I nuovi acquisti di New York si presentano…
Leggendo dentro lo scambio che ha portato Jamal Crawford a New York, emergono spontanee due considerazioni.
La prima. Isiah Thomas non è un mago, perché molto di quello che riesce a fare sul mercato, in realtà lo fanno la sua fama, il fascino della Big Apple ed il portafoglio infinito del proprietario dei Knicks, che è pronto a pagare 99 milioni di contratti quest'anno e 105 il prossimo.
Non sarà un mago, ma di fatto è un'arma illegale. Se il backourt Marbury-Crawford sia o meno quello destinato a riportare New York avanti nei playoffs, si può discutere all'infinito. Resta il fatto che Thomas lo ha costruito liberandosi semplicemente di contratti in scadenza. Nient'altro.
La seconda. John Paxson è innamorato di Joe Dumars e della maniera in cui ha costruito i Pistons campioni Nba. Di conseguenza, i Bulls sono destinati ad arrivare fin dove li porterà il credo che Paxson sta cavalcando ostinatamente in ogni mossa, fin dal giorno del suo arrivo.
L'odissea
L'affaire Crawford è durato quasi sei settimane. Si è concluso quando sembrava che stesse per arenarsi, gettando nello sconforto il giocatore ed il suo agente, Aaron Goodwin, che non avevano fatto mistero di volere a tutti i costi New York, dato che l'offerta dei Bulls non è mai andata oltre i 5 milioni della mid-level exception.
In realtà Crawford ed il suo agente erano convinti che ci sarebbe stata la fila all'uscio di una 24enne point guard di 1,96, reduce da una stagione da 17 punti a partita e dall'essere il primo bull dai tempi di MJ a segnare 50 punti. Dopo pochi giorni dall'inizio della free agency, invece, i Knicks erano già rimasti i soli interessati all'ex talento di Michigan.
Questo da un lato ha garantito a Thomas una posizione di favore, in quanto unico potenziale acquirente, dall'altro ha ingenerato una bagarre lunga un mese e mezzo sulle contropartite in ballo.
A New York non c'era nulla che interessasse Paxson, che dalla trattativa coi Knicks chiedeva solo contratti in scadenza. Tanti, maledetti e immediati.
Thomas ha tentato fino all'ultimo di gettare nel mucchio Moochie Norris, Paxson ha provato in ogni modo a liberarsi anche di Eddie Robinson. Thomas voleva tenersi uno tra Harrington e Mutombo, per non dissanguarsi nel settore lunghi, Paxson non ha mai accettato il contratto di Shandon Anderson.
Alla fine Crawford ha avuto il contratto che voleva (56 milioni per 7 anni, con opzione di uscita dopo il quinto) e Thomas il giocatore che voleva. Sui termini della contropartita, tuttavia, è stato Paxson ad averla vinta, perché alla fine Thomas si è dovuto tenere Anderson e Norris e ha dovuto includere sia Mutombo che Harrington.
L'accordo è stato siglato giovedì 5 agosto, coinvolti da una parte Jamal Crawford e Jerome Williams, dall'altra Dikembe Mutombo, Cezary Trybanski, Othella Harrington e Frank Williams.
Sulle strade della Big Apple
L'errore sarebbe giudicare i Knicks secondo le logiche che governano le altre 29 squadre.
New York schiera a libro paga sei esterni (Houston, Hardaway, Marbury, Thomas, Anderson e Crawford) che l'anno prossimo guadagneranno 73 milioni di dollari, quasi il doppio del salary cap. Il reparto lunghi si ferma al trio Mohammed, Kurt Thomas e Jerome Williams. La flessibilità salariale, presente e futura, è inesistente.
Ma l'unica cosa che conta è che Thomas ha preso una squadra ridicola e l'ha resa più forte. Punto e basta. Tanto a James Dolan di pagare 30 milioni di luxury tax non interessa, e nemmeno di pagarne 50. Tanto Isiah ha già mostrato di essere competitivo sul mercato anche senza avere praticamente nulla da offrire in cambio.
La squadra, comunque, al momento è chiaramente sbilanciata. È sicuro che Isiah farà ancora un tentativo per Dampier, offrendo Kurt Thomas e qualcos'altro, infiocchettando il pacco col suo eterno sorriso e la sua fiducia, che niente e nessuno possono scalfire.
Indro Montanelli una volta scrisse di Silvio Berlusconi:
"Berlusconi è il più grande piazzista del mondo. Se si mettesse a produrre vasi da notte, farebbe scappare la voglia d'orinare a tutta Italia".
È il ritratto di Isiah Thomas, sputato. Mezz'ora dopo aver coronato il sogno - e riempito il portafoglio - di Crawford, gli ha sussurrato che, inamovibile Marbury (anche se qualche rumor lo vorrebbe in Canada per Vince Carter) se Houston fosse in salute - se, appunto - lui potrebbe anche partire dalla panchina.
