Lo stato di forma di C-Webb è la base della nuova stagione dei Kings
”Nessuno corre a comprare la carta igenica prima di aver installato il bagno in casa”
Con questa frase storica si apre l’ultimo commento sulla situazione dei Kings, apparso sul Sacramento Bee a firma Aillen Voisin.
E’ un’estate particolare quella del North California. Interlocutoria. Per il primo anno i tifosi hanno la sensazione che si stia facendo un passo indietro. Sotto ogni punto di vista.
Il futuro stesso della franchigia rimane nebuloso. David Stern in persona ha voluto dire la sua, partendo dalla ben nota questione sulla costruzione della nuova arena: ”La soluzione migliore – ha dichiarato il Commissioner della Nba – sarebbe avere i Kings a Sacramento ma in una nuova Arena.”
Una decisione definitiva non è stata presa. Il Consiglio cittadino ha stabilito (8 favorevoli, 1 contrario), un tetto di spesa pubblica in 175 milioni di dollari. Gli ultimi aggiornamenti parlano di una nuova arena che dovrà costare 350 milioni di dollari. Secondo le autorità i fratelli Maloof, ed eventuali altri investitori, dovrebbero accollarsi il rsto della spesa.
Pare che i due proprietari abbiano abbozzato. In realtà hanno lasciato che John Thomas, presidente della Maloof Sport & Entertainment parlasse per loro:
“E' una situazione – ha detto – che ci lascia molto perplessi e non ha eguali in nessun altra città , sede di una franchigia Nba. A queste condizioni è difficile che quest'arena, percui abbiamo lavorato 4 anni, possa essere costruita.” Anche la cominità economica e finanziaria del paese ha fatto sentire la sua voce: “E' difficile – ha detto Tom Giannoni, rappresentante della locale Camera di Commercio, particolarmente interessato ad investire nella nuova Arena – che i Kings, possano rimanere in questa comunità per più dei prossimi 4 anni, senza un nuovo campo”.
E' probabile comunque che l'intera situazione sia oggetto di un nuovo ballottaggio, elezioni speciali, fissate per marzo 2005. Di sicuro i fratelli Maloof non hanno gradito quindi. I giornali, non hanno gradito la posizione dei fratelli. I tifosi non gradiscono l’intera situazione.
Si parte dall’addio di Vlade Divac: qualche giorno dopo la chiusura della stagione Geoff Petrie, responsabile del mercato dei Kings, aveva giurato che per i Kings ridare un contratto al centro serbo era una priorità . Sappiamo come è andata: Vlade s’è beccato la sua buona dose di insulti dai tifosi per essere tornato a Los Angeles, sponda Lakers.
I commenti sono stati salaci: ”Divac è sempre stato un Laker – ha scritto sempre sul Bee, Dominique Perrone – ha bagnato i suoi piedi a Los Angeles, ha casa a Los Angeles, ha giocato l’unica finale a Los Angeles. E’ un Laker e chiuderà la carriera da Laker.”
Effettivamente anche il Presidentissimo ci ha messo del suo con le dichiarazioni. ”La mia free agency – ha detto qualche giorno dopo l’eliminazione a Minneapolis – è un problema. Nel senso che io vorrei rimanere qui. Spero che la situazione si risolva e che non mi arrivi un’offerta che mi costringa ad andarmene”.
Forse aveva fiutato: una volta ufficializzato il passaggio in gialloviola ha rettificato: ”Me ne sono andato perché ho capito che i Kings non erano realmente interessati a tenermi. Fai di tutto per convincerti che i soldi non sono importanti. In realtà però lo sono.” Come le insistenze di certe mogli, con aspirazioni Hollywoodiane.
Qualche indizio su chi ha caldeggiato la “non riconferma” di Divac è arrivato qualche giorno fa, quando Chris Webber ha rotto il suo prolungato silenzio.
Ha parlato di tutto,la star dei Kings; e come al solito ha detto cose degne di essere ascoltate. ”L’ultima stagione è stata frustrante – ha iniziato – perché ho dovuto convivere con l’infortunio, col dolore e non abbiamo ottenuto quello che volevamo. Credo che però si debba continuare a lottare. Io voglio far parte di questa squadra con giocatori che antepongono l’interesse di squadra a quello personale. I miei compagni devono essere lavoratori, orgogliosi.”
