I Pacers ripartono dal loro leader: Jermaine O'Neal
L'idolo della Conseco, Reggie Miller, è in fuga verso il canestro. Ha recuperato un gran pallone e vola in campo aperto. L'arena è in delirio, a ogni metro il volume si alza di un qualche decibel. Una schiacciata farebbe letteralmente venir giù il palazzo. Ma lo zio Reggie decide che un lay-up andrà più che bene. Due punti e 2 a 0 nella serie. Facile come bere un bicchier d'acqua. Terzo tempo e va per appoggiare al vetro.
Solo che la palla al tabellone non la appoggia lui, ma un rapace che indossa la canotta numero 22 dei Pistons. Pinning e palla che si avvia verso il fondo insieme alle speranze dei Pacers di portare a casa la vittoria.
Può sembrare riduttivo racchiudere un'intera serie, e quindi un'intera stagione, in una sola giocata, ma è certo che se Prince non avesse preso quel pallone, o se Miller avesse schiacciato (come avrebbe fatto il 95% dei giocatori dell'NBA), probabilmente staremmo parlando di una finale diversa, con diversi protagonisti.
La regular season di Indiana è stata semplicemente fantastica: 61 vittorie che le hanno assicurato il miglior record della Lega e di conseguenza il fattore campo per l'intera durata dei playoff. Una supremazia ad Est raramente messa in discussione dalle pur forti e organizzate New Jersey e Detroit. Poi però nella città dei motori è arrivato un certo Wallace Rasheed. Segnatevi questo nome. Ne riparleremo presto.
Indiana sembrava avere davvero tutto per puntare alla finale e forse anche più in alto: il fattore campo, una partenza lanciata con un cappotto ai danni dei disastrati Celtics, e un roster eterogeneo che poteva contare su una coppia di All stars come Jermaine O'Neal e Ron Ron Artest (anche miglior difensore della Lega), su un giocatore di esperienza come Killer Miller, ma anche su vere e proprie bombe ad orologeria come Jonathan Bender o Al Harrington che completavano una panchina capace di far impallidire molte franchigie nei playoff, anche ad Ovest.
Fatti fuori i Celtics, Indiana si libera anche di Miami in 6 gare, in una serie che ha sicuramente emozionato più di quella contro Boston, ma che non ha mai visto gli Heat realmente capaci di battere i Pacers quattro volte.
Et voilà . La squadra di Rick Carlisle è in finale di Conference, e gli avversari sono proprio i temuti Pistons di Larry Brown. Solo che c'è un piccolo problemino, adesso sono anche i Pistons di Rasheed Wallace. Si, quello di prima, quello con la barba.
Indiana vince fortunosamente la prima delle due gare alla Conseco Field House, a cui segue la sopracitata gara-2, segnata dalla giocatina di Prince, che tra l'altro viene enumerata come diciannovesima stoppata targata rossoblu quella sera. Diciannove. I due Wallace non scherzano, il messaggio è chiaro: questa è la "No Flying Zone", e i Pacers cominciano davvero ad avere paura dell'Afro.
La squadra di Carlisle subisce un netto colpo dal punto di vista psicologico, la difesa di Detroit è per la maggior parte del tempo letteralmente soffocante, ma nonostante questo dopo 4 gare, grazie anche all'incredibile Austin Croshere, la serie è in equilibrio sul sue pari.
La stagione di Indiana finisce però in infermieria, insieme al ginocchio di O'Neal e alla gamba sinistra di Tinsley. Entrambi non hanno abbandonato la squadra ma hanno provato ugualmente a scendere in campo, ma il playmaker newyorkese ha abdicato dopo pochi minuti di gara-6, e O'Neal sembrava la brutta copia di se stesso, con un'esplosività neanche minimamente comparabile a quella dei giorni migliori.
Privati di due giocatori fondamentali per il gioco e per lo spogliatoio, i Pacers hanno ceduto nei confronti dei nuovi Bad Boys di Detroit che vanno ad occupare quel posto in finale che per molto tempo è stato colorato di tinte in giallo-blu.
Nonostante questo, la stagione di Indiana non si può certo definire fallimentare. Una finale di Conference è sicuramente un traguardo prestigioso per una squadra giovane in continua crescita e sviluppo, e che guarda alla prossima stagione con sentimento di giustificato ottimismo.
