Non sarà facile, per i Lakers, trovare un altro Phil Jackson…
"Questa volta la sua stretta di mano non è stata forte e vigorosa come nel 2001. E' stata un po' sfuggente." La confessione, fatta in diretta nazionale al David Letterman Show, è venuta da Larry Brown, pochi giorni dopo la vittoria del titolo dei suoi Pistons. Si riferiva al canonico scambio di cortesie fra allenatori alla fine di una serie.
Phil Jackson nel 2001 strinse la mano all'allenatore di Brooklyn subito dopo aver vinto 4-1 la serie contro i Sixers, il suo ottavo anello. Questa volta è lo sconfitto, con lo stesso punteggio.
Qualche minuto dopo quella stretta di mano, in conferenza stampa Phil Jackson avrebbe confermato quello che era nell'aria da tempo. "Penso proprio - ha detto - che questa sconfitta segni definitivamente la chiusura del mio ciclo ai Lakers." Lo andava ripetendo mesi, nonostante le "autorevoli boutade" della sua fidanzata, nonché figlia del proprietario dei Lakers.
Qualche giorno dopo il suddetto, Jerry Buss, che da quando è in carica ha vinto 8 titoli, ha sancito la chiusura del rapporto. "Jackson - ha detto ai giornalisti - è il più grande allentore della storia della NBA. Lo ringraziamo per aver riportato la nostra organizzazione al massimo splendore."
Un commeno persino eccessivo per chi in fondo sta mandando via un suo dipendente.
Tre titoli, quattro finali in cinque anni dovrebbero essere un sicuro lascia passare per il rinnovo del contratto. Evidentemente non ai Lakers.
Di sicuro l'ultima stagione del coach del North Dakota è stata un'incompiuta. Il difficile rapporto con Kobe Bryant, ad esempio: l'uomo scelto da Buss per il futuro confessò, a cavallo dell'All Star Game di non amare l'uomo Phil Jackson ed apprezzare l'allenatore.
Curiosamente in quei giorni furono interrotte sul nascere le trattative per il rinnovo del contratto del coach. La coincidenza deve far riflettere.
Rimane il verdetto del campo: i Lakers, dopo aver rimontato e quasi imbarazzato gli Spurs nella semifinale di conference, hanno battuto Minnesota in amministrazione controllata.
In finale, contro Detroit, tutto è crollato nel momento in cui Karl Malone si è infortunato. La necessità di far giocare mezze figure (Medvedenko) o giovani inesperti (Walton) ha ribaltato le forze in campo. Senza la bomba di Bryant in gara2, sarebbe arrivato uno sweep, per quanto s'è visto persino giustificato.
Sicuramente Larry Brown, con le sue trovate e la sua imprevedibilità , è il coach che piu' da fastidio al Maestro Zen. Nondimeno, quest'ultimo è probabilmente arrivato alla finale senza avere più il polso della squadra. Sorprendente se si considera la sua sorprendente bravura nelle vesti di burattinaio.
"Lo vedo molto intrapprendente e pieno di energia - ha dichiarato poco prima dell'inizio delle finali Jim Cleamons, assistente storico del coach - non come l'anno scorso (Jackson subì un delicato intervento chirurgico nel corso della serie persa contro gli Spurs ndr). Penso possa continuare il suo lavoro anche dopo questa stagione".
Pronostico quanto mai intempestivo, il suo.
Su due fronti quest'anno Jackson ha mancato: dal punto di vista tecnico, i quattro big hanno perso fiducia nello schema triangolo, con l'andare della stagione. Non stiamo parlando di Payton, che della questione ha fatto il grimaldello per scardinare le critiche sulla sua invereconda stagione. Parliamo di Malone, che pure ha dimostrato d'essere il perfetto passatore in quel sistema. E di Bryant che già in passato definì noioso il sistema offensivo ideato da Tex Winter.
Il "fallimento" piu' grande riguarda comunque i rapporti con le sue stelle. Jackson ha allenato Kobe Bryant, lo ha fatto diventare quello che è oggi, facendolo giocare in un sistema che è una sorta di università del basket, stimolandolo tatticamente come non è mai successo a Mc Grady.
Ma Bryant non lo ha mai considerato il suo allenatore, così come fece Michael Jordan. Forse agli occhi della stella da Lower Marion, il coach è sempre stato troppo "shaquilliano".
Jackson sconta questo: l'aver sostenuto, a volte subliminalmente, le ragioni del pivot, quando lo imponevano la logica i suoi numeri ed i risultati ottenuti E' probabile quindi che, richiesto di un parere, Bryant non sia stato particolarmente caloroso.
Phil rimane forse l'allenatore di O'Neal, che in passato lo definì "papà bianco", salvo poi approfittarsene un po'. Sarebbe curioso sapere quanto la sua richiesta d'essere scambiato è dettata dalla reale delusione per la rinuncia all'allenatore, e quanto invece all'idea che la franchigia sta aprendo il campo a Kobe.
Sarebbe interessante capire qual è l'opinione Kupchack in tutto questo. "Shaq - ha scritto qualche giorno fa Peter Vecsey - sta mettendo in croce il suo GM per questa scelta; ma Kupchack esegue solo. Le scelte sono di Buss." Brutta cosa per un GM che viene dopo Jerry West, nella franchigia piu' in vista del mondo. Di certo sta passando alla storia come il dirigente che rinuncia ai servigi del "piu' grande allenatore della NBA", con il rischio di diventare il manger che scambiò il pivot piu' dominante della storia del gioco. Nel frattempo si dedica ai colloqui di lavoro con Rudy Tomjanovich.
Rimane la sostanza: Jackson esce di scena. Da qualche parte, nell'Olimpo del basket, qualcuno deve aver accolto le preghiere, invero un po' patetiche, di Red Auerbach. Jackson rimane a quota 9 titoli.
Il suo posto nella storia, ammesso che non si rimaterializzi sulla panchina di New York fra un anno, è assicurato.