Vince Carter: un enigma per sè e per gli altri…
«Rifondiamo. No no, che dico… sono impazzito. Tutta la squadra dovrà girare attorno a Vince, li ho presi apposta Arujo e Skip.
No no, ma che dico, ho sbagliato ancora. Tradiamo Vince e ne prendiamo uno sano. O forse…no».
Sembrano i discorsi di un pazzo, in realtà sono i pensieri confusi di un uomo sull'orlo di una crisi di nervi: Rob Babcock, general manager dei Toronto Raptors. Ai canadesi non ne va più bene una da quel lontano giorno di maggio del 2001.
Quel maledetto ferro nella semifinale di Conference, quella sciagurata gara sette contro Philadelphia poi finalista, quel tiro allo scadere di un Vince Carter in forma, ancora grida vendetta e a molti non è mai andata giù.
Soprattutto quella scappatella nel pomeriggio di gara 7 per rimediare la laurea a Chapel Hill. Oggi, a tre anni di distanza, è cambiato molto. È passata molta acqua sotto i ponti, parecchi giocatori sono cambiati, è cambiata la dirigenza, la guida tecnica e purtroppo anche la stella più luminosa, "Vinsenity", è ormai offuscata.
Futuro. Una parola ricorrente nella mente di Babcock che sta tentando di costruire un roster vincente. Ha cambiato head coach: Sam Mitchell. Ha rischiato, ha scelto per necessità e non per talento al Draft 2004: alla n°8 il brasiliano Rafael Araujo, centro di 211 cm per 131 kg dalle mani educate. Ha acquistato Rafer Alston, free agent dal talento sopraffino, ma ancora troppo rozzo, dei Miami Heat.
Ora la domanda è: venderà ? Ci sta pensando seriamente a scambiare Vince Carter. E, almeno in linea teorica, è un discorso che non fa una piega. Cerchiamo di capirci qualcosa di più su una possibile trade che stravolgerebbe la fisionomia di una franchigia. Scelto nel Draft del 1998 alla scelta n°4 dai Warriors fu scambiato immediatamente con Antwan Jamison, draftato alla cinque dai Raptors.
L'affare della vita, per molti, il futuro MJ per pochi (stesso college, stessa altezza, stesso peso, stesse schiacciate). In ogni caso un gran colpo che ha cambiato la storia di Toronto. Dopo il primo anno da “rookie of the year” con 18.3 punti, 3 assist e 5.7 rimbalzi di media a partita, sono seguite tre stagioni importanti, con statistiche in continua ascesa. Almeno fino a quel maledetto infortunio contro San Antonio.
Da quel giorno Vince non è più lo stesso. Poca difesa, qualche schiacciata, ma non più le movenze di una volta e soprattutto non più l'allenatore di una volta: Dean Smith. L'unico che veramente l'abbia capito e lo abbia fatto esprimere al massimo. Il ginocchio ha poi cominciato a fare i capricci e le prestazioni di prima non sono tornate più con la continuità di un tempo. Tradarlo ora sembra essere l'unica soluzione.
I Seattle Sonics lo vogliono e sono pronti a mettere sul piatto della bilancia Ray Allen (scambio alla pari), i New York Knicks e Isiah Thomas farebbero follie per portarlo al MSG (tranne che per Stephon Marbury) i Kings sarebbero disposti a cedere Peja Stojakovic in cambio di "Air Canada". Le offerte dunque non mancano e una trade potrebbe essere vantaggiosa per tutti: Carter, società e tifosi.
1) Partiamo da Carter. L'americano potrebbe solo giovarsi di un suo addio al Canada. Si libererebbe di pressioni che un no-leader come lui non è in grado si sostenere e in secondo luogo otterrebbe quello che da anni cerca: una franchigia che gli permetta di lottare per il titolo. Magari con vicino qualche “uomo grosso” cui passare palla e responsabilità .
2) La dirigenza ufficialmente non si sbilancia. Babcock continua a rilasciare dichiarazioni di facciata: «Per quanto mi riguarda non ci sono problemi. Non mi sembra che Vince abbia intenzione di lasciare Toronto. Anzi, quando gli ho parlato, mi è sembrato molto ansioso di iniziare a giocare. Sono convinto che si toglierà diverse soddisfazioni con Sam Mitchell in panchina». Parole che non convincono e che hanno il sapore del depistaggio. La società è convinta. Ray Allen è il tiratore che serve, che raramente si è visto in Canada. Inoltre preferirebbe spedire “V-Incredible” nella Western Conference, perché trovarselo da avversario solo due volte l'anno, sarebbe meno doloroso.
3) I tifosi sono incerti. A Carter sono affezionati, ma accetterebbero di buon grado l'arrivo di un nuovo campione. Non lottare per niente d'importante non piace a nessuno e la folla ci metterebbe poco ad “innamorarsi” di un leader vero e di un uomo squadra con gli attributi.
Per quanto riguarda le possibili destinazioni di Air Canada, come abbiamo detto, tre sono le piste principali:
a) New York. Possibilità remota in realtà . In primis perché la situazione del salary cap dei Knicks “over the limit” non permette follie e in secondo luogo perché, oltre Marbury (sul quale Isiah Thomas ha posto il veto), non c'è nessuno che valga Carter.
b) Seattle. Destinazione praticabile. La contropartita è valida (Ray Allen). L'unico inconveniente è che bisogna convincere “Air Canada” a trasferirsi nella città della pioggia. Difficile e molto. Visto soprattutto che Carter vuole una franchigia candidata al titolo e i Sonics non lo sono.
c) Sacramento. È la notizia della settimana. Si profilerebbe un superscambio con Peja Stojakovic. Come si sa il serbo, dopo l'addio di zio Vlade Divac, vuole lasciare i Kings. Beh, l'affare ha serie possibilità di essere concluso. Staremo a vedere. Con i rumors non c'è mai da fidarsi.
Ovviamente c'è anche la possibilità che Carter alla fine rimanga ai Raptors. Non vogliamo escludere a priori un'opzione comunque reale. Quindi riassumendo, assegnerei queste percentuali sul futuro di "Air Canada":
Seattle 40%
Sacramento 30%
NY 15%
Raptors 15%
IL RESTO DELLA SQUADRA
La società si è mossa bene e con grande coraggio. Ha realizzato finalmente la possibilità di schierare Chris Bosh da point forward, sollevandolo da incarichi troppo pesanti per lui. Da centro giocherà Araujo.
Rafer Alston da play potrà esprimere tutto il suo potenziale. Ci si attende una stagione importante dall'ex fenomeno dei playground. Marshall, Peterson e Williams garantiscono una rotazione decente nel back-court. Certo manca ancora un cambio affidabile per la front-line. Il solo Moiso poco può fare. Altro inconveniente il salary cap stracarico fino al 2006-2007.
La dirigenza avrà dunque il suo da fare in una franchigia dove i lavori in corso sono sempre… in corso.