Per James è giunta l'ora di volare…
Un talento straripante, contratti pubblicitari da decine di milioni di dollari, un fisico da far paura, un figlio, voglia di competere a tutti i livelli e una leadership da veterano. Anni? Diciannove.
Ebbene sì, una squadra (i Cavs), e con questa l’intera città di Cleveland (non propriamente una grande metropoli a dir la verità ) e per alcuni persino tutto il mondo della NBA, dipendono da un ragazzino. Fino a soli due anni fa questa franchigia dell’Ohio, conosciuta da molti con il nome di Cleveland Cadaveliers, era l’assoluta barzelletta della Lega, e aveva la sua stella in Ricky Davis, giocatore che, più che per il sua capacità di incidere ad alti livelli, viene ricordato per aver cercato di ottenere una tripla doppia sbagliando un lay-up al proprio canestro e catturando il rimbalzo.
Da allora qualcosa è cambiato a Cleveland, e non stiamo parlando del colore delle maglie. Chiamato con la prima scelta assoluta del Draft 2003, Lebron James, ha preso la franchigia e l’ha rivoltata come un calzino. Diventato già dal primo minuto del training camp il leader assoluto della squadra, ha guidato i Cavs attraverso una stagione di transizione, portandoli comunque a competere per un posto nei playoff, giocando 40 minuti a sera, e mettendo a referto medie di 21 punti, 5,5 rimbalsi e 6 assist nella sua stagione da rookie. Anni? Diciannove.
Si, buonanotte.
Ma mentre la maggior parte dei suoi coetanei passa il tempo a sbronzarsi e a giocare alla playstation, per James, aver vinto il premio di Rookie dell’anno, ed aver impressionato l’America con una maturità e una naturalezza nel giocare fuori dal comune, non poteva certo bastare. La franchigia dell’Ohio ha bisogno che il rendimento della sua stella continui a migliorare, in modo da raggiungere l’obiettivo minimo che ci si è prefissati per questa stagione: la qualificazione alla post-season, impresa tutt’altro che impossibile per questi Cavs, specialmente ad Est.
Ma nonostante le ottime prestazioni di Lebron, Cleveland ha cominciato con due sconfitte la nuova stagione, e vecchi fantasmi sono tornati alla Gund Arena. La prima impressione che si ha guardando questi Cavs, comunque, è che il cast di supporto non sia ancora a un livello tale da assicurare continuità di vittorie. “The Chosen One”, infatti, ha visto andar via direzione Salt Lake City, la spalla, nonché fedele amico Carlos Boozer, che tra l’amore per la città di Cleveland e quello per i soldi, ha inequivocabilmente scelto il secondo. Difficile biasimarlo.
A sostituirlo è arrivato “La Grande Pioggerellina(???)“ Drew Gooden, oggetto sempre più misterioso nel panorama NBA. Ala dal sicuro talento offensivo, capace di grande prestazioni in singola serata, ma anche giocatore che considera la difesa come qualcosa che non lo riguardi, e che ha nell’incostanza la sua principale caratteristica. Con Larry Brown vedrebbe il campo meno di Milicic, tanto per intenderci sul tipo di giocatore. Il suo rendimento per ora, è per lo meno soddisfacente considerata la doppia doppia di media, ma potrebbe notevolmente migliorare se solo capisse come si gioca in una squadra.
Rispetto ai Cavaliers della scorsa stagione, inoltre, si vede molto meno James con la palla in mano all’inizio dell’azione. Lebrone preferisce per lo meno partire in posizione di ala piccola, salvo però pagare il conto spesso e volentieri per tutta la squadra con una sua giocata, dopo venti secondi di nulla offensivo. Le operazioni in point guard sono prese allora da Jeff McInnis e da Eric Snow, arrivato direttamente dalla città dell’amore fraterno a dare come al solito, cuore, rabbia, voglia, esperienza e tutto ciò che non sia il talento. Diciamo un McInnis al contrario.
Dopo un avvio un po’ stentato, Cleveland ha cominciato a rodare fino ad arrivare ad un record di cinque vittorie e quattro sconfitte, con le ultime quattro partite che hanno portato a casa altrettante W. Il merito è soprattutto, indovinate un po’, del numero 23 che sta viaggiando ad assurde medie da MVP da 28.6 punti, 8,6 rimbalzi e 5,7 assist, che gli permettono, tra l’altro, di guardare tutti dall’alto nella classifica dei marcatori, oltre che in quella dei minuti per gara, e che gli sono valsi il premio di miglior giocatore della settimana ad est.
Difficile allora fare pronostici sui Cavs. Di certo se Lebron dovesse continuare così, con lui dovrebbero fare i conti tutte le franchigie, anche le superpotenze dell’ovest. Ma allo stesso tempo, per cercare di qualificarsi ai playoff, e magari di andare oltre un’eliminazione al primo turno, Paul Silas ha assoluto bisogno di trovare al più presto un amalgama, sperando di avere i suoi migliori giocatori, e soprattutto Ilgauskas, oltre ovviamente a James, in perfetta salute per tutta la stagione.
Il ragazzino ha deciso che è ora di iniziare a fare la voce grossa, ma se non dovesse riuscire nel suo intento di portare i Cavs alla post-season, parecchi comincerebbero a storcere il naso sentendolo affiancato a leggende del passato.
Mentre lui, leggenda, lo vuole diventare.