Bum! 56 milioni in sette anni per stare in panchina possono offrirli solo i Knicks, ma la salute zoppicante di Houston dovrebbe essere la polizza d'assicurazione più solida contro l'idiosincrasia alla panchina che Crawford ha più volte manifestato.
La rotazione esterni dei Knicks si fa complicata, questo è certo, ma saranno problemi di Lenny Wilkens, cui toccherà mostrare al mondo di non essere bollito come molti pensano.
Resta un fatto, inappellabile. Chi ha detto che Thomas non è l'allenatore di New York solo perché la squadra non è ancora sufficientemente forte perché lui possa allenarla, potrebbe aver visto giusto.
Il talento selvaggio di Jamal Crawford potrebbe accelerare il destino dell'uomo che a tutti i costi lo ha voluto.
Sulle sponde del lago Michigan
Paxson pensava che le offerte per il suo play-guardia non avrebbero superato i 5 milioni annui, cifra che lui avrebbe potuto facilmente pareggiare, essendo il giocatore in regime di restricted free agency.
Non aveva fatto i conti con le solite calienti estati Nba, quelle in cui la noia e gli spazi salariali disponibili fanno spuntare improvvisamente contratti fuori mercato per Brian Cardinal, per Derek Fisher, per Adonal Foyle.
Figurarsi se non arrivava niente per un ragazzo che di talento ne ha, eccome, anche se coach Skiles avrebbe gradito vederlo impegnato su entrambi i lati del campo, quel talento.
Secondo i Bulls, Crawford non vale 8 milioni l'anno, così, abbandonata ogni velleità di scambio con finalità tecniche, a Chicago hanno tentato di uscirne bene economicamente.
In sostanza Paxson si è liberato degli 8 milioni annui del rifirmato Crawford e dei 25 che avrebbe dovuto dare al cagnaccio, Jerome Williams, fino al 2008. In cambio, ha incamerato 4 contratti in scadenza: Mutombo (4,5 milioni), Harrington (3,1), Trybanski (1,7) e Williams (1).
Dal punto di vista tecnico, i Bulls si ritrovano in mano un pugno di mosche. Trybanski verrà tagliato, Frank Williams si gioca un posto in roster con Pargo e Duhon e non parte favorito, Harrington potrebbe cambiare Chandler, ma è un potrebbe bello grosso, mentre il futuro del vecchio Mutombo è incerto.
Nei sogni selvaggi di Paxson c'è un Mutombo che spende i suoi ultimi respiri di Nba insegnando "the right way to play" a Eddy Curry. Leggi, ovviamente, anche perché non avrebbe altro da insegnargli, difesa, cattiveria e rimbalzi.
Utopia: Jabbar ha insegnato il gancio a Keith Closs e Shawn Bradley, mentre McHale ha avuto tra le mani Olowokandy. La storia della Nba parla chiaro: questi maestri eccellenti non funzionano, sono cose che o hai dentro o non le hai. Realisticamente, all'orizzonte di Mutombo, potrebbe esserci l'ultimo scambio o un ritiro immediato.
Dicevamo di Paxson, innamorato del modello Detroit. Nessuna stella assoluta, gente che difende, sputa sangue in allenamento e gioca di squadra.
È per questo che ha scelto Hinrich, Gordon e Deng. È per questo che Crawford, accentratore, talentuoso ma egoista, allergico alla difesa, non ha mai fatto breccia nel suo cuore. È per questo che si è innamorato dell'argentino Nocioni al punto da sventolargli sotto il naso un triennale da 12 milioni.
Il rischio è grosso: a meno di un maturazione improvvisa del duo Curry-Chandler o di un impatto imprevisto dei due rookie, i Bulls al massimo valgono quanto di quelli di un anno fa, che vinsero 23 partite.
Resta da vedere se il modello Detroit è replicabile o unico. Ogni squadra campione fa tendenza, ma è vero anche che le tendenze cambiano ogni anno. È il rischio di Paxson. E dei Chicago Bulls.
L'ultimo omaggio
Doveroso omaggio. Quattro anni fa Jamal Crawford entrò nella Nba sull'onda di una manciata di partite disputate, da freshman, a Michigan. Il suo primo anno fu impalpabile e a fine stagione si ruppe un legamento, giocandosi in pratica la seconda stagione.
Oggi, reduce da una stagione da 17 punti a partita, mette la firma su un contratto da 8 milioni di dollari l'anno. Non sarà Kobe Bryant, ma qualcosa vale.
Quattro anni fa, fu il general manager più bistrattato della storia, Jerry Krause, ad innamorarsi dello stesso talento di cui oggi si è innamorato Isiah Thomas.
La storia dice che Krause, al draft del 2000, scambiò Crawford alla pari per Chris Mihm. Oggi Crawford lascia i Bulls praticamente per niente, ma se si rivelerà un errore, per favore, non sparate sul pianista, stavolta Krause non c'entra niente.