Continuano a non arrivare rinforzi all'altezza nei Clippers di Brand…
Avanti così, e la stagione 2004-2005 sarà con ogni probabilità la più combattuta, e incerta, degli ultimi 10 anni. Ok, l'estate è ancora lunga e il mercato è tutto in fermento, ma per come stanno adesso le cose, pronosticare la favorita numero uno per l'anello è impresa ardua.
Crollato definitivamente l'impero dei Lakers costruito attorno a Shaq e Kobe, sono molte le franchigie che stanno lavorando, e sodo, per rinforzare il proprio roster non avendo come obbiettivo i playoff, o la finale di conference. Ma il titolo, vero e proprio.
Si parla dei Denver Nuggets quale nuova potenza Nba. Dei Pistons campioni in carica che mollano Okur per prendersi Antonio McDyess e Ronald Dupreè (bella mossa). Di Miami e Houston, da molti viste come le squadre da battere (sarebbe una finale inedita). Dei New York Knicks, ovvero l'asso pigliatutto (perlomeno nelle intenzioni di Isiah Thomas) fra i free agents più prelibati del momento.
E come dimenticare gli Spurs di Tim Duncan, che contano su un Brent Barry in più e su un riconfermato Ginobili; o i T-Wolves, disposti (almeno sembrerebbe) a far pazzie economiche pur di avere Ray Allen. E attenzione ai Lakers, squadra troppo rinnovata per fare subito paura alle altre ma ricchissima di talento (mai sottovalutare Tomjanovich, biennio Houston docet), e ai Phoenix Suns, rinforzati da Nash e Richardson.
Abbiamo finora parlato dei più forti. Ma i più deboli? Quali saranno le squadre destinate a lottare per un record al di sotto del 40% di vittorie? Quali franchigie adotteranno la strategia "finito un ciclo, via tutti se ne inizia un altro, da zero"?
Dei Bobcats (già derelitti prima ancora di iniziare la stagione, robe da pazzi), il nostro Max Giordan ha già scritto abbastanza e non c'è bisogno di aggiungere altro. Sono loro i candidati numero uno al peggior record della Lega. Punto e basta. Ma non disperino (troppo). Nei bassifondi della Lega Bickerstaff e soci staranno in buona compagnia. A cominciare da Chicago.
Il futuro è con ogni probabilità tutto dalla parte dei Bulls, visti gli arrivi di Gordon, Deng e Duhor che si aggiungono al bravo Kirk Hinrich. Ma il presente è ancora nuvoloso e di schiarite non se ne prevedono, almeno in tempi brevi. Hanno un solo buon realizzatore, Jamaal Crawford, e rischiano di perderlo perché free agent. Scottie Pippen è ormai una gloria nazionale che non può più garantire nulla di concreto sul campo, mentre coach Skiles fra Curry, Robinson e Chandler non riesce a tirar fuori un centro degno di tal nome. Certo, ci sono sempre Gill e Antonio Davis" vabeh, lasciamo perdere.
Altra squadra senza né carne né pesce è Seattle. Se resta Allen i Sonics possono puntare a una stagione dignitosa, specie ora che hanno un rimbalzista coi fiocchi, Fortson (l'anno scorso il migliore è stato Rashard Lewis con appena 6.5 rimbalzi di media). Se però andrà via Jesus, coach McMillan lancerà Ronald Murray in quintetto, che male non è, per una squadra giovanissima da rinforzare poi come si deve la prossima estate (aspettando i progressi del rookie Swift). Playoff? Non scherziamo.
Troppo facile parlar male dei Los Angeles Clippers. Ormai è come sparare alla croce rossa, nonostante abbiano preso Kerry Kittles e mandato via Quentin Richardson. Se è davvero l'ex giocatore dei Nets il gran colpo annunciato per l'estate, allora per Elton Brand e soci si prospetta un altro anno fuori dai playoff: con la concorrenza spietata dell'Ovest non si può avere in regalo proprio nulla. C'è grande attesa per Shaun Livingston, ma di Lebron James, a mio parere, ce n'è uno solo.
Come i Clippers, c'è chi di soldi ne ha tanti ma non sa come spenderli o piuttosto li butta in investimenti alquanto incomprensibili e tutt'altro che convincenti. E' il caso dei Golden State Warriors, che hanno svuotato le casse riempiendo di dollari Derek Fisher e (udite udite) Adonal Foyle (la partenza di Dampier a questo punto si farebbe ancora più probabile).
