Trevor Ariza atterra dopo l'ennesima schiacciata: è la sorpresa più lieta dei nuovi Knicks
Proclami, acquisti, cessioni, tanto denaro speso" e puntualmente si finisce con un pugno di mosche, con le speranze dei tifosi disilluse fin dalle prime partite. Tutto questo, quando si parla di Knicks, avviene da troppi anni; se vogliamo essere estremisti, addirittura da 30, ma andando a ritroso nella storia della franchigia è forse meglio fermarsi prima, alla "Patrick Ewing Era": non si vincevano Anelli, ma si era sulla cresta dell'onda fino ad aprile inoltrato, sempre.
Portando questa triste storia sportiva entro i patri confini, dove l'abbiamo già sentita? Ma quando si parla di Inter, of course! Ebbene sì, tracciare un parallelo tra le due squadre professionistiche pare scontato e banale; molti, anzi, penseranno che sia un sacrilegio scrivere di basket disquisendo pure di calcio, perché spesso gli snob degli sport d'oltreoceano considerano uno "sport inferiore" prendere a calci la palla anziché trattarla con le mani (forse a ragione, ma chi l'ha detto?).
Benissimo: "Take it easy, guyz!", mettete via l'acqua santa che vi siete procurati per lavare l'onta del sacrilegio dopo aver letto la parola "calcio" su un sito cestistico, altrimenti rischiereste di bruciare i circuiti del vostro computer. In fondo, poi, diciamocela tutta: siamo italiani ed in Italia il calcio resta l'attività sportiva più seguita e praticata.
Knicks uguale Inter, dunque" e quindi Marbury uguale Toldo (chiamati al riscatto dopo periodi d'appannamento), Crawford uguale Stankovic (arrivati da poco, alternano buone cose ad altre meno), Kurt Thomas uguale Materazzi (poco talento, tante botte), Tim Thomas uguale Recoba (l'eterno incompiuto), Mohammed uguale "qualsiasi terzino sinistro schierato dai nerazzurri" (ruoli che soffrono ancora delle rispettive maledizioni Ewing e Roberto Carlos)"
" ma ce n'è anche per la panchina, ovvio: Penny e Vieri (entrambi sul viale del tramonto, molti li definirebbero "rottami"), Ariza e Martins (giovani e talentuosi ma inesorabilmente inesperti), Anderson e Davids (in rotta con le rispettive società ), Sundov e Cruz (non pervenuti fino ad ora), Sweetney e Van Der Meyde (solo pochi lampi per loro e molte ombre nonostante le aspettative). Williams e Cambiasso (mastini o, meglio ancora, cagnacci). Fermandoci qui con i parallelismi, chi manca? Ma è ovvio, un certo Adriano, ossia chi tira fuori le castagne dal fuoco e nasconde le magagne.
Ecco quindi spiegata in maniera forse troppo semplicistica ma pratica la maggiore deficienza di New York: l'assenza di corpaccione che ti sposta gli equilibri, un Duncan o uno Shaq, tanto per intenderci. Ci si deve quindi accontentare di quello che passa il convento, ossia validissimi esterni o superstar pieni di talento ma che storicamente nella Grande Mela (e non solo) non possono vincere da soli senza un lungo cinque stelle.
Dopo solo cinque partite, infatti, i Knickerbockers sono già nell'occhio del ciclone e si pensa già ad un'altra stagione da dimenticare. Pesa in questo senso la peggior sconfitta nella prima al Garden della storia, giunta apparentemente senza lottare. Ma andiamo con ordine.
Si apre con la visita ai Timberwolves. Big Ticket timbra il cartellino ed alla fine saranno 28 punti, 20 rimbalzi e 7 assist per lui. Come se non bastasse, Minnesota è per la prima volta dopo molto tempo senza giocatori in borghese a bordocampo e tutti fanno la loro parte, regalando la prima W a coach Sauders: 99-93 alla fine, ma New York lotta fino alla fine.
Addirittura va avanti a +9 nella prima parte dell'incontro, ma Kevin Garnett mette 9 canestri consecutivi e i locali prendono il largo. Perentoriamente i Knicks tornano in parità a 9 minuti dalla fine, grazie a Michael Sweetney e Trevor Ariza, gli eroi che non ti aspetti; poi però tutto il team non segnerà più dal campo e da lì al termine sarà il più classico dei "Cassell Time". Bene la coppia di guardie Stephon Marbury (27 punti e 10 assists) e Jamal Crawford (22 punti), ma solo apparentemente, perché il secondo fa solo 2/8 dal campo nel secondo tempo.
Inizia intanto la personale Via Crucis di Tim Thomas che nel momento in cui scriviamo è ferma alla quarta stazione: qui 3/13 per lui, mentre l'omonimo Kurt va facile in doppia-doppia.
E' poi la volta della madre di tutte le umiliazioni: 73-107 per i Celtics in un Garden che schiuma rabbia. Si salva solo Sweetney che dalla panchina finirà come migliore marcatore dei suoi (18) ma il garbage-time si spreca. Addirittura Wilkens è costretto a regalare 20 minuti di gioco ad Anderson nonostante le beghe con lo staff dirigenziale: molto umiliante pure questa come cosa, ma Tim Thomas, dopo l'airball di fine secondo periodo che ha dato il via ad i "boooh" del pubblico, era davvero molto al di sotto della parola "presentabile".
Mohammed, già fumoso a Minnie, qui fa ancora peggio e gioca solo 8 minuti, mentre sotto le plance Kurt Thomas è costretto a giocare nuovamente centro. Marbury, e non potrebbe essere altrimenti, fa autocritica: "non giochiamo duro come dovremmo".
Ecco centrato il punto: non si può in un "opener" davanti al proprio pubblico farsi rifilare uno scarto di 36 punti da NESSUNO, figuriamoci da una squadra che non è certo una contender per il Titolo.
