Tony Parker, pedina fondamentale per gli Spurs
"Non svegliar il can che dorme" recita un famoso proverbio. E mai frase fu più adatta per definire queste ultime prestazioni dei San Antonio Spurs.
San Antonio b. Milwaukee = 104-83
San Antonio b. Chicago = 91-75
Seattle b. San Antonio = 102-96
Houston b. San Antonio = 81-80
San Antonio b. Cleveland = 116-97
Record = 17W-5L
Dopo sei vittorie consecutive, i San Antonio Spurs volevano proseguire la loro marcia vincente in questa prima parte di regular season. I presupposti per allungare la striscia vincente c'erano tutti: forma fisica, attenzione difensiva, capacità offensiva, panchina "on-fire", come poche volte si era visto su un campo di basket e soprattutto più giorni tra un match e l'altro. Infatti in otto giorni, gli speroni sarebbero dovuti scendere sul parquet cinque volte. Un bell'affare per chi nel primo mese di Nba aveva affrontato 17 partite. Inoltre le sole tre sconfitte che i grigio-argento avevano rimediato, erano arrivate anche perché tra una partita e l'altra c'era stato poco tempo per recuperare le energie ed adattarsi agli estenuanti viaggi "coast-to-coast " tipici della Nba di oggi.
4 dicembre.
Fatto sta che la prima partita di questo inizio dicembre è stata in Wisconsin, al Bradley Center di Milwaukee. I Bucks venivano da due sconfitte consecutive contro i Los Angeles Lakers e i Boston Celtics e si presentavano alla sfida con gli ex-campioni del mondo con un record ampiamente sotto il 50% (4W-9L). Con questi presupposti, l'unica soluzione che ci si poteva aspettare, era una: dominio Spurs. E così è stato. Gli 8 punti di vantaggio alla fine del primo tempo (48-40) erano solo l'antipasto di quello che di lì a qualche minuto sarebbe avvenuto. Nel terzo periodo si è assistito ad un vero massacro: 32-20 il parziale che ha tagliato le gambe agli uomini di Terry Porter e ha chiuso definitivamente il match. Il quarto periodo, con 20 punti di vantaggio per Duncan & co., è stata l'occasione per il più classico dei "garbage time", nel quale Devin Brown e Beno Udrih l'hanno fatta da protagonisti. Il primo ha messo a referto 13 punti (6/9 dal campo) 5 rimbalzi e 4 assist, dando impressione di essersi ormai adattato ad un ruolo, quello di sesto uomo, che gli calza a pennello. Lo sloveno (13 punti e 6/9 dal campo), a sua volta, ha confermato di essere un tiratore d'eccezione, sapendosi perfettamente integrare in un sistema di gioco che all'ex Olimpia Milano calza a pennello. Per il resto, si è assistito alla solita, encomiabile prestazione di Tim Duncan. Il caraibico ha realizzato 20 punti (9/16 dal campo e 2/2 ai liberi) 7 rimbalzi, 4 assist e 5 stoppate. Una partita a tutto tondo, che ormai quasi non sorprende più. Ma Timoteo non si limita all'efficacia offensiva. Riesce infatti ad essere decisivo anche dietro (i 5 stopponi lo confermano) chiudendo quasi tutti gli spazi e oscurando parecchie vallate. In doppia cifra anche Tony Parker (13 punti con 6/10 dal campo) ed Emanuel Ginobili (12 punti, con 4/8 dal campo e 3/3 ai liberi).
Ciò che sorprende di questi Spurs è la qualità offensiva. La percentuale di tiri che baciano la retina è strabiliante. Solo nel match contro i Bucks si è toccata quota 60%, chiudendo poi il confronto con un incredibile 57.3% (43/75). Se a questi numeri, aggiungiamo poi la consueta efficacia difensiva, si comprende come gli speroni siano una vera corazzata.
6 dicembre.