The Fish è un playmaker valido, giocatore da ultimo tiro, ma che non può dare il salto di qualità a gente come Dunleavy jr e Jason Richardson. Il secondo è un mastodontico tricheco di due metri e otto che in sette anni di Nba ha prodotto 4 punti e 5 rimbalzi di media. Un buon centro di riserva, ma forse è già dir troppo. Se poi il suo cambio è davvero Dale Davis, grande mestierante ma tecnicamente limitato e con 35 inverni sul groppone, allora forse tanto valeva richiamare Mr.Cooper (e spero che qualcuno colga questa citazione, finissima).
Caso a parte è quello degli Atlanta Hawks. La strategia della dirigenza dei falchi per la stagione passata era semplice: puntare al peggior record della Lega per prendersi la prima scelta assoluta del Draft. Tutto andava secondo copione fin quando all'improvviso Stephen Jackson si è messo a segnare oltre 25 punti a partita nelle ultime 20 gare mentre Bob Sura ha iniziato a viaggiare a medie "Oscar Robertsoniane", inanellando cioè una tripla doppia dopo l'altra.
Risultato, niente prima scelta per gli Hawks, che chiamano col numero sei Josh Childress, ala forte che in Summer League sta facendo bene ma per alcuni non "all'altezza" del ruolo, fisicamente parlando. Certo, da Indiana è arrivato Al Harrington, anche se in cambio di Jackson. Inoltre, forte del suo grande finale di stagione, Bob Sura potrebbe trovare un buon contratto in altri lidi (Miami?) liberando spazio così nel salary cap che verrebbe riempito dalla firma di un buon centro (Dampier, che vuole però la grande Mela).
Ma la piazza di Atlanta non fa gola a nessuno. E per quanto siano ottimi giocatori, Harrington, Dampier e Childress non restituiranno il tutto esaurito agli Hawks, il cui pubblico rimpiange ancora The Human Highlight Film. Playoff possibili, ma niente di più e situazione che resta grigia.
Chiudo con tre squadre: Dallas, New Orleans e New Jersey. La franchigia texana è stata forse più di ogni altra la vittima sacrificale della spietata concorrenza dell'Ovest. Fosse una squadra dell'Est, negli ultimi anni raggiungere la Finale sarebbe stato probabilmente uno scherzo per Nowitzki e compagni. Ma dopo l'ennesima eliminazione nei playoff per mano di Sacramento, ai Mavericks restavano due soluzioni.
La prima: tentare l'assalto a Shaquille O'Neal, per tornare ad avere un centro di peso che manca ai texani dai tempi di Roy Tarpley (!!!), sacrificando pedine importanti quali Walker e Nash. La seconda: ricominciare da zero, ringiovanire la squadra cercando tuttavia di restare competitivi.
Cosa è successo? Nash se ne è andato, Walker se ne andrà , ma Shaq non è arrivato. Così sono partiti anche Antawn Jamison e Danny Fortson. Al loro posto, Jerry Stackhouse e tre rookie molto interessanti e futuribili, a cominciare dal playmaker Devin Harris, quinta scelta assoluta. La squadra farà ancora i playoff, ma il titolo è ben lontano.
Così come lo è per i New Jersey Nets, orfani di Kenyon Martin e Kerry Kittles con un Jason Kidd che vuole cambiare aria. L'arrivo di Vaughn e Buford lasciano intendere che il futuro dei Nets sia all'insegna della rifondazione totale, con Richard Jefferson promosso leader (nutro qualche dubbio in proposito) e la cessione imminente di Kidd (San Antonio pare la più accreditata, ma con quali soldi? E la contropartita?). Certo è che anche con Giasone la squadra farebbe fatica, vedi Krstic "quattro" e Lucious Harris guardia.
Infine New Orleans. L'anno scorso era data fra le favorite a Est, ora si sta scoprendo una squadra anziana, demotivata e disunita. Sulla tenuta fisica e mentale di Baron Davis i dubbi ormai si stanno sprecando. Brown, Wesley, Steve Smith e Armstrong sono più vicini ai quaranta che ai trenta, Jamaal Mashburn è a un passo dal ritiro e lo spogliatoio è un vulcano sempre acceso.
Soluzioni? Nessuna. La squadra per ora resta tale a quale a quella dell'anno scorso, sbattuta fuori senza complimenti dai Miami Heat al primo turno playoff. E dalla prossima stagione si gioca ad Ovest.