Un’estate rivoluzionaria

Ecco delle sicure facce nuove per i Lakers: Sasha Vujacic da Udine!

Chi vuol esser lieto sia, del doman non v'è certezza"
Potrebbe essere riassunta in un epigramma di queste caratteristiche la stagione 2003/04 dei Los Angeles Lakers.

Esatto. Perché, per chi se ne fosse già  dimenticato, circa una decina di giorni addietro, l'America ed il resto del mondo cestistico hanno assistito ad una delle più grosse sorprese sportive degli ultimi anni, la vittoria dei novelli Bad Boys versione XXI° secolo, per 4 a 1 ai danni della corazzata giallo viola.
Sono già  passati 10 giorni?

Veramente qualcosina in più, ma il tempo è sembrato volare in questo frenetico giugno, dominato da noi dalle imprese sportive degli azzurri (ebbene sì, c'è satira") e di acqua sotto i ponti ne è passata già  tanta.

E' quindi appropriato dare uno sguardo alla situazione nella scintillante Hollywood, non tanto per ricordare la stagione, quanto per gettare un ponte sul futuro dei finalisti del campionato NBA.

In estrema sintesi, quest'anno i Lakers avevano scelto di cogliere l'attimo. Acquistare in una sorta di outlet del talento, tutti i possibili pezzi pregiati a disposizione, anche se raccolti fra quelli prossimi alla scadenza e permettere a coach Phil Jackson di conquistare il decimo anello da indossare su altrettante dita delle mani.

Come è andata, lo si è già  detto, vale però la pena di ricordare come dopo la pausa dell'All Star Game (prima quindi della striscia vincente che li aveva riportati ai vertici della Western Conference) un giornalista di Los Angeles avesse indossato i panni della Cassandra e avesse dichiarato: "I Lakers di quest'anno sono una squadra antipatica. Troppo talento, troppa capacità  di vincere, troppi numeri. Sono una squadra nata per chiudere anzitempo il discorso titolo e questo li rende difficili da amare anche ai propri tifosi. Detto questo, se la situazione resterà  quella attuale, i Lakers in questa versione saranno ricordati solo come uno dei più grandi flop della storia dello sport, come i Buffalo Bills di Jim Kelly, come i Cleveland Indians come la versione post carcere di Mike Tyson!"

Ora, è noto di come la stampa americana ami creare i miti e poi distruggerli, ma il fatto che resta è che i Lakers hanno fallito l'annata (a merito imperituro di una splendida versione dei Pistons), questo però apre gli scenari ad un'estate per certi versi da incubo ma senza dubbio interessantissima.
L'estate in California un incubo?

Certo, se ti ritrovi con otto dei tuoi giocatori che richiedono la free agency; con la tua stella più giovane, che fra l'altro fa parte di questi otto, che dal 27 agosto prossimo invece di rifiutare la nazionale come i suoi colleghi per i più svariati motivi dovrà  stazionare in un aula di tribunale del Colorado per il suo vero e proprio processo (e senza neppure la consolazione di poter prendere un aereo e andare a segnare un quarantello a chicchessia); con l'altra tua stella che a questo punto vuole andarsene sbattendo la porta e con il ruolo di coach assolutamente scoperto, visto che il maestro zen ha detto grazie e arrivederci.

Eh già , l'estate dell'erede di Jerry West, Mitch Kupchak sarà  alquanto pesante.
La prima grana da risolvere sarà  quella dell'allenatore.

Detto che il posto di guida tecnica di una squadra come i Lakers non è esattamente un esilio forzato per nessuno, anche se si tratta forzatamente di un lavoro di pressione e responsabilità , i nomi che circolano sono diversi.
Il primo della lista, già  citato da diverse testate nelle ore immediatamente successive al 4 a 1, è quello di Rudy T al secolo Rudy Tomjanovich.

Si tratta evidentemente di un personaggio di nome. Due volte campione del mondo con gli Houston Rockets, allenatore di un dream team in versione minore, l'ex allenatore di Hakeem the Dream è noto per essere un player's coach, un allenatore amato dai suoi giocatori, impostato in puro stile NBA, uno degli ultimi ad abbandonare un play book fatto di isolamenti costanti dopo le modifiche di regolamento che hanno portato la zona fra i pro.

