Shaq-Wade, riparte il Diesel

Uno Shaq così in forma non si vedeva da almeno 5 anni…

A Miami le cosiddette "super-combo" sono sempre piaciute. Due giocatori al di sopra degli altri, entrambi fulcro di attacco e difesa. Un leader in campo e un altro in spogliatoio, uno il braccio, l'altro la mente.

Gli Heat hanno iniziato con Rony Seikaly e Glen Rice, tanta sostanza in attacco unita a spietato tiro da fuori. Ha continuato con Alonzo Mourning e Tim Hardaway, forza fisica unita a estro e velocità . Ora, è giunto il momento di vedere all'opera Shaquille O'Neal e Dwayne Wade, vale a dire potenza e classe unita a talento e atletismo.

Anno zero, il secondo, per Shaq. Otto anni in California: trionfi e polemiche fra zen, rap, supertrucks, "mattoni" liberi, alluci grossi come cocomeri, chiamatemi Big Aristotele, spogliatoio perennemente bollente e dichiarazioni surrealmente spumeggianti.

Welcome to Miami. Otto anni dopo Orlando, riecco la Florida. Nuova maglia, quella degli Heat, numero 32. Proprio come ai Magic. Terzo team in 12 anni di carriera. Nuove motivazioni. Nuova squadra. Nuovi compagni. Nuova Conference. Qualcosa cambierà ? Macché. Sarà  il solito, imprevedibile Shaq, quello che tutti quanti hanno imparato ad amare e odiare. Rimanere indifferenti d'altra parte è impossibile. Tutto come prima insomma, tranne forse per un "dettaglio".

In gialloviola, l'asse Shaq-Kobe, che ha prodotto tre titoli Nba e dato vita alla seconda dinastia Lakers dopo lo showtime di Magic, è stata una delle più burrascose degli ultimi decenni, troppo impegnati a stabilire chi dei due fosse il numero uno dei lacustri. Ora che l'asse è cambiata, ora che accanto a Shaq c'è il secondo anno Dwayne Wade, dalla personalità  non così egocentrica come quella di Bryant ma dal talento per certi versi molto simile, cosa succederà ? Cosa succederà  se la nuova combo in rossonero andrà , al contrario, d'amore e d'accordo?

Innanzitutto spalti sempre pieni e tanto spettacolo da una coppia dalle potenzialità  illimitate. Quindi, se tutto va bene, almeno un paio di stagioni al di sopra delle 50 vittorie con ambizioni serie al titolo. Ma attenzione. Il 2005 sarà  anche e soprattutto una stagione cruciale e delicata, per l'uno e per l'altro. Sfide personali da vincere con grandissima pressione alle spalle, roba pesante insomma.

Bid Daddy deve innanzitutto dimostrare di essere ancora il numero uno. Sommerso di critiche (e per uno come lui ne servono proprio tante) nell'ultima stagione, reo di non essere più il centro dominante per antonomasia, "il giocatore più influente della storia del basket americano" , il mix perfetto di velocità  e potenza, fattore in attacco e in difesa, letale nei momenti che contano di più, O'Neal ha una voglia pazzesca di smentire i suoi tanti nemici convinti che è ormai lontano dall'essere il giocatore più immarcabile di tutti i tempi, e che la sua l'età  (33 anni) e il fisico sempre più mastodontico costituiscono i primi segnali di un declino lento ma inesorabile (21 punti di media la scorsa stagione, negli ultimi 10 anni mai era sceso sotto i 26).

Lui ha inizialmente risposto a suo modo, con parole al veleno, tante, per chi lo ha attaccato, accusato, criticato perché non dimagrisce, perché pensa più ai soldi che a giocare, perché i liberi non ha voglia di tirarli e perché già  pregusta il momento del suo ritiro così potrà  finalmente diventare sceriffo di qualche bistrattata contea. Poi però da Miami è arrivata la notizia: il grande Shaq sta tornando. Tanta palestra in estate, pochi fronzoli per la testa ed ecco che alcuni (tanti) chili in eccesso sono tornati a essere (pare) muscoli nuovamente d'acciaio.