Nella loro seconda trasferta in due giorni, gli Spurs scendevano in campo contro i Bulls, all'United Center di Chicago. Trasferta breve (in pulmann visti i soli 145 chilometri di distanza Milwaukee e Chicago) e riposo più lungo del previsto, hanno permesso agli uomini di Gregg Popovich di affrontare i tori in perfetta forma fisica. Tony Parker è stato il vero Mvp della partita e non poteva essere altrimenti considerando le sue origini nella città del vento (il padre è originario della capitale dell'Illinois). Il francesino mette a referto 17 punti (6/9 dal campo e 2/4 ai liberi) 3 rimbalzi e 5 assist in 28 minuti di gioco. A fine gara non manca di manifestare tutto il suo entusiasmo: "Sono molto contento. Volevo fare una grande partita davanti alla mia famiglia, visto che non può vedermi tanto spesso". Ottima prestazione anche per Duncan (12 punti e 11 rimbalzi), Ginobili (12+5+5) e Brown (14 punti e 6 rimbalzi). San Antonio ha controllato il match dall'inizio alla fine, non lasciando mai agli uomini di Scott Skiles l'opportunità di rientrare in partita: "Non siamo mai stati in partita" il laconico commento a fine partita dell'allenatore di Chicago. E mai affermazione fu più vera di questa.
8 dicembre.
Dopo sei giorni passati nella East Coast gli Spurs hanno fatto ritorno ad Ovest. Ad aspettarli all'Sbc Center di San Antonio c'erano i Seattle Supersonics, vale dire la squadra, insieme ai Phoenix Suns, più in forma della lega. Un vero big match. Alla palla a due questi i quintetti iniziali: Ridnour, Allen, Lewis, Evans, James per i Sonics. Nesterovic, Duncan, Bowen, Ginobili e Parker per gli speroni.
La gara è stata emozionante. Un susseguirsi di palpitazioni, colpi di scena e duelli come pochi se ne erano visti in questo avvio di stagione Nba. Non è un caso se questi due roster abbiano i migliori record della lega. Alla fine l'ha spuntata Seattle e il successo in casa di Duncan & co., è stata una grande prova di forza per gli uomini di Nate Mcmillan, all'inizio di stagione sottovalutati da tutti gli osservatori e opinionisti.
Nel primo quarto gli attacchi hanno avuto la meglio sulle difese. Il parziale di 31-29 ne è stata la conferma. Nei secondi 12 minuti invece i Sonics hanno alzato il muro difensivo e hanno imposto la loro legge offensiva, limitando gli speroni a soli 12 punti, realizzandone invece 29. Un parziale pesante, che ha spaccato la partita in due e ha impedito agli uomini in grigio-argento, qualsiasi tipo di rimonta. Il tentativo è stato fatto, ma la fertilità offensiva di Ray Allen alla fine, è risultata decisiva. A fine gara i complimenti sono arrivati da Tim Duncan, vero e solito dominatore sotto i tabelloni. La sua grande prestazione, la migliore dell'anno fra l'altro, non è bastata agli Spurs per imporsi: "Loro sono una grande squadra, sono allenati molto bene e mettono in pratica benissimo i compiti che il loro allenatore gli assegna. Abbiamo molto rispetto per Seattle". Parole di encomio, che di certo hanno fatto piacere ai bianco-verdi di Seattle. Per gli Spurs si è fermata a 21 la serie di vittorie consecutive ottenute in casa nel corso di una regular season ed inoltre è stata la conferma che limitare e sconfiggere i Sonics è molto più difficile del previsto: si è trattato infatti della seconda sconfitta su due confronti in questo avvio di stagione.
Ma cerchiamo di capire i motivi della sconfitta.
In primo luogo è la difesa che ha fatto acqua. I Sonics hanno tirato con il 47% dal campo (33/70) e il 40% dal perimetro (9/22). Gli Spurs invece si sono limitati ad un 41% dalla corta e media gittata, mentre dall'arco ad uno scarso 31%. Troppo poco se si vuole battere una squadra on-fire come Seattle e che fa del gioco offensivo una delle sue prime armi.
Non è bastato agli speroni il dominio in zona pitturata: 48-38 il conto dei punti sotto il tabellone. Il tiro da tre è quello che ha deciso la partita.
Per quanto riguarda i singoli, solo Timoteo è stato all'altezza della situazione: 39 punti (14/24 dal campo, ½ dall'arco e 10714 ai liberi) 10 rimbalzi, 2 assist e 4 stoppate. Parker (16) e Ginobili (18) sono stati due ottimi scudieri, ma non hanno ricevuto dalla panchina quel sostegno che invece sarebbe stato necessario per portare a casa una W. Al contrario Seattle, oltre alla solita prova di Ray Allen (29 punti, 4 rimbalzi e 3 assist), è stata efficace anche dal pino, mettendo insieme la bellezza di 41 punti, fra i quali spiccano i 28 in comunella di Fortson e Daniels. Numeri letali per San Antonio.
