Go-to-Kurt

Jamal Crawford risolve la gara di Houston con un tiro sulla sirena

I Knicks tornano a casa dal "Texas Triangle" con una vittoria e due sconfitte, un bilancio tutto sommato positivo ma che maschera molti problemi. Come ormai succede storicamente, i lunghi avversari hanno pasteggiato tranquillamente sotto i tabelloni, dai cinque metri in giù, producendo quei parziali che un jump-shooting team come New York non può controbattere quando si tira invece dai cinque metri in su, perché le percentuali alla fine saranno fisiologicamente più basse.

Entrando nel dettaglio delle gare, la prima nello Stato texano è stata a San Antonio, dove gli Spurs si sono imposti 99-81. Questa è stata l'unica partita in cui il lungo più pericoloso, che poi è anche il più forte della Lega, Tim Duncan, è stato tenuto dal solito generosissimo Kurt Thomas ben al di sotto delle sue medie stagionali. Ciò, però, non è bastato, perché il backcourt dei Knicks non è stato in grado di approfittare della situazione. Tirando con il 39% contro il 52% ovviamente non si può vincere.

Solita pietra dello scandalo, Tim Thomas: aveva il miss match che poteva cambiare la partita, marcato da Manu Ginobili che gli regala 10 centimetri senza considerare l'enorme estensione di braccia di "Tiny" Tim. Niente da fare: il numero cinque mantiene fede alla sua canotta e fa appunto 5/15, con un tragico inizio da 3/13 quando i compagni lo cercavano in modo continuativo per sfruttare il vantaggio sull'italoargentino.

Pensare che i Knicks iniziano pure bene e nonostante tutto vanno a +7, ma poi gli Spurs prendono il largo arrivando anche a +20, tirando tra l'altro i liberi con il 93% quando la loro media stagionale, la più bassa dell'intera NBA, era del 70%.

Jamal Crawford e Stephon Marbury tirano malissimo anche loro, mentre Wilkens fa giocare solo 6 minuti a Trevor Ariza, anche se Tim Thomas fatica come al solito.

Il giorno dopo Marbury sbotta: "Il nostro attacco non è fluido. Per vincere ed essere una grande squadra dobbiamo eseguire meglio la fase offensiva, mentre noi finiamo per spezzare tutte le giocate con tiri presi in situazioni precarie" una pessima selezione dei tiri, insomma, sia quella di Tim, sia di Jamal o sia la mia. La nostra transizione dall'attacco alla difesa è orrenda. Non vanno presi troppi tiri forzati perché nella maggior parte dei casi generano contropiedi. Gli schemi e le priorità  vanno rispettate". Si narra poi che a taccuini chiusi abbia pure criticato Wilkens, ma siamo nel solito campo dei "si dice", quindi inutile commentare.

Nella stessa serata è fatto risentire Don Chaney, il precedente coach, dopo 10 mesi di silenzio, ossia dal giorno del suo licenziamento: "Il mio cruccio sarebbe quello di sapere come ci saremmo sviluppati con Marbury come playmaker. Eisley e Ward lavoravano sodo, ma con un all-star sarebbe stato diverso ed avremmo fatto i playoffs anche noi".

Nella successiva partita è arrivata la vittoria a Houston per 93-92. I Rockets, dopo essere andati anche avanti a +12, subiscono la rimonta degli ospiti tenuti a galla dalle bombe di Crawford ma soprattutto dai pick-and-roll di Marbury con Kurt Thomas; quest'ultimo chiuderà  con 23 punti e 14 rimbalzi. Decisiva pure la carica agonistica di Ariza che lotta su ogni pallone e con Penny Hardaway combina 9 punti nel momento in cui New York, sul finire di gara, va da -11 a -2.

I Rockets non sfruttano la presenza di Yao Ming sotto e Tracy McGrady non attacca troppo il canestro, accontentandosi del tiro da fuori. Tim Thomas, nei pochi minuti di utilizzo, subisce comunque l'impossibile da T-MAC e la sua confusione mentale, ancora prima che tecnica, è sempre più evidente.

Si arriva così a 26 secondi dalla fine con Houston a +2 e palla in mano: McGrady si suicida andando troppo presto ad una conclusione da sotto che non trova il fondo della retina e regala la palla agli avversari con 2 secondi da giocare. Time-out e rimessa in campo dall'altra parte. Due secondi in NBA sono un'eternità  e si può costruire un buon tiro per portare la partita al supplementare" invece la palla arriva a Crawford ad 8 e più metri dal canestro. Jamal si inventa una bomba da tre fuori equilibrio che sbatte sul tabellone e finisce dentro.