Rick Carlisle ha dimostrato nelle ultime stagioni di essere uno dei migliori coach emergenti nella Lega, capace di totalizzare ben 161 vittorie in sole tre regular season. Nonostante sia seguito al sempre apprezzato (specialmente da O'Neal) Isiah Thomas e nonostante la sua simpatia si sia vista a tratti, ad Indianapolis sono convinti che sia lui la persona adatta per portare i Pacers al tanto agognato anello.
Quell'ostacolo delle Finali di Conference deve però essere superato in fretta, poiché nella NBA conta soprattutto quello che si fa quando si arriva nei playoff, e l'etichetta di "perdente" è una delle più difficili da togliere.
Per portare a casa "l'argenteria" nelle prossime stagioni, i Pacers non possono comunque prescindere da un Jermaine O'Neal a grandissimi livelli. L'ala ex-Portland ha dimostrato in questa stagione di poter essere a tutti gli effetti il leader, non solo statistico, ma anche emotivo, di questa squadra, dimostrando un livello di maturità ed intelligenza cestistico che non tutti si sarebbero aspettati da lui in tempi così brevi.
"Sto cercando di essere il leader di una squadra che è partita fortissimo e che vuole avere successo ai massimi livelli. Spetta a me far sì che la squadra non crolli" diceva O'Neal qualche tempo fa, e sembra che la missione gli sia riuscita, anche se solo in parte. Per questo nel futuro dei Pacers lui sarà sicuramente protagonista.
Al suo fianco sicuramente Ron Artest, giocatore quanto mai contestato per i suoi comportamenti poco razionali, spesso anche dannosi per la sua squadra (vedi flagraunt ad Hamilton in gara-6), ma anche uomo capace di dare un apporto di qualità e grinta incredibile, ai due lati del campo e per 48 minuti.
Per quanto riguarda il resto del roster, Indiana ha ben poco di cui preoccuparsi. Alle loro spalle agiranno ancora un playmaker di indiscusso talento, anche se spesso non tatticamente equilibrato, come Jamaal Tinsley; Al Harrington sembra davvero pronto al definitivo salto di qualità che ne farebbe un giocatore di incredibile interesse e Jonathan Bender dovrebbe avere più minuti e quindi maggiore possibilità di mettere in mostra il suo enorme potenziale.
Senza dimenticare i vari Croshere, che nonostante il contratto è comunque un giocatore valido a Est, Reggie Miller, se deciderà di continuare, Jeff Foster, Fred Jones e Anthnoy Johnson.
I Pacers però, non vogliono fermarsi qui, e hanno intenzione di fare tutto il possibile per migliorare il roster durante l'off-season. "Saremo molto attivi quest'estate" ha detto Carlisle "Ci faremo trovare pronti quando si presenterà qualche opportunità . Nella off-season ci sarà una grande possibilità per questa franchigia, non solo di avere opzioni in scambi, free agency o al draft, ma anche di far crescere i giocatori che già abbiamo e renderli pronti a competere ad un livello maggiore la prossima stagione"
L'intenzione della dirigenza è chiaramente quella di puntare sui giovani e sul roster presente, ma alcune difficoltà incontrate durante questa stagione, e la partenza ormai certa di Kenny Anderson e Scot Pollard, spingono Indiana a cercare uomini sul mercato.
Sulla lista della spesa di Carlisle gli obiettivi sono già chiari. "Il tiro da fuori è qualcosa di cui hai sempre bisogno, specialmente nei playoff. Per non parlare di centimetri e chili a centro area. Inoltre la partenza di Kenny Anderson ci lascia un vuoto nella posizione di point guard"
Il monte salari dei Pacers è tra i più onerosi della lega, considerando che per la prossima stagione saranno impegnati ben 62 milioni di dollari. Tuttavia, Larry Bird e il suo staff tecnico sono decisi a non lasciarsi sfuggire nessuna occasione disponibile.
L'estate ad Indianapolis si presenta quindi piuttosto movimentata. J-O e compagni la sfrutteranno per lavorare ed arrivare alle Finals. La prossima, invece, sperano di passarla a lucidare argenteria"