sono i Chicago Bulls, ed il loro record di 16-18 lascia Toronto a 3.5 partite dalla post-season con metà  stagione ancora da disputare.

L'atmosfera che si respira nella città  però sembra essere comunque ottimista ed i sondaggi, da prendere comunque con le molle, affermano che il 67% dei tifosi dei Dynos crede non solo alla possibilità  di qualificarsi per i playoff, ma addirittura alla rimonta per il titolo di Division.

Ma quali possono essere i fattori che hanno generato questo entusiasmo nei cuori dei tifosi di Toronto?

Sicuramente la nuova, stabile, strutturazione che Sam Mitchell ha individuato per i suoi: Rafael Araujo, prima scelta di quest'anno, in quintetto dall'inizio e Jalen Rose nell'insolito ruolo di sesto uomo.

Certo il minutaggio di Araujo non è ancora significativo (circa 15 minuti per gara), ma gli spezzoni di partita che il brasiliano sta disputando sono sicuramente più qualitativi del solito garbage time e possono aiutare il giovane centro a maturare e ad accumulare esperienza di vera NBA che non potrà  che giovargli nel suo percorso tecnico.

L'uscita dalla panchina di Rose invece ha sicuramente influito sul rendimento della formazione canadese, perché ha innanzitutto permesso a Morris Peterson di avere più minuti a disposizione, ma anche perché l'efficacia delle pennellate mancine dell'ex fab-five è notevolmente aumentata da quando Rose non parte in quintetto.

Sicuramente l'atteggiamento dell'ex Michigan non è migliorato e la sua reazione alla decisione del coach di non schierarlo più tra i titolari non è stata troppo gradita, ma paradossalmente ha giovato sia al giocatore che alla squadra.

Il desiderio sempre vivo (dopo la partenza di Carter più che mai) di essere ceduto ha spinto Rose ad impegnarsi nei minuti a sua disposizione soprattutto per farsi vedere dal resto dell'NBA, migliorando le sue percentuali e mettendo a segno tre partite da 20 punti.

Tutto questo ha giovato ai Raptors che hanno potuto affidarsi alla verve anche difensiva di Morris Peterson, non esattamente uno specialista ma quantomeno più diligente tatticamente e meno distratto nelle marcature, e spremere il talento di Jalen concentrandolo in pochi minuti di qualità .

Da segnalare poi l'ottimo rendimento di un giocatore tipico esempio del sommerso mondo NBA che sta sostituendo per simpatia ma soprattutto per spirito di abnegazione Jerome Williams nel cuore dei tifosi dell'Air Canada Centre: Matt Bonner.

Il bianco lungo proveniente dall'università  di Florida ha visto aumentare esponenzialmemente i propri minuti di utilizzo anche perché il neo-arrivato Alonzo Mourning è stato inserito immediatamente in injured list e lo spazio nel roster dei Raptors per giocatori di front-line non manca mai.

Certo l'energia “rovesciapartite” di “The Junk Yard Dog” è inarrivabile, ma l'impegno e soprattutto le mani educate di Bonner gli hanno assicurato quasi 18 minuti di impiego a partita ed un posto fisso nella rotazione già  dal primo quarto.

Sono 7.5 i punti che il rookie offre alla causa di Toronto, tirando con ottime percentuali sia dal campo che ai liberi (55 e 81%).

Certo i problemi rimangono, come il difficile ambientamento dei nuovi arrivati (Aaron Williams su tutti) e la mancanza di giocatori in post, ma le prospettive sono quelle di una squadra convalescente sì ma in lento e graduale miglioramento.

Le prossime gare, soprattutto quelle con le prime della classe Miami e Phoenix, potranno dire se i playoff rimarranno solo un sogno da sondaggio oppure una concreta possibilità .

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