Tiro fortunatissimo agevolato dall'errore di valutazione di McGrady; i Knicks ringraziano il rivale e la sorte, raccogliendo forse di più rispetto a quello che meriterebbero. Nonostante la vittoria, alla fine si è tirato peggio dei padroni di casa (40% contro 46%), ma Crawford e Marbury conteranno 19 punti e 8 assists il primo e 18+10 il secondo. Bene anche Nazr Mohammed con 12 punti e 17 rimbalzi.

La sera dopo si va a Dallas e qui Dirk Nowitzki ne mette 30, tanto per gradire. Il finale dirà  103-101 per i padroni di casa, ma New York è di nuovo andata ad un tiro dalla vittoria, grazie anche all'assenza di Michael Finley, Jason Terry ed Erick Dampier.

Non tutti i giorni è domenica, come si dice, e la sorte si riprende il suo credito: 20 secondi da giocare e Wilkens disegna lo schema per Tim Thomas (incredibile! ndr). Ovviamente il tiro va corto, ma c'è ancora tempo per un tentativo disperato a un secondo dalla sirena dopo un rimbalzo offensivo. Rimessa dello stesso Thomas che inspiegabilmente dà  palla a Crawford vicino al centrocampo, così l'ex-Bulls deve provare alla disperata mancando il bersaglio.

Ancora bene la coppia di guardie che insieme mettono 54 punti, ma sono al solito i punti nella zona pitturata a fare la differenza, soprattutto nelle serate in cui Mohammed fa solo 2 punti (anche se gli 11 minuti giocati sono frutto del tentativo di Wilkens di contrastare lo "smallball" avversario).

Punto focale della settimana, ancora Tim Thomas. Il giocatore è sempre più un corpo estraneo alla squadra ed i tentativi (anche autolesionisti) di Wilkens di recuperarlo sono andato tutti a vuoto. Il coach, dal nostro punto di vista, ha pure lui un po' di confusione in testa: continua a farlo partire titolare, ma poi perché sostituirlo dopo soli 5 minuti come a Houston, sfiduciandolo? Oppure perché gettare via una possibile vittoria su un campo difficilissimo come quello dei Mavs designandolo per l'ultimo tiro?

Vituperato dalla stampa ed anche da qualche compagno, è ormai un ex-Knickerbocker, salvo miracoli. Sarebbe già  stato ceduto, ma non ha acquirenti e per cedere questo tipo di giocatori occorre trovare qualcun altro che in casa abbia altrettanti scontenti.

Quanto alle voci di mercato, tiene ancora una volta banco l'asse Chicago-New York. Isaiah Thomas ha infatti chiesto Eddie Curry offrendo in cambio Mohammed, ma i Bulls hanno risposto picche proponendo invece Sweetney. Zeke ha declinato, ma le quattro trasferte in cui i lunghi avversari hanno massacrato i suoi lo hanno fatto ritornare sui suoi passi. I contratti dei due non coincidono, quindi i Knicks dovrebbero mettere un altro giocatore sulla bilancia.

A questo punto, però, il sacrificio dell'ex-Georgetown ci sta, seppur a malincuore: con lui in campo si è davvero troppo bassi e con Curry si potrebbe trovare più stabilità  nelle percentuali al tiro che un jump-shooting team come quello attuale non garantiscono. Le soluzioni e le giocate dei Knickerbockers, visti proprio contro Houston dagli abbonati SKY, danno troppe volte l'impressione di essere estemporanee ed affidate più al caso che non ad uno schema preciso, proprio come detto da Starbury.

Per la verità  c'era pure un altro rumor, seppur molto flebile: Kurt Thomas a Minnesota, Wally Szerbiack ad Indiana e Ron Artest a New York. Dopo l'ignobile gazzarra perpetrata dai Pacers in casa dei Pistons, tutto è svanito, anche se nella mente dei tifosi si è già  insinuato il tarlo di un'altra "mossa Sprewell": recuperare Artest al ritorno in campo dopo la squalifica nel caso in cui Larry Bird lasci per strada il giocatore.

Tornando alla stretta attualità , il bilancio dei Knicks è ora di 3-5. La settimana ventura ci saranno tre gare su quattro in casa (Cavs, Hawks e Raptors) ed una trasferta a Toronto: l'obiettivo è arrivare di nuovo al 50% di vittorie, vincendo almeno tre di questi quattro match.

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