Kobe mostra il cuore. Gli servirà nella sua prima stagione da faro dei Lakers
Negli ultimi anni, il Santo Natale è, per la città di Los Angeles, sinonimo di grande basket.
La rete nazionale, detentrice dei diritti sulla pallacanestro, Nbc o Abc, hanno sempre preteso i Los Angeles Lakers, come piatto forte del "double-header" natalizio.
Nel 1999 i gialloviola batterono i San Antonio Spurs campioni in carica, antipasto del passaggio di consegne, puntualmente avvenuto il giugno successivo. L'anno seguente la Portland di Wallace, Pippen e Kemp, quella che scoppiò a maggio, sbancò lo Staples Center, con Shaq e Kobe ai ferri corti. Philadelphia, vice campione in carica, e Sacramento hanno seguito.
Per questo Natale, allo Staples Center, è in programma una sfida, per certi versi molto più sfiziosa: Shaquille O'Neal, "the most dominant ever", l'uomo che ha firmato tre titoli di mvp delle finali, nei tre titoli vinti dai Lakers, tornerà sul campo che è stato suo. Per sfidare il "rivale" Kobe Bryant.
Il rapporto fra i due dovrebbe essersi definitivamente incrinato. Non che sia mai stato granchè: Shaquille definì Kobe "showboat", pochi giorni dopo il suo arrivo a Los Angeles da Lower Marion.
Quel soprannome era un monito. Il pivot non gradiva le tendenza del giovanotto a monopolizzare l'attenzione, a volte con giocate sopra le righe. Nell'anno in cui, a Natale, persero con Portland, Bryant decise di forzare la mano e di "prendersi" i Lakers. Shaq ad inizio stagione era in precarie condizioni. Bryant tirò molto, troppo. O'Neal rispose, smettendo di difendere a centro area. Phil Jackson alzò la voce in spogliatoio e pungolò Bryant sui giornali. Jerry West parlò lungamente al figlio di Joe, in aprile, nella sua villa di Bel Hair. Quella squadra fece 15-1 nei playoffs. Shaq definì il compagno "mio idolo, di gran lunga il miglior giocatore della lega" dopo i suoi 48 punti con San Antonio. Nella finale con Philadelphia, Lakers sotto 1-0 e in svantaggio in gara2, Bryant fece tutto il campo in palleggio e mando a schiacciare il centro. Los Angeles vinse quella partita. Bryant remava con Shaq.
Tutto questo oggi assume una diversa luce. Recentemente il nuovo pivot degli Heat, non ha nascosto di ritenere Bryant il motore della cospirazione che gli ha "scippato" i Lakers. Facile pensare che Jerry Buss, messo nelle condizioni di scegliere, abbia indicato il numero 8, come il continuatore. Esattamente un anno fa, di questi tempi, il proprietario di Los Angeles, si irritò non poco quando Shaq, in una gara di esibizione contro Golden State, stoppò Dunleavy e poi corse in attacco urlandogli "Ora mi pagherai?". Il giocatore è convinto di valere tutti i soldi che ha chiesto. Ha più volte accusato di incompetenza Mich Kupchack, il general manager, in realtà vaso di coccio, per quell'estensione di contratto che non è mai arrivata.
La svolta è arrivata quando, quest'estate, la franchigia non ha rinnovato il contratto a Phil Jackson.
Già in febbraio, nel corso dell'All Star Week End, Bryant disse: "Amo Jackson come allenatore, ma non come persona." In coincidenza, le trattative per il rinnovo furono interrotte. A fine stagione Kobe si è puntualmente messo sul mercato. Jerry Buss, meglio la figlia, compagna di Master Zen, ha indicato nell'indecisione del suo fidanzato, le ragioni della chiusura del rapporto.
Shaq ha interpretato questa mossa come una chiara dichiarazione di intenti. E ha chiesto lo scambio. Qualche tempo dopo, una volta diventato un Heat, ha commentato: "Sono stato costretto ad andarmene. Non avrei mai potuto giocare con quella maglia per un altro allenatore. E' una questione di onore." O'Neal definì l'allenatore "il suo papà bianco" ma, fra le righe dice: "Non sarei mai rimasto alle condizioni di Bryant."
Jerry Buss nell'ultima settimana, ha seguito la prima parte di trainin' camp della sua squadra. Per lui ha parlato Mich Kupchack: "Abbiamo dato una svolta importante a questa franchigia quando ci siamo messi nelle mani di Phil Jackson. Ma il gioco che Buss ha sempre amato è fatto di ritmo, transizione su tutto il campo. Qualcosa di simile allo Show Time. Per questo abbiamo fatto una scelta. Buss apprezza moltissimo questi giocatori. Nel frattempo risponde a tono ai giornalisti che prevedono per Los Angeles due, forse tre, anni di transizione, prima di tornare "contenders".
Sull'altra costa, uno Shaq ulteriormente dimagrito, per ordine di Pat Riley, si sta impegnando nei primi allenamenti. "Stiamo lavorando molto - ha detto - sulla difesa. Abbiamo provato con intensità ed aggressività . Non vedo l'ora di mettere la mie qualità a disposizione di Van Gundy. "
Di sicuro Shaq non vede l'ora di tornare allo Staples Center, anche se da avversario. C'è da giurare che quel giorno terrà d'occhio con particolare attenzione il centro area. E vorrà giocare una partita speciale. Bryant dal canto suo affronterà ogni partita con l'intensità di chi deve dimostrare la bontà della scelta dei suoi dirigenti. D'altronde le due squadre partono in seconda fila. Godono di considerazione perché, con quei due sul campo, non si può mai sapere. Ma non sono in pole position per il successo nelle loro conference.
Abbiamo volutamente tralasciato l'ultimo capitolo della rivalità . Quello tratto dai verbali del processo di Eagle. Non ci interessano le abitudini sessuali dell'uno. Non ci interessa sapere del modo di trattare le donne dell'altro. Si è andati sopra le righe. E' una storia da settimanale di gossip e scandaletti. Non da sito-rubrica di basket. Può essere interessante sapere che negli anni in California i due, non si sono quasi frequentati al di fuori del campo. Per ribadire la diversità di carattere. Ma il resto è ininfluente e un po' squallido. Una grande rivalità presuppone il rispetto reciproco. Per una volta Shaq e Kobe non ne hanno avuto. Per il basket, per le pagine di storia che hanno condiviso è meglio che cambino atteggiamento.
Sul campo potranno sfidarsi al loro meglio: appuntamento al 25 dicembre.