L’anno di Jamison?

Il nuovo Jamison è un giocatore che, stazionando più vicino al canestro, è tornato ad aggredire il ferro.

Ormai erano in tanti ad aver perso la speranza di vederlo, un giorno, esprimere appieno e con continuità  il suo potenziale, ma evidentemente era destino che, appena si fossero spente le luci ed il clamore attorno a lui, Antawn Jamison sarebbe ritornato ad essere un giocatore importante, uno che fa la differenza in campo e che può cambiare i destini di una squadra, anche se questa si chiama Washington Wizards e viene da anni di cocenti delusioni ed anonimato.

Dopo cinque anni trascorsi sull'ottovolante dei Warriors, tra alti e bassi e qualche buona stagione conclusasi come sempre in aprile, la scorsa estate, tra il clamore generale, Antawn era approdato a Dallas per provare a fare il "salto di qualità " in una squadra piena di stelle in cui avrebbe potuto giocare finalmente tranquillo senza dover portare pure la croce. L'annata, per lui e per i Mavs, è stata balorda, con il nostro a fare il sesto uomo d'impatto (?!) alle spalle di Nowitzki e Walker, ma spesso relegato in panca a favore dei giovani emergenti e senza una precisa collocazione tattica che ne esaltasse gioco e peculiarità .

In giugno poi, tra l'indifferenza di molti, è stato ceduto ai Wizards assieme a soldi in cambio di Laettner, Stackhouse e la 5° scelta (tramutatasi poi in Devin Harris). A Washington il ragazzo è arrivato in punta di piedi, in un gruppo frastornato dall'ennesima stagione balorda senza molto da salvare, pieno di "mezzi giocatori" più intenti a guardare alle statistiche che a giocare assieme; ma coach Eddie Jordan ha saputo fare uno splendido lavoro col ragazzo (piuttosto abbacchiato dal passaggio ad una delle peggiori formazioni della Lega) restituendoli serenità  e voglia di fare, evitando accuratamente di fargli sentire addosso eccessive aspettative ed oneri ingestibili.

Per tutta l'estate si è sentito parlare poco di Jamison e dei Wizards, ma la dirigenza ha finalmente lavorato per bene, parlando coi giocatori del nuovo progetto e costruendo attorno all'ala ed al turbolento Arenas una squadra giovane ed interessante su cui poter lavorare per il futuro. La nuova avventura è partita senza grandi clamori: malgrado lo spostamento nell'abbordabile Southeast Division la società  non ha voluto parlare di play-off come obiettivo immediato (malgrado il talento e le possibilità  ci fossero), la priorità  era lavorare sodo e giocare bene per riconquistare un pubblico ai minimi storici di entusiasmo e collaudare un telaio su cui eventualmente apportare delle modifiche per puntare, gradualmente, alla risalita.

Ed invece la stagione di Washington è partita alla grande e, malgrado qualche nota stonata (leggasi Kwame Brown infortunato nell'anno che avrebbe dovuto sancirne la definitiva consacrazione) la squadra nel complesso sta andando oltre ogni più rosea aspettativa in attesa di recuperare gente come Ethan Thomas che ad Est può dire la sua e come. Coach Jordan ha deciso di puntare su un quintetto a trazione posteriore con Gilbert Arenas in regia e la coppia Larry Hughes e Jarvis Hayes a dividersi i compiti di esterni, sotto le plance Antawn Jamison restituito (in contumacia Brown) al suo ruolo naturale di ala forte con accanto una staffetta che vede Brendan Haywood (come al solito discontinuo e snervante) ed il carneade Michael Ruffin.

Il quintetto ha subito comunque tante variazioni grazie ad una panchina interessante che sta fornendo il suo contributo offrendo, di volta in volte, giocatori che, entrati dal pino o partiti in quintetto, offrono prove decisive ai fini della vittoria. La squadra sta giocando una pallacanestro molto interessante, un gioco veloce ed offensivo che esalta le doti dei singoli e l'estro degli esterni, ma la novità  è da ritrovarsi soprattutto in una difesa finalmente decente che lavora in pressione e sulle linee di passaggio. Ma il capolavoro coach Jordan l'ha fatto sui singoli.

Arenas sembra molto preso dal progetto, Hughes è tornato a livelli eccellenti e Hayes sta crescendo molto bene; dalla panca arriva gente come Dixon, Ruffin e Blake che gioca alla morte ed anche Jared Jeffries, acciacchi a parte, sembra più partecipe. In tutto ciò Jamison sembra tornato ai tempi del college quando, a North Carolina, faceva il bello ed il cattivo tempo, grazie al suo atletismo misto ad una forza fisica disarmante.

Ma secondo coach Jordan il decisivo salto di qualità  Antawn l'ha fatto a livello mentale "Ora gioca senza grande pressione addosso, sente la fiducia di tutti attorno e non è più ossessionato dalla necessità  di fare il leader lasciando ad altri l'incombenza di parlare o sgridare i compagni". Un ruolo fondamentale lo gioca anche il ritorno ad una posizione in campo a lui più gradita "Ad Ovest doveva giocare da ala piccola per non subire lo strapotere fisico degli altri lunghi, mentre ad Est può far valere, sotto canestro, il suo grande atletismo e la tecnica sopraffina che gli portano indubbi vantaggi. Poi, se da sotto non va, può spostarsi qualche metro dietro per un tiro frontale" sottolinea il coach.

Insomma appare chiaro che sia Jamison che i Wizards hanno tratto grande beneficio dalla trade ed oggi, per la compagine della capitale, inizia un nuovo progetto finalmente poggiato su basi solide che i tifosi sperano porti a qualcosa di interessante che faccia dimenticare i vari Webber, Richmond e Stackhouse che li hanno fatti illudere prima di andare a cercare gloria altrove.

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