Rafer Alston e la sua imprevedibilità predicano invano nel deserto di Toronto
C'è veramente ben poco da salvare in questo 2004 per i Toronto Raptors.
L'anno solare che si è appena concluso lascia infatti a tutti i tifosi canadesi la sensazione che il futuro per la franchigia dell'Ontario non riserverà più molte soddisfazioni.
Lo scarso successo dell'operazione Kevin O'Neill, la mancata riuscita della trade che ha coinvolto Jalen Rose e Donyell Marshall, la cessione di Vince Carter ed infine le voci sempre più insistenti che vogliono la squadra trasferita in altra località .
Sono molte le preoccupazioni dunque che turbano il sonno dei tifosi dei Dynos, soprattutto se consideriamo che tutti questi problemi sono solo il contorno ad un record stagionale, 10-21, che racconta in maniera più che eloquente il momento di crisi di Toronto.
Dopo il licenziamento del mai amato O'Neill e lo sciopero dei giocatori NHL che li ha privati del primo passatempo ufficiale, l'hockey, i tifosi dell'Air Canada Centre si sono tuffati in questa nuova stagione NBA con speranze che ben presto dirigenza e giocatori hanno infranto.
A partire dalle scelte estive, quella del nuovo coach e delle chiamate al draft.
Dopo l'esperimento difensivo di O'Neill l'idea è stata quella di cambiare rotta, ma la fiducia accordata a Sam Mitchell non si è rivelata meritata.
Dopo il mancato impatto dell'assistente di Rick Carlisle la decisione di affidarsi nuovamente ad un esordiente è apparsa rischiosa a molti, e le difficoltà incontrate fin qui dal pittoresco Mitchell non hanno fatto che cementare questa convinzione.
Assoluta assenza di un piano di gioco, molta confusione nelle rotazioni, quintetti improvvisati ogni sera (Bzdelik a Denver per questo motivo ha già fatto le valigie) ed una totale mancanza di anima della squadra, in una situazione tanto critica da far ricordare con nostalgia addirittura i tempi bui di O'Neill.
C'è infatti chi, in quel di Toronto, rimpiange quantomeno l'identità di formazione con attitudine difensiva della passata stagione, in cui i ritmi compassati e la statiticità del gioco mascheravano evidenti limiti tecnici e fisici della front-line, almeno nelle gare casalinghe.
Certo i playoff non sono arrivati, ma lo sbando in cui versa oggi la franchigia appare il peggiore dei mali possibili.
Si pensava che con una buona chiamata al draft queste lacune sarebbero state colmate, ma con l'ottava scelta assoluta Rob Babcock ha portato a casa Rafael Araujo, probabilmente accecato dai centimetri e dai chili del brasiliano, facendosi scappare talenti interessanti (e per il momento molto più integrati nella lega) quali Andre Iguodala ed Anderson Varejao.
Certo si è scelto per necessità , ma allora come spiegare i 18 DNPCD del centro da Brigham Young ed i suoi 10 minuti scarsi di utilizzo in sole 13 partite?
Probabilmente la diagnosi di Mitchell è stata quella di scarsa preparazione per la NBA nei confronti di Araujo, ma la persistente situazione critica dei Raptors dovrebbe fargli rapidamente cambiare rotta.
Persino dalla scontata cessione della superstar Vince Carter la dirigenza è riuscita ad ottenere meno di quello che si poteva pensare, non tanto per la qualità /quantità dei giocatori ricevuti, quanto piuttosto per lo spirito ed il morale dei nomi in questione, nonché dei loro contratti.
Le opzioni in vista della trade di Vinsanity erano due: o si sceglieva di cederlo per ottenere giocatori su sui tentare di rifondare da subito la squadra, oppure si optava per dei contratti pesanti in scadenza che avrebbero permesso alla dirigenza di liberare spazio sotto il salary cap per potersi poi muovere sul mercato dei free agents del 2005.
Bene non è stato fatto nulla di tutto ciò: l'offerta dei Knicks comprendente Tim Thomas, che al massimo delle proprie potenzialità avrebbe potuto formare una coppia atipica ma di sicuro interesse con Chris Bosh, non è stata accettata, come non è stata accettata quella dei Blazers che prevedeva il passaggio di Shareef Abur-Rahim e del suo “albatross contract” in scadenza a fine stagione in maglia Raptors.
Tutto questo per accettare la proposta dei New Jersey Nets ed accogliere in Canada lo scontento Alonzo Mourning, mai in campo con la sua nuova maglia e con un buyout già pronto per uscire dal contratto, ed i due Williams, Eric ed Aaron, ottimi giocatori di supporto ma non certo dei franchise player né dei giovani prospetti; il tutto per un monte salari superiore ai 13 milioni di dollari stagionali, destinato a crescere nei 3 (2 nel caso di Aaron Williams) anni che restano per ciascuno dei tre contratti.
Facile dunque ipotizzare un futuro non semplicissimo per Mitchell e soci, che devono ora far fronte alle richieste sempre più insistenti di cessione di Jalen Rose, arrivato dai Bulls come salvatore della patria e rimasto ora invischiato in una nave vicina ad un naufragio annunciato.
I rumors danno Toronto vicina all'accordo con Miami per lo scambio alla pari Jalen Rose-Eddie Jones, buon giocatore ma non certo un All-Star (chiedere ai Lakers versione Del Harris) e con il solito contratto zavorra di 15 milioni di dollari fino al 2007.
I risultati sul campo, pessimi e freschi di altre tre sconfitte consecutive in un mini-tour a Ovest con 110 punti subiti in media, non fanno che acuire il disagio dei tifosi e di una città che vede la squadra sciogliersi partita dopo partita, eccezion fatta per il talento geniale di “Skip” Rafer Alston, arrivato in estate come la ciliegina sulla torta di una formazione ambiziosa e rimasto ora l'unico a lottare, insieme a qualche cameo di Donyell Marshall, per evitare l'imbarazzante tracollo.
Quasi 14 punti e 7 assist a partita per Skip, in un team al momento privo di leadership dentro e fuori dal campo.
Chris Bosh diventerà il nuovo simbolo della franchigia, ma pur essendo già un ottimo giocatore non sembra avere per il momento il temperamento e la cattiveria agonistica di un Dwayne Wade, tanto per citare un secondo anno già trascinatore di una squadra vincente.
Rose è il miglior realizzatore dei Dynos con 15 punti abbondanti a partita, ma i messaggi nemmeno troppo subliminali che invia durante le gare non sono incoraggianti per i tifosi, e la sua assenza tra le foto della home page del sito ufficiale è un chiaro segno dell'imminente fine della sua avventura nell'Ontario.
La sensazione perciò è che il vero campionato di Toronto sia ormai quello con i New Orleans Hornets e gli Atlanta Hawks per la lottery del 2005, in cui i (Las Vegas/Nashville/Saint Louis?) Raptors potrebbero contare sulla prima chiamata assoluta.
Tutto però può ancora succedere, chiedere a Paul Thomas Anderson ed alla sua pioggia di rane…