La sola nota positiva per Toronto in quest'inizio di stagione: Rafer Alston
E' finito (male) il lungo viaggio nel selvaggio West dei Toronto Raptors, ma il calendario non ha riservato niente di buono per la squadra canadese nei giorni successivi: dopo la trasferta ad Ovest del Mississippi i ragazzi di Sam Mitchell hanno intrapreso una nuova avventura nella quale hanno fatto visita alle più abbordabili rivali della Eastern Conference. Risultato: disastroso.
In realtà la prima sfida del lungo tour sembrava aver portato un po' di ottimismo tra le fila della formazione canadese vista l'ottima affermazione sul parquet dei lanciatissimi Miami Heat del duo Wade-O'Neal.
La ritrovata vena realizzativa del redivivo Jalen Rose ed il buon apporto dalla panchina di un elemento sempre prezioso come Donyell Marshall (appena riattivato dalla lista infortunati) avevano infatti permesso ai Raptors di ammortizzare il prevedibile dominio a centro area di un signore di nome Shaq; l'M.D.E. (Most Dominant Ever) in effetti aveva dominato, 34 punti e 17 rimbalzi con percentuali incredibili, ma la vittoria era andata a Rose e compagni.
Una buona prestazione dunque che poteva far ben sperare in vista dei successivi incontri.
A sollevare il morale di ambiente e tifosi ci aveva poi pensato la stella Vince Carter, che con un paio di prestazioni convincenti e con dichiarazioni (non sapremo mai quanto) sincere aveva affermato di trovarsi ancora benissimo in quel di Toronto smentendo tutte le voci su una sua possibile cessione che nelle ultime settimane si erano fatte più che insistenti.
Il momento di ottimismo collettivo dell'Ontario è durato però molto poco, perché già a partire dalla gara contro gli Orlando Magic sono riemersi tutti i problemi dei Dynos versione 2004.
Solo due dati per raccontare l'incontro: 8 giocatori dei Magic in doppia cifra e passivo a rimbalzo di 61 a 32.
In svantaggio anche di 39 punti Sam Mitchell ha provato in pieno garbage time a dare un po' di minuti, 11, all'oggetto misterioso del draft di Toronto, Rafael Araujo.
L'ex Brigham Young ha offerto pochi spunti interessanti (3 falli, una palla persa e 2 su 2 ai liberi) senza entusiasmare nemmeno i propri sostenitori più accaniti.
Non c'è da meravigliarsi quindi se nella successiva partita Mitchell gli ha ragalato l'ennesimo DNPCD (did not play coach decision) e si è affidato al duo Loren Woods-Matt Bonner.
Ma proprio quando un problema sembrava essere risolto o quantomeno tamponato ecco che ne riaffiorava un altro.
Contro i Boston Celtics infatti è tornato di grande attualità il secondo difetto della gestione Mitchell: la tenuta nel finale.
Già nella sfida interna contro i Washington Wizards i Raptors avevano gettato al vento un vantaggio di 8 punti negli ultimi 2 minuti (perdendo poi in overtime), e contro i Celtics la storia si è tristemente ripetuta.
Al riposo con 9 lunghezze di vantaggio gli uomini di Mitchell si sono sciolti nel terzo quarto (statisticamente la peggior squadra dell'NBA in questo periodo) per poi cedere definitivamente negli ultimi 12 minuti e lasciare la vittoria a Paul Pierce e compagni.
Certo i back-to-back che i Dynos hanno disputato fin qui non hanno eguali nella lega (sono anche la formazione che giocato il maggior numero di partite, 19) ma i cali fisico/atletici dei giocatori di Toronto non si possono spiegare solo con la fatica accumulata.
Tanto più che la rotazione di Mitchell è a 10 uomini, ed anche con cambi programmati, scelta sulla quale ci sarebbe da discutere soprattutto se applicata nell'ultimo periodo quando gli accoppiamenti difensivi sono decisivi.
Ed è proprio la difesa il settore in cui Toronto dovrà migliorare se vorrà tornare a disputare quei playoff che ora sembrano molto lontani: con 100 punti di media concessi agli avversari i Raptors sono la seconda peggior difesa dell'NBA dietro soltanto agli Atlanta Hawks.
Non sorprendono dunque i 105 punti concessi nell'ultima sconfitta subita per mano dei Cleveland Cavaliers, una squadra che ha tutto per mettere in difficoltà questa versione dei Raptors: un centro autentico, Zydrunas Ilgauskas (21 e 13 rimbalzi nella sfida in questione), un gioco in velocità tra i migliori della lega, 22 punti in contropiede ieri notte, ed una superstar che al momento appare incontenibile, LeBron James (27 e 10 assist in 43 minuti di dominio assoluto).
Certo l'assenza di Alvin Williams si comincia sentire, soprattutto in fase difensiva e di amministrazione offensiva nei momenti delicati, ma i periodi da 39 punti concessi agli avversari non si possono comunque giustificare.
L'atteggiamente difensivo di giocatori che neppure nei momenti più floridi sono mai stati dei grandi specialisti (Carter e Rose su tutti) è irritante, e l'ipotesi di una trade che li possa coinvolgere sta diventando più che una possibilità un auspicio vero e proprio dei tifosi dell'Air Canada Centre.
Il solito scambio alla pari con Shareef Abdur Rahim o un accordo con i New York Knicks per Tim Thomas le voci più insistenti, mentre sembra ormai tramontata la possibilità di portare in Canada Peja Stojakovic.
Il problema è che se non ci sarà una svolta nel breve periodo potrà essere l'intera annata dei Raptors a tramontare…