La rivincita di Chauncey

Di Billups i Lakers sono riusciti a prendere solo la targa…

Nella Nba le situazioni in cui vivono le stelle che raggiungono il mondo del professionismo cambiano continuamente, e spesso le strade dei giocatori del sottobosco possono cambiare addirittura di stagione in stagione; capita così che un Zach Randolph panchinaro a Portland passi dagli 8 punti della stagione 2002-03, ai 20 di media del 2003-04 divenendo uomo da All-star game, ma ormai queste alle quali ci riferiamo son situazioni che si ripetono nella Lega da anni.

Non a caso nel 1985 il commisioner decise di pubblicizzare la nascita di un nuovo trofeo individuale, che andava a premiare a fine stagione il giocatore che aveva mostrato i maggiori margini di miglioramento.

Durante le spettacolari Finali di giugno risuonava continuamente il nome di Chauncey Billups, e in molti che non hanno l'Nba nel sangue si son subito domandati da dove fosse uscito quel mezzo play, mezzo tiratore che portava avanti le manovre dei sorprendenti Detroit Pistons e che mangiava regolarmente in testa al malcapitato “hall of famer” Gary Payton e ai gialloviola californiani.

Chaunchey Billups non per pura casualità  o mancanza di mezzi non vinse mai il titolo di giocatore piu migliorato, ma perchè si è sempre portato dietro cifre da gran marcatore e il suo miglioramento nelle ultime due annate non ha sorpreso nessuno anche perchè i problemi di Billups non son mai stato di livello tecnico, ma mentale.

Come lo stesso Chauncey ammette, l'arrivo di coach Larry Brown ha rappresentato una svolta per la sua carriera, trovando finalmente un vero maestro e non solo un semplice stipendiato per far passare la palla tra loro a 5 giocatori sul parquet.

La storia di Billups è sicuramente molto particolare, una storia che solo nelle ultime due stagione nel Michigan ha fatto luce su un giocatore la cui classe cristallina si era abbondantemente intravista ai tempi della Colorado University, che Chauncey lasciò nel 1997 per esser scelto col pick numero 4 assoluto dai Boston Celtics.

La carriera più che promettente di una primissima scelta si trasformò in breve in un vero calvario. Boston il periodo viveva anni di totale ricostruzione e la dirigenza bostoniana si era messa nelle mani di coach Pitino reduce dai successi con Kentucky nella Ncaa; le scelte di Pitino al draft caddero appunto su Billups e Ron Mercer, che Pitino aveva avuto proprio a Kentucky, e che avrebbero dovuto comporre un back-court veloce ed esplosivo.

Ma il progetto fallì, e Pitino rimediò a fine anno cercando un play più adatto al suo gioco esteso sui 28metri del campo. La scelta cadde su Kenny Anderson, e conseguentemente Billups venne dirottato ai Raptors.

Ma anche i canadesi non stravidero per Billups etichettandolo come la classica guardia nel corpo di un playmaker, e dunque nella stagione 98-99, quella del lock-out per intenderci, venne scambiato a Denver per delle scelte future. Ai Nuggets Billups mise assieme le sue migliori cifre nei primi 3anni di Nba, con 14 punti a partita, ma in seguito ebbe problemi fisici e anche ai Nuggets le sue quotazioni persero velocemente crediti. Dopo esser stato scambiato ai Magic, i Wolves ebbero fiducia in lui e lo inserirono nel roster come free agent.

A Minneapolis ebbe 9 a partita il primo anno e 12 il secondo, ma non si sentiva soddisfatto dell'impiego che gli riservava Saunders e in quel momento Billups accettò l'ipotesi di accasarsi a Detroit, la città  dei motori, coinvolto in un progetto di Joe Dumars e Rick Carlisle.

In un clima di serenità  e serietà  di un'organizzazione come quella dei Pistons Chauncey si è stabilito da due anni sui 16 a partita, ma la serie delle Finali Nba lo hanno seriamente consacrato come un giocatore maturo e con finalmente dei compiti ben precisi.

I suoi detrattori lo definiscono un'uomo di contorno, incapace di emergere come leader, e utile solo in un quintetto con tante stelle, esempio emblematico dei Pistons di quest'anno, ma lui ha risposto col titolo di Mvp delle finali e con 21 punti a partita, con percentuali da capogiro, con il 50% dal campo e il 47% da tre, oltre il 92% ai liberi.

Ora a Detroit si aspettano tante conferme per la prossima stagione, ma nel Michigan si ha già  la sensazione che sia nata non solo una dinastia ma anche una stella, che porta il numero 1, proprio come il primo Mvp, dopo Hakeem The Dream, a fermare lo strapotere di Shaquille O'Neal.

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