9 dicembre.
Il giorno successivo la sconfitta con Seattle, gli Spurs tornavano sul parquet per affrontare una delle squadre più deludenti della lega: gli Houston Rockets. Nelle prime 19 partite della stagione, i Rockets avevano messo insieme 8W e 11L. Una vera debacle per chi era partito con ambizioni molto più grandi. Gli Spurs erano partiti per Houston con tutte le intenzioni di riscattare la caduta interna con Seattle, ma non sapevano che sarebbero andati incontro ad una delle più grandi beffe della storia recente della Nba (come se il tiro di Fisher non fosse stato abbastanza). Sopra di 9 punti ad un minuto dalla fine, i grigio-argento sono riusciti a perdere al Toyota Center. Come? Beh, se un uomo solo riesce a piazzare 13 punti e quattro triple in 35 secondi tutto diventa possibile. L'unico in grado di fare una cosa simile è Tracy McGrady, che svegliatosi dal torpore che lo ha circondato per un mesetto, ha deciso di offrire una prestazione fuori da ogni logica. Inccomentabile e indefinibile, se non con l'aggettivo più adatto che ci possa essere in questo caso: illegale. La partita ha avuto poco altro da dire. Ampiamente dominata dagli Spurs nei primi 47 minuti di gioco, ha vissuto un minuto di follia, quel minuto che però, molto spesso, fa innamorare molti indifferenti di questo sport. Al di là di tutto è stato bellissimo vedere T-Mac partire dalla propria area, dopo l'ennesima recuperata, e correre a perdifiato verso il canestro avversario con un unico desiderio: vincere. Non importava a Tracy piazzare il lay-up che avrebbe dato il sicuro overtime. Non importava a questo pazzo uomo di piazzare una schiacciata quanto mai spettacolare e inchiodare ad 80 il punteggio di una partita che sembrava finita. A lui interessava solo la tripla. La quarta consecutiva in quei 35 secondi di follia. Sapeva che con i tre punti si vinceva. E l'ha messa. Inseguito da tutti gli Spurs, che temevano ciò che fino ad un minuto prima neanche immaginavano. La retina ha suonato, lui ha urlato, il pubblico rimasto (penso a quelli che sono usciti prima"poveracci") ha esultato come fosse stato il canestro decisivo dell'anello. Queste sono le emozioni che regala questo sport ed è per questo che noi lo amiamo così.
12 dicembre.
San Antonio si è risollevata dallo choc. È tornata quella di sempre e ha fatto la più bella partita degli ultimi 2 anni. Così possiamo definire il match contro Cleveland. Inutile andare ad analizzare un massacro. Basti solo una statistica: alla fine del primo tempo 69-45 Spurs e percentuale dal campo attestata all'84% (alla termine della gara sopra il 66%). Lebron James si è dovuto inchinare a questo strapotere. Duncan ha dominato come mai aveva fatto: 34 punti (13/15 dal campo e 8/10 ai liberi) 7 rimbalzi, 5 assist e 4 stoppate. Tutti gli altri hanno seguito il capitano e nulla hanno potuto gli avversari. Inebetiti di fronte a sì fatta potenza: "Volevamo andare in testa subito e spazzare via dalla mente la partita contro Houston. Ce l'abbiamo fatta".
Evidente come San Antonio ad ogni sconfitta migliori se stessa: progredisce sia tecnicamente che mentalmente e crediamo che rimonte come quella di Toronto e Houston difficilmente si ripeteranno. Se gli Spurs correggeranno anche quell'unico difetto, quello della gestione di un grande vantaggio, beh possiamo anche dire a Stern, comandante in capo della baracca Nba, di assegnare l'anello a dicembre.
PROSSIMI INCONTRI
15 dicembre: San Antonio Spurs vs Orlando Magic
17 dicembre: San Antonio Spurs vs New Orleans Hornets
18 dicembre: San Antonio Spurs vs Golden State Warriors
22 dicembre: San Antonio Spurs vs Orlando Magic
23 dicembre: San Antonio Spurs vs Minnesota Timberwolves