Completamente diversa invece la situazione di Dwayne Wade, che esce da una stagione fatta di molti alti e pochi bassi. Un inizio di regular season convincente e sorprendente, proseguimento stupefacente e conclusione quasi eroica. Grazie a lui infatti i Miami Heat sono passati da squadra enigmatica e dalla scarsa reputazione alla sorpresa della costa dell'est. Wade è andato come un treno, ha partecipato all'All Star Rookie Game, poi ha trascinato la sua squadra ai playoff, sbattendo fuori dal primo turno i ben più accreditati New Orleans Hornets con tanto di umiliazione ai danni dell'ex dream teamer Baron Davis. Complice poi una scarsa rotazione e una panchina pressoché inesistente, gli Heat si sono dovuti arrendere in semifinale di Conference contro gli Indiana Pacers.

Ma intanto, Miami aveva capito di aver pescato dal draft un fuoriclasse, un nuovo leader, quasi del tutto inaspettato. Velocità , estro, intelligenza cestistica, talento, grande difesa, faccia tosta, 16 punti, 4 rimbalzi e 4 assist di media in regular season e 18 punti di media nei playoff: tutto questo era stato, semplicemente, Dwayne Wade.

Cifre stellari, tutti d'accordo: fra i protagonisti della lega del presente e del futuro, di certo c'è anche lui. E quindi convocazione alle Olimpiadi, sì perché se lo merita. Per lui è un sogno, un sogno che sembra non finire mai. Ma che invece finisce male, malissimo. Dwayne viene investito spietatamente dalla mediocrità  della squadra olimpionica. Mancanza di personalità , troppa spavalderia, troppa sufficienza in campo. Il Dream Team fa la fine che tutti quanti sanno e nessuno è esente da colpe, nemmeno Wade, accusato di non essere un vero playmaker ma nemmeno una shooting guard. Né 1 né 2, né carne né pesce, un giocatore senza un suo ruolo preciso.

Davanti così tanto fumo, il contraccolpo psicologico rischia di esserci per davvero. La domanda è: ci saranno ripercussioni sul rendimento del giocatore uscito l'anno scorso da Marquette, dopo James e Anthony il miglior rookie della passata stagione? Da non dimenticare che con novembre inizierà  la sua seconda stagione come professionista, stagione che per molti è stata la più difficile della carriera. Lui risponde balle, sono pronto a tornare più forte di prima. E in questo senso non va sottovalutata la sua maturità : Wade, al contrario di molti usciti dal suo stesso draft, ha fatto il college ed è entrato nella Nba a 22 anni, età  piuttosto elevata rispetto al target attuale.

Due sfide dunque, che i due atleti dovranno vincere solo e soltanto con se stessi. Ma insieme? Cosa ha guadagnato Miami affiancando Big Aristotele al suo giovane campione? Tutto il bene del mondo.

Coppia sulla carta devastante, immarcabile, la più forte della costa Est, forse anche più di Tmac-Yao. Shaq era il numero uno in Western Conference, figurarsi ora che i suoi avversari più insidiosi sono soltanto Ilgauskas, Ben Wallace e Jermain O'Neal. Tutto dipenderà  dalla sua voglia di riscatto, dal suo fisico, dalla sua capacità  e volontà  di reggere ottanta partite più i playoff senza accusare stanchezza. E naturalmente, dalla sua intesa con Wade.

Se i due faranno amicizia, c'è da scommetterci sopra che Shaq prenderà  sotto la sua "aura" la giovane guardia, aiutandolo a crescere come professionista e facendolo diventare un tutt'uno con il suo gioco, svelandogli perché no, qualche giochetto che faceva in campo con Bryant e che tanto esaltava il pubblico dello Staples Center. Saranno compatibili? Beh, le amicizie di O'Neal sono sempre state varie e diversificate: dall'umilissimo Mark Madsen ai più spavaldi Dennis Scott e Rick Fox, dal saggio Brian Shaw all'esordiente Luke Walton. Giocatori diversi, ruoli diversi, ma con un unico comune denominatore: due volte su tre, passavano la palla sottocanestro a Shaq, proprio come piace a lui.

