Un eccellente inizio di stagione, per Dwyane Wade e per gli Heat
Benvenuti nel mondo dello stardom: tante porte per entrare, altrettante per uscire. Un terreno che più scivoloso non si può e tanti ospiti sgraditi pronti a rendere ancora più complicata la permanenza. Il terreno eccelso delle grandi firme della NBA non è il paradiso, non lo sarà mai e, soprattutto, è aperto a tutti, pochi ci entrano e non ci si va a riposare.
Di sicuro è per Dwyane Wade, su questo non ci sono dubbi. Lui ci sta entrando con i diritti e i lasciapassare più validi di tutti: quelli che si timbrano sul campo, quelli che vanno a libri e non sono tramandati da fantomatici racconti.
Wade è entrato nella stanza dei migliori del gioco - e confermerà tutto quanto giorno dopo giorno, sicuro - da una delle porte più scomode che si possano cucire su di un prospetto: quell'etichetta di "combo player" che se non sei super, la sposi mal volentieri come un matrimonio di convenienza, ma se diventi un Wade, è il valore aggiunto più potente che si possa desiderare.
Dicevano "è buono a passare la palla, ma di certo non è un play"", "sa tirare da fuori, ma non è una guardia pura, non è un tiratore"", "verticale, sì, lo è, però non ha i centimetri"". Vero, tutto vero, probabilmente, ma Dwyane Wade è rimasto ad ascoltare, senza replicare, e ha memorizzato tutto. Ha raccolto ogni critica in uno shaker fatto di aspettative e pronte delusioni e si è reso uno dei mix più esplosivi dell'intera NBA.
Probabilmente, in nessuna categoria statistica sarà mai ricordato come il migliore della stagione, ma con cosa cambieresti la possibilità di avere tra le mani un top 5 in qualunque aspetto del gioco? Il numero 3 da Marquette University è un all around nel senso più estremamente positivo del termine. E, offesa delle offese, è acerbo, gente. Non è certo finito qui.
Non è un point man tra i più veloci? Vero, ma è rapido come quasi nessuno. La differenza - e che differenza - la fa un primo passo devastante, di una potenza a dir poco temibile per chiunque. Non è un tiratore? Vero. Infatti non è un tiratore puro, ma "soltanto" un tremendo penetratore a cui non puoi mai lasciare spazio quando la palla è d'oro, perché lì" è alla pari di Houston o Miller: gente che in quel settore ha preso il Master alla scuola Naismith.
Cosa aggiungere? Forse che ha un fisico di quelli che sembran nati per fare il running back" No! Scontato" Che non esistono monitor con tanti inches come quelli che si misurano quando prende l'ascensore per il ferro? No" Ce n'è di meglio"
Alla fine della fiera, dal mixer di cui sopra, esce un tizio di 22 anni che in un attimo si è trovato play in un quintetto tra i più discussi della NBA, dietro solo a due mostri come Melo e 'Bron – ma appena di un soffio - nella lotta tra i meglio rookies, catapultato in una avventura vergognosa come quella ateniese, in un team destinato ad una vacanza premio anticipata - gli Heat – e che invece ha raggiunto - grazie ad un suo tremendo contributo - il secondo turno dei playoff. A me non sembra poco, a voi?
Regalo per la promozione, un big man tra i migliori di sempre: Jerry West in versione hip hop, come proprio Shaq osa definirsi di recente" Altro? A posto, a me per oggi basta così.
Il premio di Player of The Week per la prima settimana (28,7 punti 7,7 assist e 6,3 rodman") è stato il minimo, per Flash.
Il "nick", ufficiosamente regalato da The Diesel al ragazzino cestisticamente formato dalle parti di Milwaukee, non è buttato lì per caso. Diciamo che rende se non altro l'idea di quanto Wade non sia certamente considerato come una power point guard, di quelle che sono in quel ruolo solo perché non c'è nessun altro che lo fa meglio" Bravo Shaq! Se è stato lui"
"Welcome to the Wade Country", per l'amena cronaca, sta scritto sul più grosso cartellone pubblicitario della Florida, appiccicato su di un lato dell'American Airlines, casa degli Heat: della serie "se ancora non l'avete capito, noi su questo qui, un pochino ci crediamo"".
E a proposito del cartellone Wade ammette, facendo l'indiano, che - beh, sì - in effetti fa un certo piacere avere il proprio nome lassù, impossibile da ignorare per chiunque; ma d'altronde, dice lui "sono le soddisfazioni che si provano stando nella giusta città , con i migliori compagni che ci si possa sognare (volemosebbene, ndr) e con un progetto nato per vincere". Prossima tappa, il successo. Of course.
Dura vita, lo stardom: ancora prima che tutto luccichi, si trasforma magicamente in stardust, ma intanto ci godiamo il momento di Wade, una delle robe più belle da vedere in questo inizio anno.
L'amaro per concludere la mangiatona da Dwyane's: "what about" giocare così anche ad Atene?""
See ya' bye In The Zone
Andrea De Beni