L’ala di Michigan ha poi fugato le voci di un suo contrasto con Peja Stojakovic, ingigantito dopo le brutte esibizioni del serbo nella fase decisiva della serie con Minnesota. ”Peja – ha continuato Webber – è un grande lavoratore. E’ da anni che dico che è il miglior tiratore della Nba. I tiratori a volte fanno canestro, a volte sbagliano. Ma Peja è un ottimo compagno.”
La sviolinata si è quindi interrotta quando dal tiratore si è passati al centro serbo: ”Ho condiviso con Divac anni di carriera, siamo arrivati qui nello stesso anno. Ha avuto una grande influenza su di me. Come persona posso solo dire il meglio di Vlade. Ma come giocatore non ha l’etica del lavoro che mi attendo da un mio compagno.”
Non sappiamo, onestamente, quanto questa considerazione abbia pesato sulla decisione della franchigia. Di certo era apparso evidente nella fase calda dell’ultima stagione, quanto la coppia Divac-Webber non potesse più dare la mobilità difensiva necessaria e richiesta ad una coppia di lunghi Nba.
Rick Adelman ha progressivamente ridotto il minutaggio di Divac, scegliendo l’attacco di Webber e Miller.
Al suo posto è arrivato Greg Ostertag, numericamente parlando uno dei migliori stoppatori, per minuti giocati, della lega. Però in fatto di etica del lavoro, come direbbe Jerry Sloan, siamo alle aste. In una carriera che si è consumata sulla panchina di Utah e non sappiamo quale svolta possa avere in California.
Webber nella sua lunga intervista ha lanciato strali anche contro il pubblico. Che lo fischiò in più di un’occasione nell’ultima stagione. ”La cosa mi ha ferito – ha detto – da un punto di vista personale. Credo di aver dato tanto a questa squadra, di aver giocato col dolore e di aver dato l’esempio. Come Garnett, Bryant, Wallace e Duncan fanno per le loro squadre. Non me ne dimenticherò.”
Sulla stagione: ”Sono sempre convinto – ha concluso – che una squadra in cui gioco io possa arrivare fino in fondo. Ho bisnogno di essere un po’ più egoista. Trascinando la squadra arriveremo a qualcosa di importante.”
La sua estate di lavoro per ora è stata un’estate di riposo per l’articolazione che deve essere trattata più che mai coi piedi di piombo.
Tutto ai Kings è visto in funzione della prossima stagione. E la sensazione che si debba ripartire da Webber, ce l'ha anche Predrag Stojakovic. Che, come un fulmine a ciel sereno, ha negli ultimi giorni, chiesto d'essere scambiato: “Penso – ha detto Peja da Belgrado – che un cambiamento farebbe bene a me e alla squadra. Sul finire dell'ultima stagione non avevamo una buona chimica. Penso che quando una squadra ha delle opportunità e non le sfrutta, si debba cambiare con nuovi giocatori.”
Al momento la franchigia nemmeno prende in considerazione l'ipotesi, almeno a parole: “Non voglio scambiare Predrag – ha detto Joe Maloof – ne ho parlato con mio fratello e siamo d'accordo. Peja sarà ancora importante qui. Anche se ora è arrabbiato.” Motivi dell'arrabbiatura, nell'ordine: la rinuncia a Divac, che è sempre stato il suo ombrello protettivo, la querelle con la franchigia che alla fine lo ha portato a rinunciare alle Olimpiadi. In più, al di là delle parole di circostanza, quel rapporto con Webber è più che sospetto. E non solo sul campo.
“E' l'ultimo – ha fatto eco Geoff Petrie, Gm della squadra – dei giocatori che scambierei. Credo possa darci ancora tanto.” “Credo che – ha ribadito il serbo – sia interesse della franchigia tenere un giocatore che sia soddisfatto e motivato dalla situazione in cui si trova. Io non lo sono.”
Nell'ultima stagione Stojakovic ha segnato 24.2 punti di media, aggiungendo 6.3 rimbalzi. Il suo campionato però va diviso in due. Senza Webber è stato protagonista, ha giocato, e tirato, come mai in carriera. Col rientro dell'ex Golden State il suo ruolo è si è progressivamente stinto. Nei playoffs l'utilizzo reiterato del pick n roll fra Bibby e Webber, come base dell'attacco, lo ha spesso relegato ai margini del sistema offensivo.
Siamo di fronte a un nodo importante da sciogliere. Era prevedibile che ci si sarebbe arrivati. La scelta è tecnica. E difficile. Ma il futuro della squadra, passa proprio da questo bivio.