La chiave è questa: se Wade non sarà  da meno, se saprà  servire al meglio the Diesel e contemporaneamente prendersi le proprie responsabilità  quando sarà  il momento, allora guai a chi li incontrerà .

La difesa. Un conto era avere sotto canestro il pur bravo Brian Grant, un conto è avere Shaquille O'Neal. Con uno come lui dietro, che da solo basta per occupare l'area colorata, Wade può rischiare più spesso l'anticipo, arma che già  appartiene al suo arsenale (1.41 recuperi nel 2004, tantissimo per un esordiente) ma che è stata usata tutto sommato con parsimonia: un recupero fallito infatti poteva rivelarsi un suicidio, essendo Grant e Odom non esattamente due intimidatori d'area.

Intimidazione, dunque, ma non solo. A dirla tutta, Shaq toglierà  parecchie responsabilità  all'intero quintetto Heat, debole sotto canestro e che proprio per questo si tuffava sempre in massa a rimbalzo. Soluzione, per carità , anche giusta e condivisibile ma che di fatto rallentava in un certo qual modo il gioco d'attacco e il loro contropiede. Tutta un'altra musica con Shaq, garanzia di almeno 11 rimbalzi di media, roba che Miami si sogna dai tempi di Zo Mourning. Rimbalzo facile e immediato, scatto di Wade (o chi per lui) che brucia il suo diretto avversario, lancio lungo, 2 punti facili.

L'attacco. Sarà  interessante vedere come si comporterà  Shaq fuori dal triangolo di Phil Jackson e quindi in un nuovo sistema di gioco. A Orlando con Penny Hardaway raggiunse una finalissima in una squadra molto giovane. Lo è anche Miami, con la differenza che la chioccia stavolta dovrà  essere lui. Senza Bryant tra le scatole ma con Wade, ragazzo più umile, giovane e assolutamente incapace (almeno per ora) di uscite quali: "Io sono il più forte giocatore del mondo" .

Occhio allora soprattutto agli scarichi di Shaq se raddoppiato (altro sistema di gioco con Grant e Odom quasi mai contemplato). Vero che a beneficiarne saranno soprattutto Eddie Jones e Wesley Person con le loro fucilate da fuori, ma non va sottovalutata l'importanza in questo contesto dello stesso Wade, che preferisce di gran lunga l'entrata in palleggio, sfidare i lunghi, tentare la schiacciata se possibile (non a caso nel 2003 ha perso 3.21 palloni a partita ma con un onesto 46% dal campo). Con i "crestoni" grandi e grossi avversari impegnati a tenere Shaq, Wade godrà  senz'altro di maggiore libertà  in penetrazione, sfruttando così al meglio gli spazi che il numero 32 sarà  in grado di creare. Letale (per gli avversari) sarebbe anche un tiro dal perimetro più sicuro e continuo (30% l'anno scorso ma con un promettente 38% nei playoff).

Osare, insomma, è la parola giusta. Forte anticipo in difesa, contropiede veloce di guardie e ali, penetrazioni più frequenti nell'area avversaria (con tanto di scarichi per Shaq) e tiro da fuori sempre più spietato: se ogni tassello del puzzle andrà  al posto giusto, se ogni pezzo dell'automobile Heat verrà  assemblato nel modo corretto, allora la super-combo Wade-Shaq sarà  una coppia da 50 punti e 15 rimbalzi di media e trasformerà  per forza di cose la squadra di Miami da outsider dell'Est a favorita numero uno per il titolo, se non addirittura una realtà  Nba di un altro pianeta. E a quel punto la domanda sarà : sapranno esserlo anche i diretti avversari? San Antonio e Houston, sì, la domanda è rivolta a voi"

"There are a thousand reasons to love this game"

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