Quasi fisiologica cade dunque la prima testa, ossia quella di Dick Helm, assistente storico di Wilkens, che rassegna le dimissioni, ma il modo è parso molto più che forzato.
Iniziano pure a circolare le voci di un licenziamento dell'head coach, soprattutto se si dà per scontata la smania di allenare di Isaiah Thomas. Zeke ovviamente getta acqua sul fuoco: "Penso che in altre città si possa ricoprire il doppio ruolo di general manager e coach, ma non a New York. Allenerò un'altra quadra? È possibile, ma più in là nella mia carriera. Finché sarò qui non allenerò i Knicks". Parole chiare ma che lasciano lo stesso aperta la porta all'avvicendamento di Wilkens (ma perché estendergli in contratto pochi mesi fa?), magari a favore dell'amico Mark Aguirre.
Una boccata d'ossigeno per il coach più vincente (e perdente") della Lega arriva nella seconda gara al Garden contro Phila: 96-88 con i Knicks sempre in totale controllo dopo l'ottimo inizio che ha il suo apice nel +18 del secondo periodo. Un attacco molto bilanciato guidato finalmente da Crawford (22) ed una difesa meglio registrata (28 palle perse per gli avversari, segno non solo di demeriti altrui ma pure che la pressione sulla palla era ottimale) sono le chiavi del successo.
Incredibile Trevor Ariza che non finisce mai di stupire dopo le ottime prove in summer league ed in pre-season: 14 punti, 8 rimbalzi e 3 assists in una partita che oseremmo definire "totale" per un rookie chiamato con la 44 e con solo 21 minuti a disposizione. Tra l'altro, 8 di questi punti sono arrivati consecutivamente proprio nell'importante allungo del primo tempo. Bene finalmente anche Mohammed che mette 18 punti e cattura 8 rimbalzi; ennesimo Kurt Thomas in doppia-doppia ed altrettanto ennesima figuraccia dell'altro Thomas.
L'agognato bilancio del 50% arriva dopo la vittoria contro i Clippers per 110-96. I Knicks vanno subito avanti 13-2, poi a +20 nel terzo quarto e Wilkens dosa i suoi facendo giocare tutti i suoi uomini. Marbury sfiora la tripla-doppia (21 punti, 10 assists e 7 rimbalzi) e guida i sei compagni in doppia cifra. Mohammed torna inutile con zero punti e 2 rimbalzi; malissimo pure Baker ed il solito immenso Kurt Thomas deve sobbarcarsi il ruolo di centro con tanti minuti di Sweetney nello spot di ala forte.
Gli alti e bassi di Mohammed continuano a domicilio degli Indiana Pacers: qui fa 20+15 ma i locali si impongono 103-97. I Pacers vanno anche avanti di 21 ma uno strepitoso Starbury da 37 punti ricuce fino al -5, senza però terminare la rimonta anche perché Crawford sbatte la testa sul parquet, Jermaine O'Neal gli passeggia sopra come da sua becera abitudine e il povero Jamal non rientrerà più dopo soli 11 minuti giocati. Ancora inutili Baker e Tim Thomas (con problemi di falli nella marcatura di Ron Artest).
Tirando le più classiche somme da queste prime gare e senza ripetere cose già dette troppe volte, è evidente che Wilkens sta limitando la rotazione ad otto uomini, inserendo dunque a partita in corso i soli Hardaway, Sweetney ed Ariza. Quest'ultimo, se "Tiny" Tim continua così, potrebbe essere promosso in quintetto molto presto, anche se in concreto già oggi divide il minutaggio in ala piccola con il più esperto compagno.
Agendo in questo modo c'è naturalmente il rischio di spremere troppo i giocatori più importanti, ma Baker è parso fin dalla pre-season poco incisivo, ingrandendo ancor più quell'enorme buco nella posizione di centro. Quando Mohammed non gira, infatti, Wilkens si affida a Thomas e Sweetney, ma entrambi non hanno i centimetri e l'atletismo per intimidire nessuno là sotto. Williams può dare un po' d'elettricità per una manciata di minuti, d'accordo, ma poi che resta?
Finalmente è poi arrivato il taglio di Shandon Anderson. Dopo aver avuto la faccia tosta di rifiutare l'injury list, l'uomo più pagato del pianeta in maniera inversamente proporzionale al suo rendimento ha levato il disturbo. Zeke ci ha pensato molto prima di mandarlo a spasso, perché comunque riceverà ancora il suo lauto stipendio e potrà , con motivazioni ben diverse, prestare servizio presso altre squadre, ma questa farsa doveva prima o poi finire ed anche l'ultimo giocatore voluto da Scott Layden se n'è andato.
La lista infortunati è occupata invece da Bruno Sundov, Jamison Brewer ed Allan Houston.
Non ci siamo dimenticati del capitano, semplicemente ormai merita un capitolo a parte già dai report della scorsa stagione. Niente da fare per il suo ginocchio ed il rientro è stato ancora una volta posticipato. Si parla di fine mese, ma l'incertezza regna sovrana oggi più che mai.
Dovesse rientrare, crediamo ormai che non potrà più giocare titolare e dunque cambierà Crawford dal pino. Il suo innesto, anche se non fosse lo "Sweet Allan" di qualche anno fa ma comunque senza i noti problemi all'articolazione destra, darebbe al roster quel tiratore puro che manca.
Con Wilkens sulla graticola e problemi assortiti, New York giocherà ora una serie di partite in trasferta che potrebbero far precipitare il bilancio vittorie-sconfitte molto al di sotto del fatidico minimo dignitoso del 50%.
Per questo report basta così, nel prossimo parleremo delle tantissime voci di mercato che stanno circolando copiose.