Accanto al nome di Tomjanovich, peraltro reduce da una stagione di stop dovuta anche a problemi di salute, i nomi dei quali si parla sono quelli del ritorno di Pat Riley che avrebbe prima smentito categoricamente per poi ritrattare e dirsi possibilista alla faccia della sua situazione piuttosto coinvolta in casa Miami Heat; di Jim Cleamons, vice di Jackson nella passata stagione e cosiddetto uomo dell'establishment, in pratica una sorta di continuatore del lavoro svolto nell'ultimo lustro dalla dirigenza Buss.
Infine, da non ignorare è la candidatura di Michael Cooper. L'ex numero 21 dei Lakers, attuale coach delle L.A. Sparks della WNBA, rappresenta una figura amatissima dal popolo angelino.

Rappresenta il classico enfant du pays e non è da dimenticare che a fronte della sostanziale inesperienza fra i maschietti, con la sua franchigia femminile ha già  vissuto un buon apprendistato di tecnico d'alta scuola.
Chiunque dei nomi succitati salisse però sulla panchina di Los Angeles, si troverà  in una situazione tanto stimolante quanto difficoltosa.

Il roster di L.A. ad oggi vede un fuggi fuggi generalizzato, probabilmente in attesa che tante situazioni in sospeso vengano risolte. Dei Fab Four che quest'anno sono stati l'ossatura del quintetto, il solo Gary Payton ha già  esercitato l'opzione per rinnovare il rapporto e già  questa è una sorpresa.
L'ex stella di Seattle, aveva espresso a più riprese il suo malessere su di un'annata nata per lui nel segno del sacrificio. L'abbandono di Jackson e il probabile abbandono quindi del triangolo hanno però invogliato il play di Oakland a ritentare un giro di ruota, non foss'altro per una questione d'orgoglio.

L'altro veterano Karl Malone è invece in tutt'altre acque.
Senza togliere merito a Detroit, la sostanziale assenza del postino è pesata tantissimo sull'economia delle finali e ad oggi il suo primo pensiero pare sia quello di rimettersi in piena efficienza.

Se questo non dovesse accadere il ritiro sarebbe l'ipotesi più scontata.
Se invece Malone tornasse al 100 % gli scenari sono due: firmare con una squadra che gli permettesse anche con scarsi risultati collettivi di battere il record di Kareem per punti segnati, oppure tornare ai Lakers a cifre ben diverse da quelle di quest'anno.

Quest'ultimo caso si lega a doppio filo con la sorte di Shaquille O'Neal. The Diesel infatti sta sbandierando ai quattro venti di voler essere oggetto di trade e di voler decisamente cambiare aria.

Se da un lato questo potrebbe essere l'inizio di un periodo di vacche magre, dall'altro aprirebbe la porta al ritorno di Malone.

In sostanza la squadra andrebbe in toto nelle mani di Kobe Bryant con Payton a giocare da play, Malone lungo al fianco di un centro da ricercare (magari meno devastante ma più economico e con compiti esclusivamente difensivi e di supporto) e il resto del quintetto da ricercare nel parco giovani o nella merce arrivata della trade chiesta da Shaq.

Come si dice in questi casi" Fantabasket?
Probabile che sia così, ma quello che è certo è che gli scenari apribili quest'estate sono tantissimi.

Le certezze ad oggi sono la partenza di una delle due stelle (processi e pettegolezzi a parte, Jerry Buss ha fatto la sua scelta), la rinuncia a tanti senatori o passate pedine come Fisher, Fox, Medvedenko, Russell (?) forse George, Grant, la firma di Payton e la ricerca nel prossimo futuro di un generale ringiovanimento del roster.

E a proposito di giovani, è giusto dare anche un'ultima occhiata a cosa si ritrovano in mano i Lakers dopo questo draft.
Lo scorso anno gli angelini hanno lavorato bene.

Luke Walton sarà  un pezzo pregiato nel futuro e Cook potrà  migliorare.
Quest'anno la lotteria ha portato in California Sasha Vujacic play/guardia slovena quest'anno di casa a Udine che in molti hanno già  trovato modo di lodare.

Certamente si tratta di un ragazzo (classe 1984) in gamba con numeri tecnici piuttosto validi, per referenze vedere stagione in maglia Snaidero, ma l'incognita sarà  l'impatto con la realtà  un po' più frivola della California del Sud.

La seconda scelta risponde invece al nome di Marcus Douthit da Providence. Si tratta di un' ala grande non strutturata a pieno nel fisico, ma di grande verticalità  (ottimo stoppatore) e con passato universitario di prim'ordine anche negli studi. Nei Mock draft ha riscosso consensi e bocciature in egual misura, la speranza è quella di non vederlo bruciare in poche settimane.

In definitiva, molti punti interrogativi e pochissimi esclamativi, uno stallo tutto da seguire. Alla prossima"

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